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Toni Piccolotto pittore

di Marco Mondi

 

(da Toni Piccolotto – Vita, Colori, emozioni – L’antologica, 40 anni dopo, catalogo a cura di MARCO MONDI, Castelfranco Veneto, Galleria del Teatro Accademico, 31 ottobre – 28 novembre 2010, Castelfranco Veneto, 2010)

  

La vocazione, la predisposizione all'arte, si manifesta generalmente sin dai primi anni di vita ed è, e rimane, determinante per il resto della carriera di un artista. Ciononostante, un'importanza altrettanto determinante è data dall'ambiente in cui un artista si forma, cresce e matura. Il primo ambiente è, di norma, quello famigliare. Che esso sia favorevole, indifferente o ostile alla vocazione per l'arte di un bambino o di un ragazzo, è indubbiamente di primaria importanza poiché, di ciò, ne riversa le conseguenze nella sua primissima formazione, talvolta con esiti che si ripercuotono per anni e anni.

Antonio Piccolotto nasce a Lentiai il 24 marzo 1903, primo di otto fratelli. Ben presto mostra spiccate attitudini per il disegno e forte attrazione per i colori. Il padre, facoltoso commerciante di vini e prodotti agricoli, non esita ad assecondarne la vocazione ed è da pensare che, sin da questi anni, la visione delle opere dei Vecellio, del Palma (il Giovane), del Terilli e del Brustolon o, non ultimo, di Luigi Cima, come pure quelle che la tradizione riteneva di Palma il Vecchio, di Pordenone o di Veronese, tutte conservate nella chiesa arcipretale lentianese, sia stata certo la prima a suscitare la sua ammirazione. E non è cosa da poco educare la predisposizione all'arte di un occhio giovanissimo su esempi di opere pittoriche e scultoree d’indubbia qualità. Il paesaggio, le montagne, la natura, poi, della Val Belluna e delle Dolomiti, non potevano che entrare in sinergetica sintonia con quelle primissime esperienze di contatto con l'arte.

Dopo di ciò, di grande importanza per il giovane Toni Piccolotto e per il suo futuro di pittore, è stata la possibilità di potersi recare con una certa regolarità nella vicina Villa di Villa, per seguire gli insegnamenti di Luigi Cima: altra congiuntura, questa, non da poco. Luigi Cima, infatti, non era, e soprattutto non era stato, un pittore di secondo livello. Al contrario, ancora oggi lo si può considerare senza dubbio un maestro; un artista che, nell'ambito del tardo Realismo veneto di fine secolo, aveva dato vita a robusti capolavori di verismo vernacolare e paesaggistico, talvolta velati da una sottile vena allusiva che spingeva un immancabile piglio romantico verso il simbolo e l’evocazione. L’esposizione da pochi giorni inaugurata a Palazzo delle Contesse di Mel, ce lo ripropone come personalità di spicco in ambito veneto. Lo schivo e riservato pittore di Villa di Villa, pertanto, era certo quanto di meglio si potesse trovare in fatto di pittura nel bellunese. Andare nel suo studio e là imparare la tecnica e la “poesia” del dipingere era garanzia per un apprendimento di qualità, solido, capace di far acquisire una conoscenza profonda non di un mestiere, ma di un'arte. In mostra, sono presentate alcune piccole opere di questo periodo iniziale, nelle quali l’impronta del maestro è ben evidente. Se, pur con un bel gioco cromatico della luce, l’interno con mucca (cat. 1) appare formalmente un po’ impacciato, il paesaggio in In Val Beluna (cat. 2), che tanto ricorda le opere di Cima di quegli stessi anni, lo rivela già pittore di un certo talento. Nel suo essere un bozzetto tracciato con veloci e decise pennellate di vibranti colori, il taglio della soluzione compositiva ben funziona e la spazialità descritta si apre in profondità con un degradare armonico che inizia dal filare di alberi sulla sinistra fino a giungere, per alternanza di ritmi cromatici, alle azzurre e alte montagne sulla destra. In modo simile e con un’impostazione costruttiva d’ispirazione quasi mitteleuropea dal sapore vagamente simbolista, il piccolo Studio di verde (cat. 4), lo mostra tanto disinvolto nel seguire gli insegnamenti del suo maestro da farlo sembrare pittore già esperto. Si noti, in tutte queste prime opere, come il giovane Piccolotto usi la materia cromatica, e quindi la luce, con marcato lirismo e quasi con senso musicale: il colore, infatti, dato di tocco o steso di getto, vibra di luce nel descrivere la raffigurazione. L’innato senso di poesia cromatica che caratterizzerà tante sue opere della maturità, infine, ben s’intuisce sin da quella riuscitissima Neve sui tetti (cat. 3) databile intorno al 1920, la quale, pur nel suo essere quasi un monocromo, suscita un profondo senso di riverbero coloristico e fremito atmosferico che emoziona e “impressiona”.

Questi rapidi studi, bozzetti tratti sicuramente dal vero, ci mostrano un pittore inserito in un preciso contesto figurativo. Attraverso gli insegnamenti di Cima, Piccolotto recepisce la pittura veneta di paesaggio di fine Ottocento ma, poiché il suo maestro ben sapeva quanto di nuovo stava succedendo in quegli anni, parte proprio da dove Cima tentava di modernizzarsi. Venezia, per l’entroterra veneto, era sempre stata il principale punto di riferimento sotto tutti gli aspetti, compreso quello artistico. Dal 1895, con l’istituzione della Biennale, «prima apertura dell'arte italiana in uno scenario europeo» (G. Perocco), la città lagunare era diventata ancor di più il luogo dove un artista andava ad attingere e ad aggiornarsi. Nel giro di pochi decenni, la Biennale contribuì in modo sostanziale a svuotar di significato il concetto ottocentesco e postunitario di “scuola” regionale o territoriale, e a superarlo. Anno dopo anno, parlare di scuola veneta, scuola lombarda, scuola napoletana diveniva sempre più anacronistico e vano, proprio perché, se pur lentamente, s’iniziava a uscire da quel provincialismo che aveva caratterizzato tutto un secolo di arte a partire dalla morte di Canova. In una sorta di dicotomia contraddittoria, la mondanità salottiera e cosmopolita che regnava ai Giardini propugnava un’arte ufficiale che spingerà per due decenni la cultura figurativa dell’Ottocento dentro il nuovo secolo; al tempo stesso tuttavia, così facendo e superando i regionalismi nell’internazionalità, non solo suscitava, ma diveniva indiretta propagatrice di violente reazioni verso una chiusura culturale che non poteva durare. E’ bastato il lascito dell’imponente mole longheniana di Ca’ Pesaro da parte dell’accorta duchessa Felicita Bevilacqua La Masa a favore del Comune di Venezia a patto, però, che là si tenessero «esposizioni permanenti di arte ed industrie veneziane. [...]specie per i giovani artisti, ai quali è spesso interdetto l'ingresso alle grandi mostre [leggi Biennale], per cui sconosciuti e sfiduciati non hanno i mezzi da farsi avanti e sono sovente costretti a cedere i loro lavori a rivenduglioli ed incettatori che sono i loro vampiri», a scatenare in città un crescendo di reazioni che farà voltar pagina a tutta l’arte non solo veneziana ma italiana. Con le mostre dei cosiddetti giovani “ribelli” di Ca’ Pesaro, l’arte italiana, per la prima volta, si aggiornava a quanto di più moderno succedeva a livello internazionale. Non era un caso, infatti, se la prima mostra personale “futurista” di Boccioni si tenesse proprio nelle sale del palazzo sul Canal Grande, nel 1910, con tutto il «rumoroso battage pubblicitario organizzato da Marinetti» (M. Mimita Lamberti) e il clamore del lancio dei volantini contro la “Venezia passatista”, al grido apparentemente antiromantico di «uccidiamo il chiaro di luna!». E non era un caso se, al culmine delle polemiche, «taluni artisti belgi che figuravano quell'anno [1913] nel padiglione della Biennale» chiesero di «di poter esporre d'allora tra i vivi di Ca' Pesaro invece che tra i morti dei Giardini» (N. Barbantini). Insomma, fino all'avvento di Vittorio Pica a capo della segreteria generale della Biennale, nel 1920, la Biennale ignorava non solo le Avanguardie storiche (si pensi che Picasso entrerà per la prima volta in Biennale solo nel 1948) ma addirittura gli Impressionisti! Dal 1910, l’arte italiana, proprio a Venezia, diventava moderna. Il Simbolismo, soprattutto attraverso l’Art Nouveau, passava così a Ca’ Pesaro e anche ai Giardini e così anche, seppur pochi, i riflessi delle Avanguardie storiche internazionali. Quando, alla fine della Prima Guerra Mondiale, alla riapertura delle esposizioni, la Biennale iniziava a rinnovarsi e a Ca’ Pesaro ci fu quella sorta di Serrata del Maggior Consiglio che escluse dalle mostre i «non veneziani», nel giro di meno di due anni, Venezia, la Biennale e Ca' Pesaro, con le loro esposizioni, si trovarono a essere prima il volto e subito dopo la maschera dell'Italia artistica del dopoguerra. Venezia aveva perso il primato d’essere il principale palcoscenico dell’arte italiana a vantaggio di altri centri. Ciononostante, Ca’ Pesaro e i Giardini restarono un polo importantissimo di scambio nell’ambito delle arti figurative e, come sempre, la città continuò ad attrarre tutti gli artisti del nostro entroterra.

Luigi Cima conosceva bene, per averlo vissuto in prima persona, l’ambiente artistico veneziano e anche quello della Biennale: li conosceva tanto bene da scegliere di ritirarsi definitivamente nella sua Villa di Villa, lontano dai clamori e dalle mostre. Tuttavia, proprio a Venezia aveva avuto modo di rendersi conto di quanto l’arte figurativa stesse cambiando e come tanti altri pittori che, come lui, erano stati tra i massimi esponenti della splendida stagione del Verismo veneto di fine secolo, anch’egli cercò di innovarsi. Nelle sue opere, s’è già detto, s’insinua una sottile vena di evocazione simbolista mentre, tecnicamente, la sua pittura si fa ricca di una pennellata più di tocco, mossa, larga e cromaticamente più vibrata. Come Ciardi, Milesi e tanti altri artisti formatesi e affermatesi nella cultura figurativa ottocentesca, nei decenni del nuovo secolo, l’innovazione arriva solo in superficie, traducendo la limpida visione realistica della loro maturità in soluzioni che si avvicinavano sempre più a un fare più bozzettistico che di radicale reimpostazione della concezione pittorica. Dotato di una straordinaria capacità esecutiva, nelle vedute paesaggistiche montane, che adesso sembrava prediligere rispetto ad altri generi, la sua attenzione si concentra a tradurre il tremolio poetico della luce e dei colori delle sue valli e delle sue montagne. Ed è questa importante eredità che trasmette al giovane Piccolotto che, appunto, si forma sugli insegnamenti di una pittura ottocentesca che tenta una strada più moderna. Toni Piccolotto non sente questo passaggio “critico” perché egli appartiene già a una generazione nuova; egli non deve aggiornarsi, deve, per il momento, solo imparare.

Di questo se ne rende conto lo stesso Luigi Cima, che lo sprona a recarsi a studiare a Venezia, non solo perché all’Accademia, che respirava lo stesso clima tradizionalista che aveva regnato in Biennale, poteva farsi una solida base tecnica, ma soprattutto perché a Venezia poteva trovare quell’ambiente fervido e giovane che gli poteva dare molto di più di quanto lui non potesse fare chiuso nella sua visione “ottocentesca” dell’arte; così, lo raccomanda all’amico pittore Vincenzo De Stefani, insegnante nella locale Accademia di Belle Arti. Dopo esser stato costretto a conseguire, poiché non li aveva, licenza e diploma necessari per potersi iscrivere, pare non amasse molto quell’ambiente poiché, secondo lui, là non si dipingeva molto o abbastanza; allora, passa presto alla Scuola Libera del Nudo ma, in questi anni di studio, è costretto a più riprese ad abbandonare gli insegnamenti per adempiere l’obbligo di leva, che lo porterà tra le vallate e le montagne del cuneese. Di questi anni “veneziani”, sono proposti in mostra diversi lavori tra i quali spicca un policleteo nudo accademico (cat. 16) particolarmente ben risolto nella struttura anatomica del gioco di ritmo, ponderazione e simmetria, che ben lo colloca nell’ambiente spaziale dell’interno. E’ un’opera che raggiunge una sua sintesi formale, che la riscatta dall’impostazione di studio accademico grazie soprattutto a un buon gioco della luce, trattata con morbidezza plastica tanto negli incarnati quanto nel freddo rigore geometrico degli ambienti. Se un prevalente carattere documentario hanno i due studi fatti nel cuneese (catt. 5 e 6) durante il servizio militare, ancora echeggianti di soluzioni cimesche, ben più robusto e virile, pittoricamente parlando, è il ritratto del 1924 (cat. 8), vivo di un classicismo luministico che respira già di Valori Plastici, di Ritorno all’Ordine e, soprattutto, di Novecento sarfattiano, che proprio in quell’anno si presentava alla Biennale con le opere dei "Sei artisti del Novecento" (ad esclusione di Oppi, che esponeva da solo). Vi si sente un ritorno ai maestri antichi che non irrigidisce, però, una sensibile introspezione psicologia dell’effigiata, ancora una volta enfatizzata da un riuscito gioco luministico e di contrasti chiaroscurali, fatto per ampie campiture di colore stese in modo tale che paiono anticipare, sotto taluni aspetti, quella che sarà la poetica anche di Guidi a Venezia, da quando nel 1928 prese il posto di Tito come insegnante all’Accademia; pure lui, tra l’altro, presente alla Biennale del ’24. Indice, tutto questo, di come in città fosse nell’aria una volontà interpretativa di nuovi indirizzi figurativi che venivano ad affiancarsi a una “tradizione” di carattere più prettamente capesarino e di derivazione impressionistica; senza ignorare che erano ancora attivi e acclamati i grandi “ottocentisti” come i Ciardi (figli), Tito, Milesi, Laurenti e tanti altri.

La frequentazione dell’ambiente veneziano, lo porta presto a fare amicizia, facilitato dal suo carattere socievole, allegro e goliardico, con altri giovani pittori, specie quelli che saranno accomunati da Palazzo Carminati (nuova sede degli studi per giovani artisti messi a disposizione dalla Fondazione Bevilacqua La Masa), tra i quali, particolarmente duratura, sarà quella con Fioravante Seibezzi, Neno Mori, Aldo Bergamini e Carlo Dalla Zorza. Sono tutti pressoché coetanei, tutti appartenenti a quella che è stata chiamata la “seconda generazione capesarina” e tutti impegnati a ricercare un loro ductus espressivo personale e moderno. Se alla Biennale si poteva vedere molto di quanto succedeva nel resto d’Italia e all’estero, linfa vitale continuava a essere il lascito dei pittori “storici” di Ca’ Pesaro, che avevano trovato in Burano la loro “isola felice”. Su questa scia di fresca continuità, tra le due guerre, determinante fu la presenza di due artisti di prim’ordine, dotati di una vibrante genuinità di tocco pittorico e di maestria interpretativa: Pio Semeghini e il più giovane Filippo De Pisis. Entrambi, con valenze figurative diverse e peculiari, proponevano una loro interpretazione della realtà che aveva radici comuni nell’Impressionismo; quell’Impressionismo che Vittorio Pica, a partire dal 1920, s’era impegnato a portare con frequenza nei padiglioni della Biennale. Già prima, con Gino Rossi, Martini e Moggioli, quell’ascendente espressionistico-simbolista mitteleuropeo, quasi innato, all’epoca, per la storia recente della città lagunare (e che un Teodoro Wolf Ferrari, ad esempio, aveva reimportato sulla scorta delle esperienze secessioniste monacensi o che l’infatuazione klimtiana di Vittorio Zecchin alla Biennale del 1910, vista con i colori di una Venezia bizantina, direzionava verso Vienna), si andava spostando sull’asse Venezia-Parigi. Con la presenza di Semeghini e di De Pisis, l’eredità dei capesarini, che per molti pittori era poi, non lo si dimentichi, nonostante sia a tutt’oggi poco segnalata, principalmente quella di Moggioli, la lettura dell’Impressionismo entra per linea diretta nella pittura veneziana e resterà forte e prolifica almeno fino alla ripresa “espressionistica” delle nuove generazioni nel secondo dopoguerra. In un connubio talvolta ideale con i pittori di Bagutta a Milano, prende piede in città un nuovo filone di artisti che rappresenterà la voce più “vernacolare” e tipica della pittura a Venezia tra le due guerre, capace di accogliere nel suo alveo i giovani pittori di Treviso, di Vicenza, di Padova, di Verona e così via, compresi i bellunesi, tra i quali, appunto, anche il nostro Toni Piccolotto.

Sono opere realizzate in questo contesto le quattro Venezie presentate in mostra, che respirano tutte dell’influenza capesarina. Due, si presentano con uno di stampo più marcato alla Semeghini (catt. 13 e 14), ripercorrendo una luce diffusa e serotina, in grado di amalgamare il riflesso del cielo nell’acqua, sugli edifici e sulle imbarcazioni attraverso l’impiego di tocchi tremolanti di materia cromatica, i quali permettono a Il Bacino di San Marco verso San Giorgio in Isola di raggiungere una sentita vena poetica, che pare condensarsi, dal cielo e dall’acqua, in quella macchietta di luce calda e corottiana accesa sulla facciata verso Ovest della chiesa; mentre Barche a Venezia (cat. 10), eseguita a quattro mani da Toni Piccolotto assieme a Fioravante Seibezzi, Neno Mori e Luciano Cuzzi, si mostra come uno straordinario sodalizio di un cipiglio impressionistico più marcatamente aggressivo, nel quale appare impossibile distinguere con certezza il pennello dell’uno da quello dell’altro. Qui, vivacità cromatica e vibrante scioltezza esecutiva esaltano una struttura costruttiva che è fatta tutta di colore e luce. Quasi all’opposto, a riprova di come il giovane Piccolotto stesse sperimentando ricerche e soluzioni pittoriche che gli permettessero di raggiungere una poetica espressiva tutta sua, si presenta lo Studio veneziano del 1926 (cat. 15), esemplare nella sua architettura formale limpida e cristallina che pare idealizzata sulle geometrie di un Carpaccio reso freddo e nordico, dove la pennellata carica di luce timbrica, che lascia sapientemente trasparire il cartone di base (scelta certo meditata anche questa dalla visione delle opere di Semeghini), acuisce una sintesi riuscitissima atta a solidificare la visione compositiva e luministica in forme e volumi.

A partire dal 1926, Toni Piccolotto inizia un’intensa attività espositiva, che abbiamo cercato di riassumere alla fine di questo catalogo, sulle tracce anche di un’incompleta bibliografia giornalistica. Con questa, arrivano anche i primi e talvolta importanti riconoscimenti (nel corso degli anni: Premio dell’Accademia d’Italia, 1934; gratifica del Ministro della Guerra, 1942; Medaglia d’Oro della Presidenza del Senato, 1963; ecc.) e arrivano i primi acquisti delle sue opere, che sovente finiscono in importanti raccolte private e pubbliche (Museo di Belle Arti di Santa Fè, in Argentina; acquisti da parte di Vittorio Emanuele III e per il Quirinale; ecc.).

Tutto questo, però, non gli bastava a contenere il suo animo, evidentemente, di giovane artista un po’ irrequieto e speranzoso se, nel 1928, decide di lasciar tutto per andar a cercar fortuna nella lontana Argentina. Fu una scelta di una certa importanza e non tanto per i possibili risvolti che poteva avere per la sua carriera di pittore, quanto piuttosto perché rispecchiava un senso di disagio che forse regnava in certi ambienti cultural-artistici veneziani. Ricordiamo che, forse per motivi non così differenti, anni prima Luigi Cima aveva preso una decisione analoga, ritiratosi nella sua Villa di Villa, e il nostro stesso Noè Bordignon, vistosi rifiutato per “gelosie” dalla Biennale, nel 1895, il suo capolavoro La pappa al fogo, scelse poi di ritirarsi prima a Castelfranco e infine a San Zenone degli Ezzelini. Dall’altro lato, però, da sempre gli artisti facevano viaggi studio in altre città d’Italia e all’estero. Gino Rossi, Arturo Martini, Semeghini, De Pisis e molti altri erano stati a Parigi e, nel 1925, anche il nostro Bruno Gherri Moro (che non è da escludere che Piccolotto, all’epoca, possa aver conosciuto, visto che bene o male entrambi frequentavano gli stessi ambienti), assieme all’amico Mario Venzo, poi Fratel Venzo, si trasferì nella capitale francese per rimanervi fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Vi era, insomma, tra i giovani anche in quegli anni il desiderio di provare nuove esperienze al di fuori del circuito artistico locale e forse Toni Piccolotto prese quella decisione proprio al seguito di stimoli e discussioni fatte con i colleghi pittori che esperienze simili le avevano già fatte o le volevano fare. E forse anche la decisione di scegliere proprio l’Argentina, terra di forte immigrazione veneta sin dal secolo precedente, per andar a cercar fortuna, gli fu suggerita da qualche collega che ben conosceva quei luoghi.

Fu un’esperienza interessante e certamente utile, che ricorderà sempre con piacere in futuro ma che gli servì soprattutto per provare a se stesso che il suo destino di uomo e di artista doveva rimaner legato alla sua terra, alle vallate e alle montagne che amava e sentiva nel cuore.

S’imbarcò portando con sé un buon numero di opere dipinte a Venezia e nei luoghi natii e, al suo arrivo a Buenos Aires, con quei dipinti riuscì presto ad allestire una personale presso la Galleria Witcomb, che dapprima fu poco visitata. Ben presto, però, l’ammirazione del pittore argentino Benito Quinquela Martin, allora famoso in città, e degli iniziali pochi visitatori cambiarono la sorte dell’esposizione. Se ne parlò sui giornali locali e il pubblico iniziò ad arrivare numeroso e a comprare (in quell’occasione il dipinto Manto candido fu acquistato dal Museo di Belle Arti di Santa Fè). Fu un successo e sue opere furono chieste anche dal sig. Luigi Grigio per arricchire l’iniziativa di una suggestiva rievocazione di Venezia allestita con opere e suppellettili di ogni genere al fine di pubblicizzare il suo nuovo negozio in Buenos Aires. Poco dopo, si annunciava un’altra sua mostra personale nella città di Rosario, che non fu mai fatta perché Piccolotto sentì forte e repentino il nostalgico desiderio di tornare a casa. Poco prima di Natale era già di ritorno a Lentiai. Di quel viaggio, rimangono oggi alcuni piccoli dipinti realizzati durante la traversata in nave, alcuni dei quali sono presentati in mostra (catt. 17-19).

Il ritorno in Italia segnò un momento fondamentale della vita di Piccolotto e, di conseguenza, della sua carriera artistica. Scelse di stabilirsi, pressoché definitivamente, tra le sue montagne e vallate, lasciando alle spalle anche l’esperienza veneziana.

Prima vistosa conseguenza nella sua pittura di questa scelta è, ovviamente, il genere di soggetti dipinti: egli, infatti, andrà consolidando negli anni la sua innata attitudine per la pittura di paesaggio. Come visto, paesaggi e vedute ne aveva dipinti sin dalle sue prime esperienze e tali sono anche le opere dipinte a Venezia. Tuttavia da questi anni appare evidente come l’amore per la sua terra, che si manifestava non solo col ritrarla in pittura ma pure col viverla intensamente con lunghissime camminate, scalando le montagne, immergendosi sentimentalmente in quel panorama paesaggistico così in sintonia col suo essere uomo o, paradossalmente, vivendola attraverso la passione, ereditata dal padre, per la caccia e per la pesca (attività sempre praticate con un senso quasi di religiosità e grande rispetto per il mondo animale, al punto che qualcuno disse, a tal riguardo, che egli dipingendo le nature morte di cacciagione ci metteva tanto amore e sentimento da far sembrare quasi di voler così chiedere perdono alle povere, innocenti vittime di quella sua passione cruenta), venga ad acquistare una valenza emotiva e di partecipazione che ne caratterizzerà l’intera sua successiva opera. In questo contesto, per l’efficacia e la profondità interpretativa dell’opera di Piccolotto, vale la pena riportare un acuto giudizio di Silvio Guarnieri: egli conosceva i posti che voleva dipingere ben prima di dipingerli e li dipingeva «senza soste e senza pentimenti, di getto, come sostenuto dal gusto della scoperta; ed era la scoperta di sé ed al tempo stesso di quel che gli stava davanti, come per riscontro di quel legame, di quella consonanza con un paesaggio, con dei luoghi nei quali si riconosceva, nei quali continuamente riscontrava la parte più viva, più autentica di sé». Che poi Piccolotto potesse diventare ben presto un esperto e abilissimo interprete di suggestivi e spettacolari paesaggi innevati, era pressoché inevitabile considerando che quest’aspetto “atmosferico-ambientale” era una delle caratteristiche peculiari delle sue montagne e delle sue vallate; e non stupisce, quindi, l’esclamazione di Anselmo Bucci di fronte a certe sue “nevi”: «Finalmente un pittore che ha visto la neve com'è, perché quasi tutti la minestrano bianca come il latte, cioè lattiginosa» (in Gino Meneghel). Bucci, da grande pittore qual era, lodava le infinite sfumature e riflessi cromatici di quelle nevi che erano bianche solo di primo acchito, poiché a ben guardarle rilucevano di una miriade di tonalità che solo un occhio abile e sensibile poteva tradurre efficacemente sulla tela. Forse non aveva letto le teorie dei colori complementari per le quali le ombre prodotte da fonti di luce colorate, all’occhio, appaiono del colore complementare alla luce, e forse non sapeva che Delacroix, quando dipingeva un lenzuolo bianco, quel bianco del lenzuolo si tingeva dell'azzurro del cielo o del rosso della coperta vicina; ma era un pittore veneto e, come tale, aveva nella sua genetica artistica la tradizione del glorioso colore della nostra pittura, quella delle infinite velature degli incarnati o delle vesti di Tiziano, delle ombre colorate di Paolo Veronese o della veste bianca della Santa Lucilla di Jacopo Bassano, per la quale il Tiepolo padre confessò al Tiepolo figlio, riporta il Roberti, d’aver visto un miracolo, vale a dire d’aver visto «un drappo nero che parea bianco». E, poiché quella sorta di meditazione e riflessione sulla natura che è il dipingere, Piccolotto non la “idealizzava” nel suo studio, teoreticamente, ma la “praticava” dal vero (en plain air, dicevano i francesi), più di tanti suoi colleghi egli poteva contare sulla sua “necessità”, sulla sua esigenza di vivere il paesaggio amato frequentandolo fisicamente per immergervisi e dialogarvi emotivamente e sentimentalmente: anche con le temperature più rigide, egli usciva, camminava per ore alla ricerca non tanto del punto “panoramico” suggestivo e oleografico, ma alla ricerca di una sintonia esistenziale con l'ambiente che lo circondava, per poi aprire il cavalletto, sistemarvi la tela o il cartone, prender in mano pennelli e tavolozza e, finalmente, dipingere. Ecco perché fu presto chiamato “il pittore della neve” al punto che quest’appellativo arrivò a stargli stretto perché questo era forse l'aspetto più sublime della sua arte; uno, però, tra i tanti altri. Abbiamo, infatti, fin qui visto un Piccolotto giovanile che era stato, appunto, tanto altro e che, almeno fino ai primi anni Trenta, si può dire sperimentasse in pittura, con reale tempismo, spunti e soluzioni che, quasi di anno in anno, andavano sviluppandosi in tanta arte italiana e in tanta arte veneziana. A conferma di ciò, probabilmente proprio grazie alla frequentazione pure delle sale della Biennale, se noi andiamo a vedere un'opera come Colderù (cat. 20), del 1929, lavoro impegnato anche nelle dimensioni, vi è una costruzione spaziale, come già ha osservato Paolo Rizzi, molto rigorosa e plastica che ancora una volta sa di Novecento e di Ritorno all’Ordine, giocata tutta, vien da dire, sulle volumetrie luminose e ombreggiate di un bianco statico, fermo, razionale, dove traspare un’immobilità che pare trascendere metafisicamente il dato reale, descrittivo, in una visione lucida, incantata, quasi di Realismo magico.

Allo stesso modo, nell’Autoritratto del 1930 (cat. 22) domina un estremo rigore compositivo di ascendenza, effettivamente, neo-quattrocentesca e di forte impatto plastico, con volumi ottenuti tanto col disegno quanto col colore, e che paiono alludere a un clima sociale di regime sempre più opprimente da condizionare, seppur indirettamente, le stesse arti visive; un clima che traspare, in opere come queste, anche in un pittore come Piccolotto, che dal padre aveva ereditato idee politiche ben diverse: antifascista e socialista, infatti, fu tra i primi ad aderire alla sezione socialista di Lentiai, dove sarà per lunghissimi anni militante e attivista convinto. Nella Cacciagione dello stesso anno (cat. 21), la staticità della morte s’infonde di un profondo senso di rispetto e di sacralità nel quale, il silenzioso rigore plastico di Colderù, è risolto con un senso di abbandono fisico dei corpi inanimati degli uccelli, esaltato, per contrasto, dal biancore azzurro e verde della moralità di una tovaglia che pare un sudario.

In molte opere degli anni Trenta domina quel rigore compositivo che abbiamo appena cercato di descrivere. Così in Disgelo (cat. 23) o in Canai (cat. 24), dove gli edifici emergono per solidi volumi dalle sinuosità delle vallate e dei monti e dove il colore, illuminato dal sole, mescola le tinte in mille riflessi per poi sfumare evanescente in lontananza. Cromaticamente plastico come un Moggioli a Roma o come uno Spadini, è Pozzo romagnolo (cat. 26), del 1931, nel quale certi tratti di ascendenza impressionistica, sotto taluni aspetti, paiono meditati addirittura sulle volumetrie di Cézanne, risolte, però, con una vivacità cromatica tutta veneta, carica di una luce che plasma e modella frammentandosi e mescolandosi nella disinvoltura della pennellata mossa e vibrante. Un colore estivo, ma un po’ timbrico, accende la profonda spazialità cromatica di Castagno grosso (cat. 25), tutta giocata per buona parte sui verdi che impennano l’albero in primo piano conferendogli uno scatto nervoso ed elastico grazie anche al contrasto di sinuosità ritmiche con lo scattante sentiero di destra; in lontananza, al di là del degradare sinfonico del verde, sono ancora le macchiette di colore plastico delle forme geometriche degli edifici del paese ad accendere una nuova, luminosa, sosta cromatica, prima dello sfumar dell’orizzonte montuoso e del cielo. Se poi noi andiamo a vedere un’opera di tutt’altro genere qual è quel gustosissimo Ritratto di ragazzo (cat. 33) verosimilmente databile a questo periodo, ci accorgiamo che colore, luce e volume si sintetizzano e si concentrano con una maestria davvero rara e moderna, la quale porta sensatamente a pensare che Piccolotto, nei suoi viaggi e nei suoi probabilmente abbastanza frequenti ritorni a Venezia, dovesse guardarsi attorno con occhi critici e attenti, discutendo, forse, con gli amici e colleghi là ritrovati, su quanto la Biennale presentava, sulla ventata di novità portate da Guidi tra le scranne dell’Accademia e sui nuovi fermenti di Palazzo Carminati e di alcuni artisti legati all’Opera Bevilacqua La Masa.

Con questo genere di opere, Piccolotto si presenta adesso alle tante mostre cui partecipa e alle numerose personali che allestisce da Roma a Belluno, da Milano a Cortina d’Ampezzo. Ed è con un’opera come queste che, nel 1934, al seguito anche di una personale a Roma (dove il dipinto Pedevilla alta – paesaggio alpestre è acquistato per il Quirinale), si aggiudica il Premio dell’Accademia d’Italia che gli dà diritto a una borsa di studio per un soggiorno a Parigi di 10.000 Lire. Tuttavia, forse memore anche dell’esperienza argentina, preferisce spendere la somma guadagnata in ben altro modo: nel 1934, infatti, sposa Ninfa Del Fattore e va abitare a Stabie.

Antonella Alban fa giustamente risalire a questi anni uno dei periodi pittoricamente più felici di Toni Piccolotto, durante i quali la luce e il colore maturati a Venezia gradualmente si fanno più caldi e dorati. Il nuovo ambiente famigliare creatosi, di certo, e la nascita del primogenito, nonostante i problemi di salute avuti dalla puerpera, dovettero rafforzare nel suo animo l’amore per quella straordinaria natura che lo circondava e che lo inebriava nelle ormai regolari lunghe camminate tra vallate e montagne fatte da solo o in allegra compagnia, come poteva essere quella dell’amico Bepi Mazzotti, che sovente col Piccolotto si vantava d’aver scalato pareti impervie.

La foga giovanile di ricerca e sperimentazione pare attenuarsi in un ormai conquistato linguaggio personale, che traduce ora una descrizione paesaggistica compositivamente equilibrata e razionalmente costruita dove, talvolta, il pittore si serve di direttrici spaziali che dal primo piano introducono un elemento centrale attorno al quale si snoda la raffigurazione. In Rustico a Pedavena (cat. 34), del 1937, l’armonia d’insieme è articolata su tutto un complesso di segmenti rettilinei obliqui, orizzontali e verticali che vanno rispettivamente a delineare, di volta in volta, un sentiero, una cancellata, un muro, un casolare o lo stesso sfondo montano carico di fresche, sinuose nuvole. Il colore placa le forme e ne amalgama l’atmosfera generale in una soluzione armoniosa e bilanciata che, realizzata sicuramente dal vero, pare però concepita prima a livello mentale, quasi ideale, per provarne poi la resistenza materiale nella realizzazione esecutiva. Può sembrare un paradosso, soprattutto per un pittore come Piccolotto, sempre saldamente legato al dato figurativo, reale e riconoscibile, tuttavia questo modo di operare e di procedere può, com’è successo ad altri artisti, portare all’astratto: basta togliere gli elementi riconoscibili, rendere autonome le forme costruttive e libere le tonalità cromatiche.

Allo scadere del decennio, si nota un’ulteriore evoluzione nella sua pittura; un’evoluzione graduale, ma che lo porterà in modo deciso verso nuove soluzioni figurative, quelle più consone, forse, alla sua necessità di intimo dialogo col soggetto da rappresentare e che, a partire dal secondo dopoguerra, in sintonia con un clima culturale e sociale profondamente cambiato, caratterizzerà sempre più il suo linguaggio espressivo. Un’opera come Zinnie (cat. 36), del 1939, ad esempio, mostra un plasticismo volumetrico che si va sempre più dissolvendo verso una descrizione di colori più amalgamati e fusi, più caldi e, in questo caso in modo particolare, dorati. Rimane il rigore plastico e geometrico del davanzale e il vaso di fiori che vi poggia sopra ricerca ancora il sapore “classicheggiante” di un bilanciato equilibrio e di una solida costruzione; tuttavia, i colori con cui quest’ultimo è reso e quelli dei fiori stessi che contiene vibrano in lirico rapporto cromatico con l’impressionistica vegetazione giallo-dorata che fa loro da sfondo. Anche in un rapido studio quale Casale sul Livenza (cat. 38), del 1941, che è un bozzetto e quindi, per sua natura, necessita di una pennellata tratta di getto e più sommaria, le forme sono più amalgamate da colori che si fondono armoniosamente in un’impostazione generale che ha più marcate reminiscenze impressionistiche.

Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale obbliga Piccolotto alla chiamata alle armi, che lo porta a servire la patria in varie località, italiane e straniere. A intervalli più o meno lunghi sarà, a Sacile, a Farra d’Isonzo e poi a Fiume, città in cui stringerà conoscenza con l’ufficiale jugoslavo Dunkovic, pure lui pittore, che lo ritrarrà in una spiritosa vignetta datata 1941 (fig. a p. XXXXXX). Ciononostante, riesce comunque a mandare sue opere a qualche esposizione e a presenziare, assieme all’amico pittore Alberto Mastellotto, alla mostra di Luigi Cima organizzata a Villa di Villa in occasione dell’ottantesimo compleanno del maestro. Nuovamente chiamato alle armi, nel mese di maggio del 1942 è trasferito alle Bocche di Cattaro, nel montenegrino. Come nelle destinazioni precedenti, anche in questa bellissima località della costa dalmata egli continua a essere pittore e lo fa con tale impegno e ammirazione da parte dei suoi commilitoni da riuscir ad allestire una nutrita mostra personale con opere ispirate a quei luoghi. L’esposizione riceve tanto gradimento da meritargli una gratifica del Ministro della Guerra. Nel dicembre dello stesso anno si congeda e ritorna a Facen.

Di momento periodo, rimangono diverse opere che ci testimoniano momenti di vita militare inseriti in ariose vedute paesaggistiche (cat. 39), all'apparenza prive di ogni riflesso cupo e nefasto, e questo grazie alla presenza di una solarità cromaticamente briosa e limpida, dovuta più alla bellezza dei luoghi ritratti che a quanto in essi si stava compiendo; altre opere, infatti, come Chiesetta di Sant’Antonio a Teodo – Bocche di Cattaro (cat. 40), sono risolte con un taglio compositivo che rimanda, sintomaticamente, ad allusioni simboliste, qui emotivamente risolte con un senso di silenzioso, tragico, coinvolgimento. Allusioni simboliste che paiono, tra l'altro, di ascendenza mitteleuropea, come sembrano suggerire quei due cipressi così inquadrati e tagliati alla sommità, capaci di conferire una rispettosa religiosità all'isolata chiesetta dall'architettura semplice e austera. Ancora una volta è la luce, quasi come il brivido coloristico di un nervo teso, a contornare una spettrale solarità dov'è stata, volutamente, cancellata ogni presenza umana. A tal proposito, si noti come talune pennellatine di colore che vanno a contornare di luce alcuni profili di edifici, alberi o anche figure, possano individuarsi come un elemento di continuità riscontrabile in tante opere nel corso della sua intera carriera.

Al suo rientro, al seguito dei disagi dovuti al tragico perdurare dell'evento bellico, Piccolotto si trova costretto a farsi rilasciare speciali permessi dai tedeschi per tornare a dipingere all'aria aperta, com'era nelle sue necessità di pittore. Alti ufficiali tedeschi, incuriositi e attratti dalle sue opere, ne acquistano diversi esemplari e per lui diviene così più facile continuare con una certa serenità la sua attività d'artista. Tanto più, quando un altro lieto evento, la nascita di Lucio, giunge ad allietare ulteriormente la sua vita.

La fine della guerra, nonostante i disastri che lasciava, lancinanti e dolorosi come una ferita ancora sanguinate, riporta lentamente un clima di sempre maggior serenità. Di pari passo, vien da dire, la pittura di Piccolotto ne riflette inevitabilmente i cambiamenti, e si fa piena di un senso di vita dove, al rigore costruttivo degli anni precedenti, si sostituisce adesso una più aperta e dichiarata autonomia cromatica. Nel suo percorso artistico, si fanno rilevanti, per non dire determinanti, le suggestioni tratte, direttamente o indirettamente, dalla pittura dell'Impressionismo. Gli stimoli suscitati da quelle opere, colti probabilmente di persona alla Biennale oppure riflessi nei dipinti di pittori come Semeghini o degli amici Seibezzi e Dalla Zorza, ad esempio, nonché recepiti grazie alla sempre più frequente possibilità di sfogliare riviste e pubblicazioni d'arte, assestano la sua concezione compositiva e il suo ductus pittorico nella direzione di una pittura sempre più praticata all'aria aperta e sempre più ricca di felici rimescolii cromatici, caratteristici di tanta sua produzione degli anni Quaranta e riscontrabili pure nei bozzetti e nelle piccole realizzazioni. In Primavera a Facen (cat. 44), del 1943, l'indicazione compositiva della profondità spaziale tracciata su quel sentiero centrale che si vede salire l'altura efficacemente accompagnato dai filari d'alberi ai suoi lati, si risolve tutta in un mescolarsi di modulazioni cromatiche vibranti e spumeggianti, abilmente giocate sul trasparire della tonalità marrone chiara del cartoncino utilizzato. Serene e distese, nel contesto di una luminosità diffusa e solare che descrive il tremolio del paesaggio, tanto nel suo primo piano quanto in lontananza, sono le rare presenze umane che Piccolotto talvolta inserisce nelle sue opere, come in L’attesa a primavera (cat. 43), del 1943, I figli Piero e Lucio (cat. 49) o Croce del Campon d’Avena (cat. 48), entrambe 1947. In modo analogo, si risolve la sua pittura pure in altri generi figurativi: nei ritratti di Lucio e di Piero (catt. 45 e 46), rispettivamente del 1945 e del 1946, la freschezza del tratto bozzettistico accentua il vibrare intenso della materia cromatica che si distende con delicatezze rapide e decise in certe parti degli incarnati, nelle vesti e negli sfondi, per riprendere un tremolio più delicato e limpido là dove la descrizione somatica richiede una maggior fedeltà per i lineamenti degli effigiati. Questo si riscontra anche nelle nature morte, o in composizioni d'interni con nature morte di vario genere, nelle quali il lessico pittorico impiegato parla lo stesso linguaggio; a tal proposito si guardi Composizione con narcisi (cat. 53), del 1950, singolare gioco, verrebbe da dire, di accese note cromatiche che acquistano un tono quasi scherzoso nel vivacizzare quell'”attrezzo” stravagante, inventato e personalmente ricomposto da Piccolotto come una sorta di ready-make. In una natura morta seria e composta qual è quella dello stesso anno e pubblicata a cat. 54, invece, sembra ritornare un prevalere di soluzioni plastiche rigorosamente pensate, similari a quelle raggiunte tra gli anni Venti e Trenta; com'anche nello studio di Maria (cat. 47), del 1947, poderosa immagine nella quale le campiture di colore degli incarnati del volto si accendono di luce riuscendo a trasmetterci una resa intensamente espressiva della personalità dell'effigiata, che ne fa un ritratto fedele nella psicologia prima ancora che nella fisionomia.

A osservare le opere paesaggistiche di questi anni, si direbbe che in Piccolotto ci sia quasi una riscoperta della natura tanto amata interpretandola attraverso una dimensione più distesa e rassicurante, frutto certamente anche della necessità, riuscita, di trasmettere ai figli quel sentimento di religioso rispetto e di empatia per le montagne e le vallate del suo territorio, possibile da conquistare solo con una loro frequentazione quotidiana, la sola capace di trasformare la semplice contemplazione in dialogo e in partecipazione emotiva. In questa fase della sua attività artistica, come ben ha colto Antonella Alban, la luce tende a farsi sempre più cristallina e le tinte sempre più sfumate e trasparenti. Il tocco impressionistico di certe sue opere, come in La casa del Col Melon (cat. 57), del 1954, o in Il Fagheron del Monte Avena (cat. 59), del 1956, ad esempio, si esprime in luminose trasparenze ottenute con un colore steso per tocco e pennellate vibranti tanto nei primi piani quanto nella mole massiccia delle montagne di fondo, dove si accostano e si intervallano ritmicamente zone di tonalità diverse della stessa tinta, con un modulare di stesure che pare meditato sugli esempi dell'ultimo Cézanne. E non è forse casuale che ciò avvenga, se si considera che anche Piccolotto, nel suo eterno dialogo con quei luoghi amati, sovente li ritrae dalle stesse angolature proprio per coglierne i differenti effetti che la luce loro conferisce in momenti diversi della giornata o in stagioni diverse dell'anno. Se un Masi Simonetti o un Fiorenzo Tomea, pittori bellunesi a lui pressoché coetanei ma formatesi fuori dall'ambiente veneto, si preoccupano di tradurre il paesaggio montano in una «dimensione dello spirito» (P. Rizzi), la scelta espressiva di Piccolotto è decisamente più “naturalistica”, foriera di ricercare un'anima paesaggistica che ha bisogno di dialogare col pennello in una direzione che si inverte: in Simonetti, infatti, è la sua inquieta personalità a proiettarsi sulla tela per modellare un paesaggio filtrato da una sorta di “gotiche” simbologie umane, così come in Tomea è sempre il suo carattere di silenzioso e melanconico surrealismo che va a investire la superficie da dipingere; in Piccolotto, invece, più vicino in questo senso, ma non stilisticamente, a un Omero Solero, la direzione pare invertirsi ed è l'incanto dei luoghi che tanto lo emozionano a proiettarsi nel suo animo e a tradursi poi nel fare pittura. In Neve primaverile (cat. 60), del 1958, ariosa composizione tradotta alla maniera di un Sisley, gli alberi spogli, che pur si rivestono di una valenza allusiva, appaiono come un elemento vivo della natura che sta semplicemente facendo il suo corso stagionale, preparandosi già alla oramai prossima fioritura primaverile; la neve comincia a sciogliersi e le forme che traccia sul terreno sono del tutto veritiere e non hanno alcuna pretesa simbolica; la resa atmosferica che va sfumando in lontananza la neve con gli edifici e il cielo, alza una foschia del tutto credibile. Anche in un'opera come Sardegna (cat. 62), del 1963, dipinta in occasione della sua partecipazione a una mostra estemporanea fatta nell'isola, la calda solarità del paesaggio vive dell'intensa emozione che il pittore prova di fronte alla natura e prende forma proprio grazie ad una vibrata descrizione cromatica della raffigurazione, nella quale le tinte si mescolano non impastante tra loro prima, sulla tavolozza, bensì al momento di stenderle sulla superficie con tratto rapido e deciso, messo a servizio, verrebbe da dire, dell'impressione suscitata.

Individuato con chiarezza il suo percorso artistico, Piccolotto allestisce in questi anni molte personali e invia sue opere in tante mostre organizzate principalmente nelle città del suo territorio, sebbene non disdegni partecipare o allestire esposizioni in diverse altre località italiane, da Milano a Trieste, da Firenze a Gorizia e a Venezia; città, quest'ultima, dove nel 1969 organizza una personale assieme all'amico pittore Carlo Sovilla. L'intensa attività espositiva è ricambiata da una certa gratificazione economica, che gli permette di costruirsi anche la desiderata piccola casa di montagna sul Col Melon (1952), sopra Pedavena, ma, soprattutto, lo ricompensa con l'assegnazione di numerosi premi di pittura e riconoscimenti, quali la Medaglia d’Oro della Presidenza del Senato (1963). Ciononostante, è principalmente il veder frequentare il suo studio da giovani pittori desiderosi di apprendere, che gli dà forse le soddisfazioni maggiori.

Come negli anni passati, la scelta dei soggetti è piuttosto varia (catt. 55, 64, 67, 70), tuttavia la sua attenzione, s'è detto, pare concentrarsi adesso con particolare interesse nel genere che sicuramente gli è più congeniale. Nel paesaggio e nelle “vedute” dei monti e delle vallate, nelle quali si coglie che la passione per lunghe camminate e talvolta per vere e proprie scalate si fa un tutt'uno con la necessità di dipingere all'aria aperta, egli sente di poter meglio esprimere quella forte emozione che l'amore e il rispetto di quei luoghi suscita nel suo animo sensibile. Queste ultime realizzazioni toccano un grado di liricità e di poesia nel quale sembra convergere e condensarsi tutta la sua esperienza di pittore. Vi sono dipinti che vibrano di solari cromatismi dai quali si genera un frizzante senso di “gioia di vivere” comunicato attraverso le trasparenze e le accensioni tonali che la luce conferisce al colore e dove, talvolta, la rara presenza umana conferisce un armonico scatto dinamico alla raffigurazione, come in Gioco sul Piave a gennaio (cat. 58), del 1955, o dove quasi si percepisce la freschezza di un'istantanea fatta con i colori, come in Fiere di S. Luca a Treviso (cat. 63), del 1963, opera realizzata in una delle tante manifestazioni di pittura estemporanea cui egli ama partecipare. Ma è quando poggia il cavalletto per ritrarre l'intima armonia delle fronde degli alberi o delle tonalità verde-terra di un prato orchestrandola col paesaggio retrostante al suono di un ritmo musicale fatto di tremolii di colore e di luce, come in La strada di Pian di Coltura (cat. 71), del 1967, in Betulle (cat. 75), del 1968, o più ancora in Autunno (cat. 76), dell'anno successivo, che Toni Piccolotto scrive davvero pagine che raccontano di un dialogo profondo e sincero con la natura che tanto ama. Covoni a Lentiai (cat. 74), del 1968, che è forse tra gli esempi più significativi a tal proposito, si apre con la sinfonia dorata dei covoni che cantano del lavoro umano e della stagione in cui questo si svolge, per poi aprirsi al retrostante paesaggio in uno sfumare di trasparenze delicate e silenziose tutte giocate in un poetico coinvolgimento emotivo, privo di ogni genere di retorica.

Là dove, però, Piccolotto ci comunica la sua più intima, sincera ed emozionata visione della natura e del paesaggio è quando questo s'immerge nel biancore della neve. Sembra quasi che il panorama spettrale e incantato possa dar forma a una bellezza che è peculiare e unica di quei luoghi, onirica anche, sotto certi versi; sicuramente avvolgente e coinvolgente. La trasparenza del colore diventa, anzi, personifica la trasparenza stessa della luce che riverbera nelle delicatissime sfumature di un bianco che riflette di tonalità azzurre, rosate, marron-verdine. Nell'emozionata impressione suscitata, la composizione è spinta talvolta tanto in avanti, al punto da diventar un sussurro fatto a bassa voce, un canto quasi astratto, solo qua e là interrotto da una presenza eterea che prende le fisionomie di un albero spoglio, di un edificio appena appena delineato, di un tetto diafano che si perde nella percezione ottica dell'insieme. Così è per Il brolo (cat. 77), del 1969, o per la sua “rivisitazione” fatta un anno dopo con La neve ovunque (cat. 79) la quale, assieme a Silenzio bianco (cat. 80), del 1970, è un'opera in cui lo stesso titolo ha una forte valenza evocativa. Come una sorta di Whistler di cent'anni dopo, si potrebbe parlare di variazioni di sinfonie in bianco. Per questo egli, che fino all'ultimo ha sentilo la necessità di “trascrivere” il dialogo tra la sua anima e la natura tanto amata da morire dipingendo sul Nevegal nella fredda, primaverile giornata dell'11 aprile 1970, fu chiamato il pittore della neve. Ed egli, della sua neve, ne fu certamente un cantore altissimo ma, abbiamo visto, così definirlo non è, come qualcuno ha detto, limitativo; è, semplicemente, insufficiente.

 

OPERE ESPOSTE

1 - Mucca, 1920 circa, olio su cartone, cm 13 x 21, collezione privata.

2 - In Val Beluna, 1920 circa, olio su cartone, cm 23 x 32, collezione privata.

3 - Neve sui tetti, 1920 circa, olio su cartone, cm 13 x 21, collezione privata.

4 - Studio di verde, 1921, olio su cartone, cm 21 x 13, collezione privata.

5 - Campo militare, 1923, olio su cartone, cm 23 x 32, collezione privata.

6 - Al campo militare, 1923, olio su cartine, cm 23 x 32, collezione privata.

7 - Passeggiata a Mariec, 1923, olio su cartone, cm 21,5 x 27, collezione privata.

8 - Ritratto, 1924, olio su cartone, cm 43 x 32, collezione privata.

9 - L’amico pittore, 1924, olio su cartone, cm 23 x 32, collezione privata.

10 - Luciano Cuzzi (XX secolo), Neno Mori (Venezia, 1898 – 1970), Toni Piccolotto (Lentiai, 1903 – Nevegal, 1970), Fioravante Seibezzi (Venezia, 1906 - 1975), Barche a Venezia, 1925, olio su cartone, cm 32 x 43, collezione privata.

11 - Rovine di Roma, 1925, olio su cartone telato, cm 32 x 23, collezione privata.

12 - Roma Castel Sant’Angelo, 1925, olio su cartone, cm 23 x 32, collezione privata.

13 - Le Zattera a Venezia, 1925 circa, olio su cartone, cm 23 x 32, collezione privata.

14 - Il Bacino di San Marco verso San Giorgio in Isola, 1925 circa, olio su cartone, cm 33 x 42, collezione privata.

15 - Il modello – scuola libera del nudo, 1926, olio su cartone, cm 99 x 62, collezione privata.

16 - Studio veneziano, 1926, olio su cartone, cm 23 x 32, collezione privata.

17 - Verso l’America, 1928, olio su tavola, cm 13 x 21, collezione privata.

18 - Dalla nave, 1928, olio su tavola, cm 13,5 x 21, collezione privata.

19 - Dalla nave, 1928, olio su tavola, cm 13,5 x 21, collezione privata.

20 - Colderù, 1929, olio su tela, cm 80 x 100, collezione privata.

21 - Autoritratto, 1930, olio su tela, cm 50 x 40, collezione privata.

22 - Cacciagione, 1930, olio su tela, cm 48 x 60, collezione privata.

23 - Disgelo, 1930, olio su tavola, cm 30 x 39, collezione privata.

24 - Castagno grosso, 1931, olio su tela, cm 80 x 100, collezione privata.

25 - Pozzo romagnolo, 1931, olio su tela, cm 46 x 55, collezione privata.

26 - Canai, 1931, olio su tela, cm 85 x 105, Comune di Lentiai.

27 - Paesaggio salisburghese, 1931, olio su tavola, cm 33 x 42, collezione privata.

28 - Vanie, 1932, olio su cartone, cm 13 x 21, collezione privata.

29 - Disgelo, 1932, olio su cartone, cm 8,5 x 13,5, collezione privata.

30 - Ritratto di ragazzo, intorno agli anni Trenta del XX secolo, olio su cartone, cm 21 x 13, collezione privata.

31 - Digonera, 1934, olio su tavola, cm 48 x 60, collezione privata.

32 - La puerpera (Ritratto della moglie), 1935, olio su tavola, cm 42 x 33, collezione privata.

33 - Chiurli, 1935, olio su tavola, cm 58 x 48, collezione privata.

34 - Rustico a Pedavena, 1937, olio su tela, cm 48 x 60, collezione privata.

35 - Primavera, 1938, olio su cartone, 13x 21, collezione privata.

36 - Zinnie, 1939, olio su faesite, cm 48 x 60, collezione privata.

37 - Ritratto di vecchio, 1940, olio su tavola, cm 42 x 33, collezione privata.

38 - Casale sul Livenza, 1941, olio su cartone, cm 23 x 32, collezione privata.

39 - Alpini a Cattaro - Montenegro, 1942, olio su tavola, cm 39 x 49, collezione privata.

40 - Chiesetta di Sant’Antonio a Teodo – Bocche di Cattaro, 1942, olio su tavola, cm 39,5 x 42, collezione privata.

41 - Bocche di Cattaro – Montenegro, 1942, olio su cartone, cm 8,5 x 13,5, collezione privata.

42 - Teodo – Bocche di Cattaro, 1942, olio su cartone, cm 8,5 x 13,5, collezione privata. 

43 - L’attesa a primavera, 1943, olio su cartone, cm 13 x 21, collezione privata.

44 - Primavera a Facen, 1943, olio su cartone, cm 23 x 32, collezione privata.

45 - Ritratto di Lucio, 1945, olio su cartone, cm 32 x 22, collezione privata.

46 - Ritratto di Piero, 1946, olio su cartone, cm 42 x 33.

47 - I figli Piero e Lucio, 1947, olio su cartone, cm 33 x 42, collezione privata.

48 - Croce del Campon d’Avena, 1947, olio su faesite, cm 32 x 43, collezione privata.

49 - La Casera, 1948, olio su tavola, cm 19,5 x 23, collezione privata.

50 - Santarcangelo, 1948, olio su cartone, cm 8,5 x 13,5, collezione privata.

51 - Il roccolo, 1949, olio su cartone, cm 8,5 x 13,5, collezione privata.

52 - Composizione con narcisi, 1950, olio su faesite, cm 70 x 50, collezione privata.

53 - Natura morta, 1950, olio su cartone, cm 32 x 23, collezione privata.

54 - Luci chiare d’autunno (recto), 1952, Maria (verso), 1947, olio su faesite, cm 33 x 42, collezione privata.

54a - Luci chiare d’autunno, 1952, olio su faesite, cm 33 x 42, collezione privata.

54 MariaB, 1947, olio su faesite, cm 33 x 42, collezione privata.

 55 - Chiesetta sotto le vette, anni Cinquanta del X secolo, olio su faesite, cm 23,5 x 33, collezione privata.

56 - Autoritratto, 1953, olio su faesite, cm 43 x 32, collezione privata.

57 - La casa del Col Melon, 1954, olio su faesite, cm 45 x 65, collezione privata.

58 - Gioco sul Piave a gennaio, 1955, olio su faesite, cm 33 x 42, collezione privata.

59 - Il Fagheron del Monte Avena, 1956, olio su faesite, cm 48 x 60, C.A.I. Feltre.

60 - Neve primaverile, 1958, olio su faesite, cm 48 x 60, collezione privata.

61 - Passo Duran al “Giro”, 1961, olio su cartone, cm 13 x 21, collezione privata.

62 - Sardegna, 1963, olio su faesite, cm 50 x 70, collezione privata.

63 - Fiere di S. Luca a Treviso, 1963, olio su faesite, cm 80 x 60, collezione privata.

64 - Fiori di montagna, 1964, olio su faesite, cm 40 x 30, collezione privata.

65 - Bassano, 1964, olio su faesite, cm 80 x 60, collezione privata.

66 - Scoglio di Finale Ligure, 1965, olio su cartone, cm 8,5 x 13,5, collezione privata.

67 - Salvie rustiche, 1966, olio su faesite, cm 80 x 60, collezione privata.

68 - Barche, 1966, olio su faesite, cm 50 x 70, collezione privata.

69 - Primavera a San Gervasio – Lentiai, 1966, olio su faesite, cm 35 x 50, collezione privata.

70 - Zucca e genziane, 1967, olio su faesite, cm 60 x 80, collezione privata.

71 - La strada di Pian di Coltura, 1967, olio su faesite, cm 40 x 30, collezione privata.

72 - Disgelo, 1968, olio su faesite, cm 30 x 40, collezione privata.

73 - Covoni a Lentiai, 1968, olio su faesite, cm 50 x 70, collezione privata.

74 - Betulle, 1968, olio su faesite, cm 40 x 30, collezione privata.

75 - Scorcio sul Piave, 1968, olio su cartone, cm 8,5 x 13,5, collezione privata.

76 - Autunno, 1969, olio su faesite, cm 40 x 30, collezione privata.

77 - Il brolo, 1969, olio su faesite, cm 60 x 80, collezione privata.

78 - La neve ovunque, 1969, olio su faesite, cm 50 x 70, collezione privata.

79 - Lo Schiara, 1969, olio su cartone, cm 8,5 x 13,5, collezione privata.

80 - Silenzio bianco, 1970, olio su faesite, cm 30 x 40, collezione privata.

81 - Nevegal, ultima neve, 1970, olio su faesite, cm 30 x 40, collezione privata.

DUNKOVIC (attivo intorno alla prima metà del XX secolo), Oscuratore di finestre, 1941, acquarello su carta, cm 20 x 29, collezione privata.

 

TONI PICCOLOTTO

Cenni Biografici

1903 - Nasce a Lentiai, Belluno, Antonio Piccolotto, primo di otto fratelli.

1911–1917 - Vive nella casa natale fino al 1911; da qui, la famiglia si trasferisce in una nuova casa abitandovi fino al 1917-1918 e, in seguito, per la guerra, in un piccolo cascinale in campagna. Sin da piccino si sente attratto dal disegno e dai colori.

1918 - Dal dopoguerra, frequenta lo studio di Luigi Cima, suo primo maestro, con il quale instaura un’affettuosa e duratura amicizia, arricchita da numerosi scambi epistolari.

1919 - Da ragazzo trova e conserva due acquerelli del 1919 firmati “Cellini”, raffiguranti <<probabili compagni di prigionia, che spalavano la neve in piazza>> (A. Alban, 2000).

1921–1927 circa - Su stimolo di Luigi Cima, che lo raccomanda all’amico pittore Vincenzo De Stefani, insegnate all’Accademia di Belle Arti di Venezia, si trasferisce nella città lagunare. Per potersi iscrivere all’Accademia, deve però prima ottenere la licenza del “terzo anno comune” al collegio Tantaros (tra il 1921 e il 1922 – al conseguimento della licenza, il padre lo premia inviandogli i soldi per l'acquisto di una cassetta da pittore) e poi il diploma di “terzo anno speciale” alla Scuola d'Arte ai Carmini, che otterrà verso il 1924, al rientro dal servizio di leva. Militare a Fossano, nel 34° Fanteria, continua anche in questo contesto a dipingere, eseguendo gustose vedute delle tende militari al campo immerse tra le vallate e le montagne del cuneese. Proprio perché pittore, Gabriele D’Annunzio, in visita al campo militare, lo vuole incontrare e, si narra, chiedendogli <<Di dove sei?>>, alla risposta <<Di Lentiai>>, il poeta afferma <<Infatti, lenti hai>>, alludendo agli occhiali che fin da giovane dove portare (A. Alban, 2000). Tornato a Venezia e conseguito il diploma ai Carmini, può iscriversi all’Accademia di Belle Arti cittadina. Secondo lui, però, nelle sale dell’Accademia si dipinge poco, e per questo preferisce ben presto passare alla Scuola Libera del Nudo. In questi anni, dipinge principalmente marine, canali e campielli veneziani, ma anche paesaggi e montagne quanto ritorna nella terra natia dove, con gli amici, ama intraprendere vere e proprie escursioni sui monti. Di carattere estroso e cordiale, e di idee politicamente avverse a quelle del nascente regime, allaccia molte amicizie pure a Venezia (in modo particolare con i colleghi pittori Fioravante Seibezzi, Neno Mori, Aldo Bergamini e Carlo Dalla Zorza). Nella sua Lentiai, poiché era solito portare il bavero della giacca rialzato, è soprannominato “Pistagna”, appellativo con cui firma anche delle opere. Come il padre, diviene cacciatore e pescatore.

1925 - Alcune opere raffiguranti vedute di Roma, fanno ipotizzare un probabile viaggio nella capitale. Nella città lagunare, assieme a Fioravante Seibezzi, Neno Mori e Luciano Cuzzi, firma a quattro mani l’opera Barche a Venezia (cat. 10).

1926 - Partecipa alla XVII Esposizione dell'Opera Bevilacqua La Masa di Venezia e, unico bellunese, alla IV Esposizione d’Arte delle Tre Venezia di Padova. A Torino, partecipa alla LXXXIV Esposizione Nazionale annuale di Arti Figurative. A Venezia, conosce Giuseppe Mazzotti, che diviene suo grande amico.

1927 - Partecipa a’ La Quadriennale: esposizione nazionale di belle arti di Torino, alla V Esposizione d’Arte delle Venezie di Padova e alla XVIII Esposizione dell'Opera Bevilacqua La Masa di Venezia, dopo di che decide di tornare a vivere nella sua Lentiai.

1928 – Con un gruppo di opere dipinte a Venezia e sulle montagne del bellunese, s’imbarca per l’Argentina in cerca di fama e fortuna. A Buenos Aires, allestisce una personale presso la Galleria Witcomb, che inizialmente è poco visitata; ben presto, però, la mostra ottiene grande successo di pubblico e di vendite, grazie soprattutto alla positiva impressione avuta dal pittore Benito Quinquela Martin, allora famoso in città, che ne pubblicizza l’evento facendone parlare anche molti giornali. L’opera Manto candido è acquistata dal Museo di Belle Arti di Santa Fè; altre opere finiscono in collezioni pubbliche e private di Buenos Aires e di San Paolo. Sempre a Buenos Aires, nel nuovo negozio del sig. Luigi Grigio, nell’intento di rievocare suggestivamente Venezia con opere e suppellettili di ogni genere, Piccolotto espone alcuni dipinti raffiguranti la città lagunare. Annuncia un’altra mostra personale nella città di Rosario. Nonostante il successo, poco prima di Natale è già di ritorno a Lentiai. Del viaggio in Argentina, rimangono alcuni piccoli dipinti realizzati durante il viaggio in nave.

1929 – Partecipa alla Prima Esposizione Sindacale Fascista della Società Promotrice Delle Belle Arti di Torino.

1931 – Partecipa alla mostra provinciale di Belluno.

1931 – Allestisce una personale presso la galleria dell’Istituto Femminile APE di Roma. Il re Vittorio Emanuele III, in visita alla mostra, acquista due opere. Con il padre e la sorella, visita Hüttau, cittadina nei pressi di Salisburgo, da dove proveniva la nonna. In questi anni fu socio del C.A.I. di Feltre, all’epoca rinominato Centro Alpinistico Italiano.

1932 – Partecipa alla Prima Mostra Sindacale d'arte di Belluno di Belluno, a un’altra mostra a Padova e ancora a Belluno.

1934 – Allestisce una personale a Roma dove l’opera Pedevilla alta – paesaggio alpestre, è acquistata per il Quirinale. Riceve un sussidio a scopo di studio e ottiene il Premio all’Accademia d’Italia consistente in una borsa di studio di 10.000 Lire per un soggiorno a Parigi; con il ricavato, però, sposa Ninfa Del Fattore, di origini romagnole, e va ad abitare a Stabie. A Giugno, espone a La Spezia e a Cortina d’Ampezzo.

1935 – Nasce Pier Giorgio.

1936 – Si trasferisce a Facen di Pedavena, dove la moglie, uscita da una pericolosa malattia seguita alla nascita del primogenito, ottiene una posta come insegnante nelle locali scuole. In questi anni partecipa a mostre a Feltre, Belluno, Cortina, Milano, Venezia.

1937 – Partecipa alla XXVIII Esposizione dell'Opera Bevilacqua La Masa di Venezia, allestisce una personale a Milano e, assieme a Renzo Biason, una mostra a Feltre.

1938 – Partecipa alla XXIX Esposizione dell'Opera Bevilacqua La Masa di Venezia e allestisce altre mostre a Cortina d’Ampezzo, Belluno e Milano.

1939-1942 – Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, per un breve periodo è richiamato alle armi, con destinazione prima a Sacile (1939) e poi, dopo essere ritornato per qualche tempo a casa, a Farra d’Isonzo (marzo del 1941). Successivamente è inviato a Fiume, dove rimane sino agli inizi del 1942. Nel 1941, a Fiume, poiché sorvegliava gli ufficiali prigionieri, conosce il pittore Dunkovic, ufficiale jugoslavo prigioniero, che lo ritrae in una gustosa vignetta (fig. XXX). Nonostante l’obbligo di leva, nel 1939 partecipa alla Mostra d'Arte di Cortina d’Ampezzo e, nel 1940, con l’amico pittore Alberto Mastellotto, è presenta alla mostra di Luigi Cima, organizzata a Villa di Villa in occasione dell’ottantesimo compleanno del maestro. Partecipa ancora alla XXXI Esposizione dell'Opera Bevilacqua La Masa di Venezia (1940) e, nel 1941, alla V Mostra d'Arte del Sindacato Provinciale di Belluno e allestisce una personale a Cortina d'Ampezzo. Nuovamente chiamato alle armi da maggio a dicembre del 1942 alle Bocche di Cattaro, dov’è destinato, è più pittore che soldato e, a ottobre, allestisce una nutrita Mostra d'Arte – Impressioni Pittoriche del Paesaggio Bocchese - del Fante T. Piccolotto con opere ispirate a quei luoghi. L’esposizione ebbe una gratifica dal Ministro della Guerra. Nel dicembre si congeda e ritorna a Facen.

1944 – Per dipingere en plain air, dove farsi rilasciare speciali permessi dai tedeschi; nonostante ciò, alti ufficiali acquistano suoi dipinti. Nasce il secondogenito Lucio.

1945 – Dopo la guerra, passa con la famiglia i mesi estivi in una “casera” sul Col Melon, sopra Pedavena.

1946 – Allestisce una personale a Belluno e inaugura in questo periodo la “Piccola Galleria d'Arte” di Feltre, dell'amico pittore Bruno Milano. Antifascista e socialista, è tra i primi ad aderire alla sezione socialista di Lentiai, dove sarà per lunghissimi anni militante e attivista convinto.

1947 – Allestisce personali a Feltre e Belluno, e partecipa alla Mostra d’Arte della Montagna di Gorizia.

1949 – Torna a stabilirsi a Lentiai, <<dove la moglie aveva ottenuto un posto nelle locali scuole elementari>> (A. Alban, 2000). Partecipa a mostre locali.

1951 – Allestisce personali a Feltre, a Belluno e partecipa alla Mostra degli artisti bellunesi e feltrini e alla mostra pro alluvionati del Polesine, entrambe organizzate a Belluno.

1952 – Si costruisce una piccola casa di montagna sul Col Melon, sopra Pedavena. Ha il titolo di “maestro d'arte” ma, nonostante tutta la famiglia sia costretta a vivere con lo stipendio d’insegnate della moglie, egli preferisce dedicarsi interamente alla pittura.

1953 – Allestisce e partecipa ad altre mostre.

1954 – Allestisce personali a Feltre e a Belluno e partecipa alla mostra collettiva di Pieve di Cadore.

1955 – Allestisce personali a Feltre e Belluno. E' socio del Circolo Artistico di Feltre.

1956 – Allestisce personali a Treviso e a Lentiai.

1957 – Allestisce personali a Belluno e a Feltre.

1959 – Alcune fonti parlano di un viaggio a Parigi. Allestisce una personale a Belluno e, sempre a Belluno, partecipa alla Mostra Provinciale di Pittura e Scultura.

1960 – Negli anni Sessanta ottiene molti riconoscimenti e diversi giovani pittori frequentano il suo studio: con loro, talvolta torna a Venezia, dove incontra i vecchi amici pittori. Allestisce altre personali, tra cui una a Susin di Sospirolo. In questi anni le fonti parlano di partecipazioni a mostre a Firenze, Trieste e in altre città.

1961 – Il figlio maggiore si laurea e si rende autonomo. Partecipa alla mostra ex tempore di Longarone, dove gli è assegnato il secondo premio, consistente nella coppa offerta dal commendator Leonardo De Mas di Longarone.

1962 – Partecipa al Concorso di Pittura Estemporanea di Agna, dove gli è assegnata la coppa offerta dall’ALCE, Azienda Libraria Cartografica Editoriale di Padova, e all’estemporanea di Mel.

1963 – Partecipa alla III Mostra Concorso Nazionale di Pittura “La caccia” di Belluno e si aggiudica Medaglia d’Oro della Presidenza del Senato e il Nettuno del Resto del Carlino. Partecipa a una mostra ex tempore a Olbia e a Treviso. Ha recentemente fatto un soggiorno a Salisburgo.

1964 – Si aggiudica il Secondo Premio, l’”Agnello d’Argento”, alla Mostra dei pittori bellunesi “Agnello d'Oro” di Bressanone e partecipa alle mostre estemporanee di Feltre, dove si aggiudica la Medaglia d’Oro, di Bassano del Grappa, di Agna e di Suzzara (?). In questi anni, ha inizio una fastidiosa malattia agli occhi. Sempre più frequentemente ritorna a Venezia in compagnia degli amici pittori, e allievi, Sovilla, Bristot, Da Re, Balzan, Perera. È consigliere della F.I.P.S., Federazione Italiana Pesca Sportiva. Al Restaurant – Birreria Gösser di Cortina d’Ampezzo è allestita una mostra permanente di sue opere.

1965 – Allestisce personali a Bassano del Grappa, a Feltre (dove si aggiudica la Medaglia d’Argento del Comune di Feltre) e a Belluno.

1967 – Partecipa alle mostre e alle estemporanee di Agna, Auronzo di Cadore, Agordo (dove si aggiudica un premio speciale) e Borca di Cadore.

1968 – È ricoverato in ospedale; dalla finestra della sua stanza dipinge piccoli quadretti aventi come sfondo il gruppo montuoso della Schiara.

1969 – Allestisce, assieme all’amico pittore Sovilla, una personale a Venezia.

1970 – Il sabato mattina dell’11 aprile, mentre dipinge l’ultima neve primaverile, muore sul Nevegal. Stava preparando una personale che doveva essere allestita presso la Galleria d'Arte Cortina di Milano con la presentazione del conterraneo Dino Buzzati. In questo stesso anno, il Comune di Lentiai dedica alla sua memoria un concorso di pittura che avrà molte edizioni.

 

 

TONI PICCOLOTTO

Alcune Esposizioni

XVII Esposizione dell'Opera Bevilacqua La Masa, Venezia, 1926.

IV Esposizione d’Arte delle Tre Venezia, a cura della Società di Belle Arti, Padova, Salone della Ragione, maggio – giugno 1926.

LXXXIV Esposizione Nazionale annuale di Arti Figurative, a cura della Società Promotrice delle Belle Arti, Torino, Palazzo al Valentino, 1926

La Quadriennale: esposizione nazionale di belle arti, Società Promotrice delle Belle Arti, Torino, Palazzo al Valentino, aprile – maggio 1927.

V Esposizione d’Arte delle Venezie, Padova, Palazzo della Ragione, giugno 1927.

XVIII Esposizione dell'Opera Bevilacqua La Masa, Venezia, Lido, Palazzo dell'Esposizione,  6 luglio - 30 settembre 1927.

Antonio Piccolotto – Impresiones de la nieve, Buenos Aires, Galerias Witcomb, 29 ottobre – 10 novembre 1928.

Prima Esposizione Sindacale Fascista della Società Promotrice Delle Belle Arti, catalogo, Torino, 1929.

Mostra Provinciale d’Arte, Belluno, Centro di Cultura, 1930.

Mostra personale, Roma, Istituto Femminile APE, 1931.

Prima Mostra Sindacale d'arte di Belluno, Belluno, Palazzo della Corte d'Assise, 1932.

Mostra personale, Belluno, Palazzo Gaggia, 3 – 18 luglio 1932.

Mostra personale, Padova, Palazzo Mion, 1932.

Mostra personale di Toni Piccolotto, Roma, primavera 1934.

Toni Piccolotto, presentazione in catalogo di B. CESTARO, La Spezia, Casa d'Arte, giugno 1934.

Mostra di pittori di montagna, Cortina d’Ampezzo, 1934.

Mostra personale, Feltre, Caffè Grande, 1936.

Mostra di Toni Piccolotto, Feltre, Palazzo Zugni, 10 – 24 dicembre 1936.

XXVIII Esposizione dell'Opera Bevilacqua La Masa, Sindacato Interprovinciale Fascista Belle Arti, Venezia, 1937.

Toni Piccolotto, Milano, Casa d'Artisti, 30 ottobre – 9 novembre 1937.

Mostra di Toni Piccolotto e Renzo Biason, Feltre, Caffè Grande, 1937.

XXIX Esposizione dell'Opera Bevilacqua La Masa, Sindacato Interprovinciale Fascista Belle Arti, Venezia, 1938.

Mostra personale, Belluno, Albergo Cappello, luglio 1938.

Mostra di Toni Piccolotto, Cortina d’Ampezzo, 1938.

Mostra personale, Milano, Galleria San Marco, 1938.

Mostra personale, Milano, Casa degli Artisti, 1938 [?].

Mostra d'Arte, a cura dell'O.N.D. in collaborazione con l'Azienda di Soggiorno e Turismo, Cortina d’Ampezzo, 1 – 20 agosto 1939.

XXXI Esposizione dell'Opera Bevilacqua La Masa, Sindacato Interprovinciale Fascista Belle Arti, Venezia, 1940.

V Mostra d'Arte del Sindacato Provinciale di Belluno, a cura dell'Unione Provinciale Fascista Professionisti e Artisti di Belluno, Cortina d'Ampezzo, 10 – 30 agosto 1941, Belluno, 1 – 10 settembre 1941.

Mostra d'Arte – Impressioni Pittoriche del Paesaggio Bocchese - del Fante T. Piccolotto, Cattaro, ottobre - novembre 1942.

Mostra personale, Belluno, Bottega del Libro, giugno 1946.

Mostra di Toni Piccolotto, Feltre, Piccola Galleria d'Arte, 1947 [?].

Mostra di Toni Piccolotto, Belluno, Bottega del Libro, 1947.

Mostra d’Arte della Montagna, Gorizia, Palazzo Attems, 12 – 27 aprile 1947.

Mostra di Piccolotto, [?], Circolo Artistico, primavera 1947.

Mostra personale, Feltre, Caffè Grande, 1947.

Mostra di Toni Piccolotto, Feltre, caffè Grande, 1951.

Mostra degli artisti bellunesi e feltrini, a cura dei Sindacati Provinciali Autonomo e Aderente alla C.I.S.L., Artisti Pittori Scultori e Incisori, Sezioni Provinciali di Belluno, Venezia, Opera Bevilacqua La Masa, 14 – 27 luglio 1951.

Mostra di Toni Piccolotto, Belluno, Ufficio Turistico, novembre 1951.

Mostra pro alluvionati del Polesine, Belluno, Ufficio Turistico, dicembre 1951.

Mostra personale, [?], giugno 1953.

Mostra personale, a cura del Circolo Artistico di Feltre, Feltre, Caffè Grande, 1954.

Mostra collettiva di artisti bellunesi, Pieve di Cadore, Palazzo della Magnifica Comunità Cadorina, 15 agosto - ? 1954.

Mostra personale, Feltre, Piccola Galleria Permanente, 1954.

Mostra personale, Belluno, Ufficio Turistico, 20 giugno – 15 luglio 1954.

Mostra personale di Toni Piccolotto, Feltre, Piccola Galleria d'Arte “Al Sole”, 11 – 24 giugno 1955.

Mostra personale, Belluno, Ufficio Turistico, dicembre 1955.

Mostra personale di Toni Piccolotto, Treviso, Galleria del Libraio, 25 giugno – 6 luglio 1956.

Mostra personale, Lentiai, Palazzo Municipale, 12 – 20 agosto 1956.

Mostra personale, Feltre, Caffè Mimiola, [?] marzo – 10 aprile 1957.

Mostra personale di Toni Piccolotto, Belluno, Ufficio Turistico, 14 novembre – 10 dicembre 1957.

Mostra di Toni Piccolotto, Feltre, Trattoria “Al sole”, “Piccola Galleria”, [?].

Mostra personale, Belluno, Caffè Manin, 1959.

Mostra Provinciale di Pittura e Scultura, a cura del Sindacato Italiano Artisti Belle Arti, Belluno, Palazzo dei Vescovi (Auditorium), 20 settembre – 2 ottobre [?].

Mostra personale, [?], Caffè Bellevue, 1960.

Mostra personale, Susin di Sospirolo, Albergo Doglioni, agosto 1960.

Mostra, Firenze, [?].

Mostra, Trieste, [?].

Mostra di pittura estemporanea “Tavolozza d'oro”, a cura del Circolo Artistico “Ordine del Cappello”, Longarone, [?].

Concorso di Pittura Estemporanea di Agna, Agna, settembre 1962.

Mostra di pittura estemporanea, Mel, 1962.

III Mostra Concorso Nazionale di Pittura “La caccia”, a cura della Città di Belluno, Azienda Autonoma di Turismo e Circolo Artistico “Ordine del Cappello”Belluno, Palazzo dei Vescovi (Auditorium), settembre – ottobre 1963.

Terzo Concorso di Mostra estemporanea, Olbia, dal 19 settembre 1963.

Mostra di pittura estemporanea, Treviso, 1963.

Mostra dei pittori bellunesi - Premio “Agnello d'Oro”, Bressanone, Circolo Artistico, 1964.

Mostra di pittura estemporanea, Feltre, settembre 1964.

Mostra di pittura estemporanea, Bassano del Grappa, 1964.

Concorso di Pittura Estemporanea di Agna, Agna, 1964.

Mostra di pittura estemporanea, Suzzara 1964 [?].

Il pittore Piccolotto, a cura del Circolo Arte Bassanese, Bassano del Grappa, Pick Bar, dal 17 luglio 1965.

Terzo Concorso di Pittura estemporanea, Feltre, Palazzo Tominato, fino al 26 settembre 1965.

Mostra di Toni Piccolotto, Belluno,Galleria alla Cornice, 1965.

Mostra di Toni Piccolotto, Belluno [?],Galleria Deon, novembre 1965.

Concorso di Pittura Estemporanea di Agna, Agna, 1967.

Primo Concorso Provinciale di Pittura “La Diana Cadorina”, Auronzo di Cadore, 1967.

Mostra di pittura estemporanea, Agordo, 1967.

Mostra di pittura estemporanea, Agordo, 1967.

Mostra di pittura e scultura di artisti bellunesi, Borca di Cadore, Scuola Elementare, luglio – agosto 1967.

Mostra personale dei pittori Toni Piccolotto e Carlo Sovilla, Venezia, Galleria Fontana, 1 – 15 marzo 1969.

1° Primo concorso di pittura ex tempore “Toni Piccolotto”, Lentiai, 3 – 18 ottobre 1970; successiva esposizione delle opere partecipanti, Lentiai, Sala Operaia, fino al 18 ottobre 1970.

Piccolotto, Venezia, Galleria Bevilacqua La Masa, 10 – 22 febbraio 1973.

2° Concorso di pittura ex tempore “Toni Piccolotto”, Lentiai, Scuola Media, 30 – 31 marzo 1974; successiva esposizione delle opere partecipanti, Lentiai, Sala Operaia, fino al 18 ottobre 1974.

Toni Piccolotto, Feltre, Galleria d’Arte Al Sole, dal 2 aprile 1975.

Mostra retrospettiva dei pittori Juti Ravenna e Toni Piccolotto, Castelfranco Veneto, Galleria del Teatro Accademico, 12 maggio – 3 giugno 1977, Castelfranco Veneto, 1977.

1&Arredamont, Longarone, settembre 1978.

Mostra antologica delle opere di Toni Piccolotto, itinerante, a cura della Comunità Montana Bellunese, Belluno, Palazzo Auditorium, 23 luglio – 18 agosto 1980.

Mostra antologica delle opere di Toni Piccolotto, itinerante, Valdobbiadene, Villa dei Cedri, settembre 1980.

Mostra antologica delle opere di Toni Piccolotto, itinerante, Lentiai, Scuola Media, ottobre - novembre 1980.

Opere inedite di Toni Piccolotto (dal 1920 al 1940), a cura de’ La Bottega del Quadro di Feltre, Feltre, La Bottega del Quadro di Feltre, 23 maggio – 13 giugno 1981.

2° Premio di Pittura Toni Piccolotto. Retrospettiva: Ocri-Coletti, a cura del Comitato culturale, Pro loco, Lentiai, Scuola Media, 24 giugno - 21 luglio 1984.

Opere inedite di Toni Piccolotto, a cura de’ La Bottega del Quadro di Feltre, Feltre, La Bottega del Quadro di Feltre, 25 maggio – 20 giugno 1985.

Pittori nel paesaggio – Dipinti veneti 1910 – 1950, a cura di MARCO GOLDIN, Castelfranco Veneto, Casa di Giorgione, 21 dicembre 1985.

3° Premio Toni Piccolotto, Lentiai, Scuola Media, 1987.

Fiori in libertà – Collettiva Artisti del Triveneto, catalogo, Bibione, Colonia Marina “Pio XII”, 10 luglio – 16 agosto 1988.

4° Premio Toni Piccolotto per le Arti Figurative, Plastiche e Grafiche - Omaggio a Luigi Cima, Lentiai, Scuola Media, 28 agosto – 11 settembre 1988.

Il fiore delle Dolomiti, catalogo, Santo Stefano di Cadore, Municipio, Sala Consigliare, 23 luglio – 27 agosto 1989.

Piccolotto a Facen, Facen, Comunità di Villa San Francesco, 11 maggio – 3 giugno 1990.

1^ Rassegna d’Arte Triveneta “Toni Piccolotto”, catalogo a cura di MARIO MORALES, FRANCA VISENTIN, FLAVIO GRIGOLETTO, ANTONELLA ALBAN, Lentiai, Scuola Media Statale, 19 agosto – 4 settembre 1990.

2^ Rassegna d’Arte Triveneta “Toni Piccolotto”, catalogo a cura di ANTONELLA ALBAN, FLAVIO GRIGOLETTO, MARIO MORALES, FRANCA VISENTIN, Lentiai, Scuola Media Statale, 23 agosto – 6 settembre 1992.

Terza Rassegna d’Arte Triveneta T. Piccolotto, catalogo a cura di ANTONELLA ALBAN, FLAVIO GRIGOLETTO, MARIO MORALES, FRANCA VISENTIN, Lentiai, Scuola Media Statale, 21 agosto – 4 settembre 1994.

Quarta Rassegna d’Arte Triveneta T. Piccolotto, catalogo a cura di ANTONELLA ALBAN, MARIO MORALES, LORENZO DURANTE, Lentiai, Scuola Media Statale, 11 - 25 agosto 1996.

5^ Rassegna d'ARTE Triveneta Toni Piccolotto - Paesaggi, a cura di GABRIELLA BORTOLOT, s. l., s. n., 1998.

3^ Edizione Mostra di Grafica Pittura Scultura Artisti della Castellana – Omaggio a Franco Fiabane, Augusto Murer, Toni Piccolotto, Castelfranco Veneto, Bella Venezia, Scuola Materna, 11 – 19 luglio 1998.

Pio Solero e un cenacolo a Sappada, catalogo a cura di MARCO GOLDIN e LAURA CIABATTI, Sappada, Sala Bonanni, 27 giugno – 13 settembre 1998, Seregno, Galleria Civica “Ezio Mariani”, 3 – 25 ottobre 1998.

La memoria del futuro, Comunità di Villa San Francesco Facen di Pedavena, maggio 2000.

T. Piccolotto: uomo e artista, a cura di ANTONELLA ALBAN, FLAVIA COLLE, PIERO PICCOLOTTO, Lentiai, Scuola Media, 20 agosto – 3 settembre 2000.

Luigi Cima ed i suoi allievi, Mel, catalogo a cura di ANTONELLA ALBAN, Palazzo delle Contesse, 22 dicembre 2000 – 28 gennaio 2001.

Mostra collettiva di pittori veneti, Camposampiero, Hotel Al Tezzon, autunno 2002.

Paesaggio veneto: Toni Piccolotto e i pittori lagunari tra le due guerre da Semeghini a Guidi, a cura di ANTONELLA ALBAN, Mel, Palazzo delle Contesse, 13 dicembre 2003 – 8 febbraio 2004.

Dalla scuola bellunesi del novecento: Luigi Cima, Toni Piccolotto, Carlo Sovilla, San Vito di Cadore, Scuole elementari, 3 al 29 agosto 2007.

Colori e luci del '900 bellunese, 1900 – 1950, catalogo a cura di ANTONELLA ALBAN, San Vito di Cadore, Scuole Elementari, 6 agosto – 2 settembre 2008.

La Neve nell'Arte, Folgarida di Dimaro, Centro Congressi Alla Sosta dell'Imperatore, dicembre 2009 – 24 gennaio 2010.

 

 

TONI PICCOLOTTO

Stralci di Bibliografia

 XVII Esposizione dell'Opera Bevilacqua La Masa, catalogo, Venezia, 1926.

IV Esposizione d’Arte delle Tre Venezia, a cura della Società di Belle Arti, Padova, Salone della Ragione, maggio – giugno 1926, Padova, 1926, pp. 13, 25, 89.

LXXXIV Esposizione Nazionale annuale di Arti Figurative, a cura della Società Promotrice delle Belle Arti, Torino, Palazzo al Valentino, Torino, 1926.

TANCRÈDE VIALA, Les Oeuvre d’Antonio Piccolotto à l’Exposition des Beaux-Arts de Turin, in “Revue du Vrai et du beau”, 25 marzo 1926, anno VIII, n. 129, p. 12.

La Quadriennale: esposizione nazionale di belle arti, Società Promotrice delle Belle Arti, Torino, Palazzo al Valentino, aprile – maggio 1927, Torino, 1927.

V Esposizione d’Arte delle Venezie, Padova, Palazzo della Ragione, giugno 1927, Padova, 1927.

La visita a Padova del Principe Ereditario tra vibranti manifestazioni di devozione e di affetto – Il Principe alla Mostra d’Arte, in “Il Gazzettino”, 14 giugno 1927.

XVIII Esposizione dell'Opera Bevilacqua La Masa, catalogo, Venezia, Lido, Palazzo dell'Esposizione,  6 luglio - 30 settembre 1927, Venezia, 1927.

TANCRÈDE VIALA, Prossima esposizione di Piccolotto da Witcomb, in “La Patria degli Italiani”, Buenos Aires, 26 ottobre 1928.

Antonio Piccolotto – Impresiones de la nieve, opuscolo della mostra, Buenos Aires, Galerias Witcomb, 29 ottobre – 10 novembre 1928, Buenos Aires, 1928.

 “La Prensa”, 1928.

Nevicate, in “Giornale d’Italia” [?], Buenos Aires [?], 1928.

Domani si chiude l’Esposizione Piccolotto, in “Giornale d’Italia” [?], Buenos Aires [?], 9 novembre 1928.

Esposizione Antonio Piccolotto, in “Giornale d’Italia”, Buenos Aires [?], 10 novembre 1928.

Un angolo di Venezia a Buenos Aires, in “La Patria degli Italiani”, 11 novembre 1928.

Un bel successo del pittore Antonio Piccolotto, in “Giornale d’Italia” [?], Buenos Aires [?],  novembre [?] 1928.

Un bel successo del pittore Antonio Piccolotto, in “La Patria degli Italiani”, Buenos Aires, [?] novembre 1928.

L’esposizione Piccolotto s’è chiusa, in “La Patria degli Italiani”, 19 novembre 1928.

BENITO QUINQUELA MARTIN, in “La Prensa”, Buenos Aires, 1928.

Humilde Casita, de Antonio Piccolotto, in “Avrea”, [?] 1928, p. 12.

Prima Esposizione Sindacale Fascista della Società Promotrice Delle Belle Arti, catalogo, Torino, 1929.

TANCREDE VIALA, Les ouvres d’Antonio Piccolotto, in “Revue du Vrai e du Beau”, Torino, 25 marzo 1929.

P. S., Toni Piccolotto, in “Il Messaggero”, Roma, marzo 1931.

Mostra Provinciale d’Arte, Belluno, Centro di Cultura, 1930.

O. S., La prima mostra sindacale a Belluno, 1930.

MEMI BARTOLINI, Mostra d’arte a stramontagna, in “Il Popolo”, Roma, 17 maggio 1930.

Mostra personale, Istituto Femminile APE, Roma, 1931.

G. R., Tony Picciolotto [sic!] all’Ape, in “Rassegna dell’istituzione artistica”, Urbino, anno secondo, n. 2, aprile 1931, anno IX, p. 126.

B. CESTARO, La mostra del pittore Piccolotto, in “Il Veneto”, 18 febbraio 1932.

Prima Mostra Sindacale d'arte di Belluno, Belluno, Palazzo della Corte d'Assise, Belluno, 1932.

O.S., La Prima Mostra Sindacale d'arte di Belluno, in [?], febbraio [?].

Mostra personale, Belluno, Palazzo Gaggia, 3 – 18 luglio 1932, Belluno, 1932.

MIRKO GORZA, Il pittore Toni Piccolotto, in [?], 1932.

Una bella mostra d’arte, in “[?], 1932.

Mostra personale, Padova, Palazzo Mion, 1932, Padova, 1932.

Una bella mostra, in [?], [?].

MIRKO GORZA, Il pittore Toni Piccolotto, in [?], [?].

Mostra personale di Toni Piccolotto, Roma, primavera 1934, Roma, 1934.

Toni Piccolotto, presentazione in catalogo di B. CESTARO, La Spezia, Casa d'Arte, 1934, La Spezia, 1934.

LUIGI ROSSI, La mostra del pittore Toni Piccolotto, in “Il Giornale d'Italia”, La Spezia, 23 giugno 1934.

La mostra del pittore Toni Piccolotto, in “Il Giornale d'Italia”, La Spezia, 23 giugno 1934.

La mostra Piccolotto, in “Il Giornale d'Italia” [?],  giugno 1934.

La mostra del pittore Toni Piccolotto, in “Il Telegrafo”, La Spezia, 29 giugno 1934.

LUIGI CARDINALE, La mostra del pittore Toni Piccolotto, in [?], giugno [?] 1934.

Espone quattro opere nella Sale “E”, [?], luglio 1934.

Antonio Piccolotto, in [?], [?], 1934.

Mostra di pittori di montagna, Cortina d’Ampezzo, 1934.

Mostra personale, Feltre, Caffè Grande, 1936.

L. P., La mostra del pittore Toni Piccolotto, in [?], 1936.

Mostra di Toni Piccolotto, Feltre, Palazzo Zugni, 10 – 24 dicembre 1936, Feltre, 1936.

XXVIII Esposizione dell'Opera Bevilacqua La Masa, catalogo, Sindacato Interprovinciale Fascista Belle Arti, Venezia, 1937.

Toni Piccolotto, Milano, Casa d'Artisti, 30 ottobre – 9 novembre 1937, Milano, 1937.

La mostra del pittore Toni Piccolotto, in [?], [?].

Casa d’artisti, in “Perseo”, Milano, novembre 1937.

MARIO TORTORA, Artisti bellunesi: Toni Piccolotto, in [?], dicembre 1937.

Mostra di Toni Piccolotto e Renzo Biason, Feltre, Caffè Grande, 1937.

XXIX Esposizione dell'Opera Bevilacqua La Masa, catalogo, Sindacato Interprovinciale Fascista Belle Arti, Venezia, 1938.

Mostra personale, Belluno, Albergo Cappello, luglio 1938, Belluno, 1938.

Mostra di Toni Piccolotto, Cortina d’Ampezzo, 1938.

SILVIO TOMMASINI, Nevi e autunno alla mostra di Toni Piccolotto, in [?], 26 luglio 1938.

Mostra personale, Milano, Galleria San Marco, 1938, Milano, 1938.

Mostra personale, Milano, Casa degli Artisti, 1938 [?], Milano, 1938 [?].

Mostra d'Arte, a cura dell'O.N.D. in collaborazione con l'Azienda di Soggiorno e Turismo, Cortina d’Ampezzo, 1 – 20 agosto 1939, Cortina d’Ampezzo, 1939.

XXXI Esposizione dell'Opera Bevilacqua La Masa, catalogo, Sindacato Interprovinciale Fascista Belle Arti, Venezia, 1940.

V Mostra d'Arte del Sindacato Provinciale di Belluno, catalogo a cura dell'Unione Provinciale Fascista Professionisti e Artisti di Belluno, Cortina d'Ampezzo, 10 – 30 agosto 1941, Belluno, 1 – 10 settembre1941, Belluno, 1941.

Mostra d'Arte – Impressioni Pittoriche del Paesaggio Bocchese - del Fante T. Piccolotto, Cattaro, 28 ottobre 1942, Cattaro, 1942.

L'Ecc. il Prefetto inaugura la mostra personale di pittura del fante T. Piccolotto, in “Bocche di Cattaro”, Cattaro, 2 novembre 1942.

Mostra personale, Belluno, Bottega del Libro, giugno 1946, Belluno, 1946.

L. E., La <<personale>> di Toni Piccolotto, in “Il Gazzettino”, Belluno, 19 giugno 1946.

Mostra di Toni Piccolotto, Feltre, Piccola Galleria d'Arte, 1947 [?], Feltre [?].

Mostra di Toni Piccolotto, Belluno, Bottega del Libro, 1947, Belluno, 1947.

Mostra d’Arte della Montagna, catalogo delle opere, Gorizia, Palazzo Attems, 12 – 27 aprile 1947, Gorizia, 1947, n. 37.

Mostra di Piccolotto, [?], Circolo Artistico, primavera 1947, [?], 1947.

Alla mostra del “Circolo Artistico”, in “Il Gazzettino”, 23 aprile 1947.

Mostra personale, Feltre, Caffè Grande, 1947.

Mostra di Toni Piccolotto, Feltre, caffè Grande, 1951, Feltre, 1951.

Mostra degli artisti bellunesi e feltrini, presentazione di VIRGINIO A. DOGLIONI, a cura dei Sindacati Provinciali Autonomo e Aderente alla C.I.S.L., Artisti Pittori Scultori e Incisori, Sezioni Provinciali di Belluno, Venezia, Opera Bevilacqua La Masa, 14 – 27 luglio 1951, Venezia, 1951.

Artisti bellunesi e feltrini a Venezia, in “Il Gazzettino”, Belluno, 21 luglio 1951.

Quando manca natura, in “Il Gazzettino”, Belluno, 21 agosto 1951.

Mostra di Toni Piccolotto, Belluno, Ufficio Turistico, novembre 1951, Belluno, 1951.

L. P., Toni Piccolotto all’Ufficio Turistico, in “Il Gazzettino”, 16 novembre 1951.

Mostra pro alluvionati del Polesine, Belluno, Ufficio Turistico, dicembre 1951, Belluno, 1951.

[?], 14 dicembre 1951.

La mostra al <<Turistico>> pro alluvionati del Polesine, in “Il Gazzettino”, Belluno, 15 dicembre 1951.

Mostra personale, [?], giugno 1953, [?], 1953.

ENNEBI, La personale di Toni Piccolotto, in “Il Gazzettino”, Belluno, 6 giugno 1953.

Malghe, in “Il Gazzettino”, Belluno, 13 settembre 1953.

Mostra personale di Toni Piccolotto, a cura del Circolo Artistico di Feltre, Feltre, Caffè Grande, 1954, Feltre, 1954.

GIANNINA LANZONI, Artisti a Feltre – Toni Piccolotto nella sua “mostra personale”, in “Il Giornale del Feltrino”, 15 maggio 1954.

Toni Piccolotto alla Piccola permanente, in “Il Gazzettino”, Belluno, maggio 1954.

V. T., Toni Piccolotto “pittore di nevi”, in “Il Gazzettino”, 1954.

Si apre al <<Turistico>> una mostra di Toni Piccolotto, in “Il Gazzettino”, Belluno, 20 giugno 1954.

Mostra collettiva di artisti bellunesi, Pieve di Cadore, Palazzo della Magnifica Comunità Cadorina, 15 agosto - ? 1954, Pieve di Cadore, 1954.

Mostra personale, Belluno, Ufficio Turistico, 20 giugno – 15 luglio 1954,  Belluno, 1954.

Mostra personale, Feltre, Piccola Galleria Permanente, 1954.

Mostra personale di Toni Piccolotto, Feltre, Piccola Galleria d'Arte “Al Sole”, 11 – 24 giugno 1955, Feltre, 1955.

Mostra personale, Belluno, Ufficio Turistico, dicembre 1955, Belluno, 1955.

A. B., La mostra personale di Toni Piccolotto, in “Il Gazzettino”, Belluno, 29 dicembre 1955.

[?], dicembre 1955.

Mostra personale di Toni Piccolotto, Treviso, Galleria del Libraio, 25 giugno – 6 luglio 1956, Treviso, 1956.

G. B. S., Toni Piccolotto, in “Il Gazzettino”, Treviso, 1 luglio 1956.

GINO STRIULI, Il pittore delle nevi – Visioni del Cadore nella personale di Piccolotto, in “Il Gazzettino Sera”, Venezia, 2 luglio 1956.

Mostra personale, Lentiai, Palazzo Municipale, 12 – 20 agosto 1956, Lentiai, 1956.

C. COMEL, Toni Piccolotto espone a Lentiai, in “Il Gazzettino”, Belluno, 15 agosto 1956.

Mostra di Toni Piccolotto, Belluno, Caffè Manin, febbraio – marzo 1957.

R. D'A., Al “Manin” trenta tele del Piccolotto, in [?], 25 febbraio 1957.

L. BER., Romana D’Ambros e Toni Piccolotto, in [?], 1957 [?].

Mostra personale, Feltre, Caffè Mimiola, [?] marzo – 10 aprile 1957, Feltre, 1957.

Feltre – Alla personale di Toni Piccolotto…, in [?], [?] 1957.

G. L., La nuova <<personale>> del pittore Toni Piccolotto, in “Il Gazzettino”, Belluno, 29 marzo 1957.

Mostra personale di Toni Piccolotto, Belluno, Ufficio Turistico, 14 novembre – 10 dicembre 1957, Belluno, 1957.

GINO SILVESTRI, Toni Piccolotto pittore coerente, in “Il Gazzettino”, Belluno, novembre 1957.

Paesaggio di montagna, in “Il Gazzettino”, Belluno, 27 novembre 1957.

Mostra di Toni Piccolotto, Feltre, Trattoria “Al sole”, “Piccola Galleria”, [?].

Mostra personale, Belluno, Caffè Manin, 1959, Belluno, 1959.

R. D’A., Trenta tele di Piccolotto, in “Il Gazzettino”, Belluno, 25 febbraio 1959.

LUCIANA AVAGLIO CERONI, Il pittore Toni Piccolotto, in “Il Duemilista”, Palermo, 1959.

Mostra Provinciale di Pittura e Scultura, a cura del Sindacato Italiano Artisti Belle Arti, Belluno, Palazzo dei Vescovi (Auditorium), 20 settembre – 2 ottobre [?], Belluno, [?].

Mostra personale, [?], Caffè Bellevue, 1960, [?], 1960.

La mostra di Piccolotto, in “Il Gazzettino”, Belluno, 28 febbraio 1960.

La personale di Piccolotto si chiuderà martedì, in “Il Gazzettino”, 28 febbraio 1960.

Mostra personale, Susin di Sospirolo, Albergo Doglioni, agosto 1960, Susin di Sospirolo, 1960.

Piccolotto espone a Susin di Sospirolo, in “Il Gazzettino”, Belluno, 11 agosto 1960.

Mostra, Firenze, [?].

Mostra, Trieste, [?].

Mostra di pittura estemporanea “Tavolozza d'oro”, a cura del Circolo Artistico “Ordine del Cappello”, Longarone, [?], Longarone, [?].

L'ex tempore di Longarone – Ad un pittore trentino la <<Tavolozza d'oro>>, in [?], [?].

Concorso di Pittura Estemporanea di Agna, Agna, settembre 1962, Agna, 1962.

Mostra di pittura estemporanea, Mel, 1962.

III Mostra Concorso Nazionale di Pittura “La caccia”, a cura della Città di Belluno, Azienda Autonoma di Turismo e Circolo Artistico “Ordine del Cappello”Belluno, Palazzo dei Vescovi (Auditorium), settembre – ottobre 1963, Belluno, 1963.

Il “Nettuno” assegnato al pittore Piccolotto, in “Il Resto del Carlino”, Belluno, 23 settembre 1963.

La mostra di pittura sulla caccia, in “Il Resto del Carlino”, 1963.

Gli artisti premiati dalla giuria al concorso nazionale di pittura, in “Il Resto del Carlino”, 28 settembre 1963.

Foto della consegna dei premi, in “Il Resto del Carlino”, settembre 1963.

Terzo Concorso di Mostra estemporanea, Olbia, dal 19 settembre 1963.

Oggi l’inaugurazione dell’estemporanea di Olbia, in “La Nuova Sardegna”, 19 settembre 1963.

Mostra di pittura estemporanea, Treviso, 1963.

RENZO CORTINA, Anche tra gli sportivi vi sono grandi artisti – Toni Piccolotto il pittore della neve, in “Calcio Lombardo”, Milano, agosto 1964.

RENZO CORTINA, Toni Piccolotto il pittore della neve, in “MilanInter”, Milano, agosto 1964.

Mostra permanente di Toni Piccolotto (volantino), Cortina d’Ampezzo, Restaurant – Birreria Gösser, s.d.

Mostra dei pittori bellunesi - Premio “Agnello d'Oro”, Bressanone, Circolo Artistico, 1964.

Italo Pradella vincitore dello <<Agnello d’Oro>> di Bressanone, in “Il Resto del Carlino”, 2 settembre 1964.

Mostra di pittura estemporanea, Feltre, settembre 1964.

Cento vedute feltrine, in “Il Gazzettino”, Belluno, 14 settembre 1964.

Mostra di pittura estemporanea, Bassano del Grappa, 1964.

Toni Piccolotto, in “Il Giornale di Vicenza”, 27 ottobre 1964.

Concorso di Pittura Estemporanea di Agna, Agna, 1964.

Mostra di pittura estemporanea, Suzzara, 1964 [?].

Il pittore Piccolotto, a cura del Circolo Arte Bassanese, Bassano del Grappa, Pick Bar, dal 17 luglio 1965, Bassano del Grappa, 1965.

Terzo Concorso di Pittura estemporanea, Feltre, Palazzo Tominato, fino al 26 settembre 1965, Feltre, 1965.

Superiore ad ogni previsione il successo dell’ex tempore, in “Gazzettino”, Belluno, 22 settembre 1965.

Mostra di Toni Piccolotto, Belluno,Galleria alla Cornice, 1965, Belluno, 1965.

Mostra di Toni Piccolotto, Belluno [?],Galleria Deon, novembre 1965, Belluno [?], 1965.

M. B., Il pittore della neve, in “Il Resto del Carlino”, 12 novembre 1965.

M. S., Piccolotto espone, in “Il Gazzettino”, Belluno, 14 novembre 1965.

MATIO BOTTARI, Il pittore della neve, in “Il Resto del Carlino”, Belluno, 12 dicembre 1965.

LUCIANA AVIGLIANO CERONI, Il pittore Toni Piccolotto, in [?], [?].

Concorso di Pittura Estemporanea di Agna, Agna, 1967.

Primo Concorso Provinciale di Pittura “La Diana Cadorina”, Auronzo di Cadore, 1967.

Mostra di pittura estemporanea, Agordo, 1967.

Mostra di pittura estemporanea, Agordo, 1967.

Mostra di pittura e scultura di artisti bellunesi, Borca di Cadore, Scuola Elementare, luglio – agosto 1967, Borca di Cadore, 1967.

Inaugurata a Borca mostra di pittura e scultura, in [?], 31 luglio 1967.

P. S., Arte e Cultura, in “Gazzettino”, Belluno, 17 agosto 1967.

Due zucche giganti, in [?], 5 febbraio 1968.

Mostra personale dei pittori Toni Piccolotto e Carlo Sovilla (presentazione di MARINO PERERA), Venezia, Galleria Fontana, 1 – 15 marzo 1969, Venezia, 1969.

PAOLO RIZZI, Mostre d’Arte – Piccolotto e Sovilla, in “Il Gazzettino”, Venezia, 11 marzo 1969.

Arte e Cultura, in “Gazzettino”, Belluno, 17 agosto 1967.

CESAR, Toni Piccolotto – E’ un pittore che ricrea i paesaggi di betulla e della neve con il pennello, in “Il Gazzettino Illustrato”, Venezia, 4 marzo 1970, p. 4.

Toni Piccolotto muore al Nevegal mentre sta dipingendo, in “Il Gazzettino”, 12 aprile 1970, p. 6.

Toni Piccolotto stroncato alla tavolozza – improvvisa scomparsa del pittore delle nevi, in [?], 14 aprile 1970.

GIULIO PEROTTO, In morte di Toni Piccolotto – Il pittore delle nevi, in “L'Amico del Popolo”, Belluno, 18 aprile 1970.

GIULIO PEROTTO, In morte di Toni Piccolotto – Il pittore delle nevi, in “Bollettino Parrocchiale”, Belluno, maggio 1970, p. 3.

Scomparso Toni Piccolotto un autentico artista, in “Sena Illustrata”, Roma, 15 maggio - 15 giugno 1970, anno 85, n. 5, p. 39.

LAURA BENTIVOGLIO, Pistagna, in “El Campanon”, Belluno, giugno 1970, p. 26.

Ex tempore a Lentiai – Prime adesioni al concorso intitolato a Toni Piccolotto, in “Il Gazzettino”, 23 settembre 1970.

IVA ALISI, Toni Piccolotto il pittore delle nevi, in “La Voce di San Marco”, Venezia, 24 settembre 1970, p. 6.

1° Primo concorso di pittura ex tempore “Toni Piccolotto”, catalogo, Lentiai, Sala Operaia, 3 – 18 ottobre 1970, Lentiai, 1970.

Il paesaggio della Sinistra Piave interpretato da duecento artisti, in [?], ottobre [?] 1970.

Primo Concorso di pittura, in [?], ottobre [?] 1970.

IVA ALISI, Ultimo ritratto, in “La Lucernina”, Firenze, settembre - ottobre 1970, anno I, n. 3, p. 55.

Toni Piccolotto – Il pittore della neve, in “Il Gazzettino”, 11 aprile 1971, p. 9.

Piccolotto, Venezia, Galleria Bevilacqua La Masa, 10 – 22 febbraio 1973, Feltre, 1973.

Morbide nevi di Piccolotto, in “Il Gazzettino”, 13 febbraio 1973, p. 3.

Mostra retrospettiva di Toni Piccolotto, in “Bollettino Parrocchiale”, Belluno, marzo 1973, p. 3.

All’opera Bevilacqua La Masa…, in [?], 27 febbraio 1973.

GIUSEPPE MAZZOTTI, Feltre, Treviso, 1973.

2° Concorso di pittura ex tempore “Toni Piccolotto”, catalogo, Lentiai, Scuola Media, 30 – 31 marzo 1974, Feltre, 1974.

PAOLO RIZZI, Toni Piccolotto pittore e MARINO PERERA, Toni Piccolotto uomo, monografia, Feltre, 1974.

PAOLO RIZZI, Catalogo degli artisti del Veneto, Roma, 1974.

Toni Piccolotto, Feltre, Galleria d’Arte Al Sole, dal 2 aprile 1975, Feltre, 1975.

GINO MENEGHEL, Toni Piccolotto detto “Pistagna”, in “L'Amico del Popolo”, 28 febbraio 1976.

GINO MENEGHEL, Toni Piccolotto detto “Pistagna”, in GINO MENEGHEL, Vite a finestra aperta, Feltre, 1976, pp. 139-143, 179.

GINO MENEGHEL, Toni Piccolotto detto “Pistagna”, in “L’Amico del Popolo”, 28 febbraio 1976.

Mostra retrospettiva dei pittori Juti Ravenna e Toni Piccolotto, Castelfranco Veneto, Galleria del Teatro Accademico, 12 maggio – 3 giugno 1977, Castelfranco Veneto, 1977.

A Castelfranco Ravenna e Piccolotto, in “Il Gazzettino”, [?] 1977.

1&Arredamont, Longarone, settembre 1978, Longarone, 1978.

Mostra itinerante di Toni Piccolotto, in “Il Gazzettino”, 3 febbraio 1980, p. 7.

Mostra antologica delle opere di Toni Piccolotto (testo di Giuseppe Mazzotti), itinerante, a cura della Comunità Montana Bellunese, Belluno, Palazzo Auditorium, 23 luglio – 18 agosto 1980, Feltre, 1980.

<<Serenità>> di Piccolotto domani all'Auditorium, in “Il Gazzettino”, 22 luglio 1980.

Mostra Piccolotto, in “Il Gazzettino”, 23 luglio 1980.

GIABBO' [?] PIERRE, Successo della mostra antologica dedicata al pittore Toni Piccolotto, in “Il Gazzettino”, 25 luglio 1980.

Successo alla mostra antologica dedicata al pittore Toni Piccolotto, in “Il Gazzettino”, 25 luglio 1980.

Mostra di Piccolotto, in “L’Amico del Popolo”, 26 luglio 1980.

<<Serenità>> di Piccolotto domani all'Auditorium, in “Il Gazzettino”, 27 luglio 1980.

Antologica di Toni Piccolotto: vedere con occhi buoni le cose, in “L’Amico del Popolo”, 2 agosto 1980.

Piccolotto all’Auditorium, in “L’Amico del Popolo”, 2 agosto 1980.

Molti giovani visitano la mostra  di Piccolotto, in “Il Gazzettino”, 7 agosto 1980.

2000 visitatori alla mostra  di Piccolotto, in “L’Amico del Popolo”, 9 agosto 1980.

I. SAL., Piccolotto: la natura come accademia d’arte, in “Il Gazzettino”, 10 agosto 1980

Antologica Piccolotto: il bilancio è positivo, in “Il Gazzettino”, 14 agosto 1980.

Oltre 4000 visitatori alla mostra  di Piccolotto, in “Il Gazzettino”, 22 agosto 1980.

Successo della mostra  di Piccolotto, in “L’Amico del Popolo”, 29 agosto 1980.

Mostra antologica di Toni Piccolotto, in “Bellunesi nel Mondo”, agosto 1980.

Mostra antologica delle opere di Toni Piccolotto, itinerante, Valdobbiadene, Villa dei Cedri, settembre 1980, Valdobbiadene, 1980.

Mostra antologica delle opere di Toni Piccolotto, itinerante, Lentiai, Scuola Media, ottobre - novembre 1980, Lentiai, 1980.

Ampio successo anche a Lentiai della mostra di Toni Piccolotto, in “Il Gazzettino”, 4 novembre 1980.

Opere inedite di Toni Piccolotto (dal 1920 al 1940), a cura de’ La Bottega del Quadro di Feltre, presentazione di SILVIO GUARNIERI, Feltre, La Bottega del Quadro di Feltre, 23 maggio – 13 giugno 1981, Feltre, 1981.

2° Premio di Pittura Toni Piccolotto. Retrospettiva: Ocri-Coletti, a cura del Comitato culturale, Pro loco, Lentiai, Scuola Media, 24 giugno - 21 luglio 1984, s.l., s.n., 1984.

ENZO DI MARTINO, L'Opera  Bevilacqua La Masa, Venezia, 1984.

Opere inedite di Toni Piccolotto, a cura de’ La Bottega del Quadro di Feltre, presentazione di SILVIO GUARNIERI, Feltre, La Bottega del Quadro di Feltre, 25 maggio – 20 giugno 1985, Feltre, 1985.

P. A., Omaggio di Feltre a Toni Piccolotto, in “Il Gazzettino”, 8 giugno 1985.

Opere inedite di Piccolotto alla Bottega del Quadro, in [?], 1985.

Pittori nel paesaggio – Dipinti veneti 1910 – 1950, a cura di MARCO GOLDIN, Castelfranco Veneto, Casa di Giorgione, 21 dicembre 1985 – 12 gennaio 1986, Treviso, 1985, pp. 62-63, fig. 20, n. 41.

Le pareti di Vico, Feltre, 1986

3° Premio Toni Piccolotto, Lentiai, Scuola Media, 1987, Lentiai, 1987.

Fiori in libertà – Collettiva Artisti del Triveneto, catalogo, Bibione, Colonia Marina “Pio XII”, 10 luglio – 16 agosto 1988, Bibione [?], 1988.

4° Premio Toni Piccolotto per le Arti Figurative, Plastiche e Grafiche - Omaggio a Luigi Cima, Lentiai, Scuola Media, 28 agosto – 11 settembre 1988, Lentiai, 1988.

Il fiore delle Dolomiti, catalogo, Santo Stefano di Cadore, Municipio, Sala Consigliare, 23 luglio – 27 agosto 1989, Castelfranco Veneto 1989.

Un omaggio a Facen attraverso le opere di Toni Piccolotto ispirate al paese, in “Il Gazzettino”, 10 febbraio 1990.

Piccolotto a Facen, Facen, Comunità di Villa San Francesco, 11 maggio – 3 giugno 1990, s.l., 1990.

1^ Rassegna d’Arte Triveneta “Toni Piccolotto”, catalogo a cura di MARIO MORALES, FRANCA VISENTIN, FLAVIO GRIGOLETTO, ANTONELLA ALBAN, Lentiai, Scuola Media Statale, 19 agosto – 4 settembre 1990, Lentiai, 1990.

ANNA MARIA DAMIGELLA, BRUNO MANTURA, MARIO QUESADA, Il patrimonio artistico del Quirinale – la quadreria e le sculture, Roma-Milano, 1991, vol. II, p. 369, n. 1326, fig. 1326.

L. P., Toni Piccolotto all’Ufficio Turistico, in “Il Gazzettino”, 16 novembre 1991.

DINO BRIDDA, L’arte di Piccolotto – Una mostra del notissimo pittore di Lentiai, in “Il Gazzettino”, 16 novembre 1991.

2^ Rassegna d’Arte Triveneta “Toni Piccolotto”, catalogo a cura di ANTONELLA ALBAN, FLAVIO GRIGOLETTO, MARIO MORALES, FRANCA VISENTIN, Lentiai, Scuola Media Statale, 23 agosto – 6 settembre 1992, Lentiai, 1992.

SILVIO GUARNIERI, Toni Piccolotto, in A Silvio Guarnieri. Testimone di Forma, a cura di NICOLETTA COMAR, Feltre, Galleria d’Arte Moderna Carlo Rizzarda, s.d. [1994], pp. 65-70, 121-122.

Terza Rassegna d’Arte Triveneta T. Piccolotto, catalogo a cura di ANTONELLA ALBAN, FLAVIO GRIGOLETTO, MARIO MORALES, FRANCA VISENTIN, Lentiai, Scuola Media Statale, 21 agosto – 4 settembre 1994, Lentiai, 1994.

Il restauro di due capitelli in Facen, a cura della Comunità di Villa San Francesco Facen di Pedavena, s. l., 1994.

Quarta Rassegna d’Arte Triveneta T. Piccolotto, catalogo a cura di ANTONELLA ALBAN, MARIO MORALES, LORENZO DURANTE, Lentiai, Scuola Media Statale, 11 - 25 agosto 1996, Lentiai, 1996.

5^ Rassegna d'Arte Triveneta Toni Piccolotto - Paesaggi, a cura di GABRIELLA BORTOLOT, s. l., s. n., 1998, s.l., 1998.

3^ Edizione Mostra di Grafica Pittura Scultura Artisti della Castellana – Omaggio a Franco Fiabane, Augusto Murer, Toni Piccolotto, Castelfranco Veneto, Bella Venezia, Scuola Materna, 11 – 19 luglio 1998, Castelfranco Veneto, 1998, Castelfranco Veneto, 1998.

Pio Solero e un cenacolo a Sappada, catalogo a cura di MARCO GOLDIN e LAURA CIABATTI, Sappada, Sala Bonanni, 27 giugno – 13 settembre 1998, Seregno, Galleria Civica “Ezio Mariani”, 3 – 25 ottobre 1998, Martellago, 1998, pp. 92-97.

La memoria del futuro, catalogo (MARIO MORALES, Momenti religiosi nella pittura di Toni Piccolotto), Comunità di Villa San Francesco Facen di Pedavena, maggio 2000, s.l., 2000, pp. 17-21.

T. Piccolotto: uomo e artista, a cura di ANTONELLA ALBAN, FLAVIA COLLE, PIERO PICCOLOTTO, Lentiai, Scuola Media, 20 agosto – 3 settembre 2000, Lentiai 2000, Lentiai, 2000.

MA. SA., Lentiai onora Piccolotto con tre manifestazioni, in “Corriere delle Alpi”, 18 agosto 2000.

T. Piccolotto, in “Il Gazzettino”, 20 agosto 2000.

Una mostra dedicata a Piccolotto, in “Il Gazzettino”, 20 agosto 2000.

Il mondo dell’arte bellunese alla mostra di Toni Piccolotto, in “Il Gazzettino”, 22 agosto 2000.

T. Piccolotto, in “Il Gazzettino”, 25 agosto 2000.

Toni Piccolotto e l’arte veneta del XX secolo, in “Il Gazzettino”, 25 agosto 2000.

Un libro per <<Pistagna>>, in “Il Gazzettino”, 2 settembre 2000.

Omaggio di Lentiai a Piccolotto, in “Il Gazzettino”, 4 settembre 2000.

MA. SA., Lentiai ha voluto ricordare Toni Piccolotto con una pubblicazione sulle opere e sulla vita, in “Corriere delle Alpi”, 6 settembre 2000.

M. S., Un'estate all'insegna dell'opera pittorica di Toni Piccolotto – Un uomo, un artista, in “Autonomia Bellunese”, 9 settembre 2000.

VITTORIO ZORNITTA, “Il Forno”, Quaderno lentinese, [?], 2000 [?].

Luigi Cima ed i suoi allievi, catalogo a cura di ANTONELLA ALBAN, Mel, Palazzo delle Contesse, 22 dicembre 2000 – 28 gennaio 2001, Mel, 2000, pp. 72- 74, 76-91.

NADIA SECCO, Piccoli artisti crescono – Gli studenti imitano le opere di Piccolotto, in “Corriere delle Alpi”, 4 febbraio 2001.

Mostra collettiva di pittori veneti, Camposampiero, Hotel Al Tezzon, autunno 2002, Camposampiero, 2002.

FAUSTO ORZES, Ci si ricorda di Piccolotto ? Il pittore di Lentiai si definiva <<un provinciale in città>>, in “Corriere delle Alpi”, 16 aprile 2003.

Omaggio a Toni Piccolotto - A Mel una grande mostra sul «paesaggio veneto», in “Corriere delle Alpi”, 21 ottobre 2003.

Paesaggio veneto: Toni Piccolotto e i pittori lagunari tra le due guerre da Semeghini a Guidi, a cura di ANTONELLA ALBAN, Mel, Palazzo delle Contesse, 13 dicembre 2003 – 8 febbraio 2004, Padova, 2003.

Si inaugura la mostra di Piccolotto, in “Il Gazzettino”, 13 dicembre 2003.

C. R., Piccolotto, il pennello sulla Laguna, in “Il Corriere della Sera”, 13 dicembre 2003.

G. G., Il Feltrino secondo Toni Piccolotto, in “Il Gazzettino”, 14 dicembre 2003.

PAOLO RIZZI, Il Paesaggio Veneto tra le due guerre – Domina la figura di Toni Piccolotto (1903 – 1970), chiamato “il pittore della neve”, in “Il Gazzettino”, 12 gennaio 2004.

Le Dolomiti Bellunesi dalla Piave in su, Belluno, anno XXVII, n. 2, Natale 2004, copertina.

Mostra a Palazzo delle Contesse, in “La Voce di Lentiai”, gennaio – febbraio 2006, n. 1, p. 12.

ANNAMARIA POZZAN, Archivio dell’Istituzione Bevilacqua La Masa - Inventario 1899-1990, Venezia, 2006, pp. 45, 60.

Dalla scuola bellunesi del novecento: Luigi Cima, Toni Piccolotto, Carlo Sovilla, San Vito di Cadore, Scuole elementari, 3 al 29 agosto 2007, San Vito di Cadore, 2007.

Colori e luci del '900 bellunese, 1900 – 1950, catalogo a cura di ANTONELLA ALBAN, San Vito di Cadore, Scuole Elementari, 6 agosto – 2 settembre 2008, Rasai di Seren del Grappa, 2008, pp. 12, 121 (più foto opere).

GABRIELE TURRIN, Artisti feltrini del ‘900, in “Don Chisciotte”, ottobre 2009, p. 9.

La Neve nell'Arte, Folgarida di Dimaro, Centro Congressi Alla Sosta dell'Imperatore, dicembre 2009 – 24 gennaio 2010, Folgarida di Dimaro, 2009.

 

 

Toni Piccolotto - Vita, colori, emozioni

I

 Antonio Piccolotto, primo di otto fratelli, nasce a Lentiai, Belluno, il 24 marzo 1903. Sin da piccolo mostra spiccate attitudini per il disegno e forte attrazione per i colori. A cavallo tra il primo e il secondo decennio del secolo scorso, prende le prime importanti lezioni di pittura da Luigi Cima, all'epoca certo il più importante artista attivo nel territorio bellunese. Raccomandato da Cima all'amico pittore Vincenzo De Stefani, si trasferisce a Venezia e s'iscrive all'Accademia di Belle Arti cittadina; frequenta poi la Scuola Libera del Nudo e ben presto entra in contatto col “cenacolo” dei pittori legati a Palazzo Carminati, con molti dei quali instaurerà un lunga e sincera amicizia. In questi anni, sperimenta e sviluppa un lessico figurativo nel quale si scorge una predilezione per le opere degli “storici” pittori di Ca' Pesaro, al tempo stesso non trascurando gli stimoli di carattere impressionistico portati in Laguna da artisti come Semeghini, ad esempio, e non mancando di farsi stimolare delle nuove tendenze figurative che iniziavano con sempre più insistenza ad essere presentate alle Biennali veneziane. Le opere della seconda metà degli anni Venti e di buona parte del decennio successivo, lo vedono impegnato a rielaborare stilemi compositivi e soluzioni cromatiche che sanno di Ritorno all'Ordine e di Novecento sarfattiano. Modellate su un marcato plasticismo e su di una robusta volumetria delle forme, talune raffigurazioni non si mostrano immuni nemmeno da velate suggestioni di un Realismo magico vagamente metafisico. Dopo un soggiorno di alcuni mesi in Argentina (1928), dove riscuote un buon successo ad una personale allestita a Buenos Aires, al rientro in Italia decide di stabilirsi definitivamente nelle sue alture della Val Belluna. Ha inizio così, sin da questo momento, un dialogo intimo e profondo con la natura circostante, conosciuta e frequentata attraverso lunghe, quotidiane camminate e ascensioni, che gli permette di trasmettere ai suoi dipinti una valenza emotiva partecipata e coinvolgente: anche con le temperature più rigide, egli esce, cammina per ore alla ricerca non tanto del punto “panoramico” suggestivo e oleografico, quanto di una sintonia esistenziale e umana con l'ambiente che tanto ama, per poi aprire il cavalletto, sistemarvi la tela o il cartone, prender in mano pennelli e tavolozza e, finalmente, dipingere.  

II

 Il clima di maggior serenità portato, seppur lentamente, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale si riflette inevitabilmente anche nella sua arte, che si fa piena di un senso di vita dove, al rigore costruttivo degli anni precedenti, si sostituisce adesso una più aperta e dichiarata autonomia cromatica. Nel suo percorso artistico, si fanno rilevanti, per non dire determinanti, le suggestioni tratte, direttamente o indirettamente, dalla pittura dell'Impressionismo, che assesta la sua concezione compositiva e il suo ductus pittorico nella direzione di una pittura sempre più praticata all'aria aperta e sempre più ricca di felici rimescolii del colore. Nei decenni successivi, i suoi dipinti vibrano ancor più di solari cromatismi dai quali si genera un frizzante senso di “gioia di vivere” comunicato attraverso le trasparenze e le accensioni tonali che la luce conferisce al colore e dove, talvolta, la rara presenza umana conferisce un armonico scatto dinamico alla raffigurazione. Là dove, però, Piccolotto ci comunica la sua più intima, sincera ed emozionata visione della natura e del paesaggio è quando questo s'immerge nel biancore della neve. Sembra quasi che il panorama spettrale e incantato possa dar forma ad una bellezza che è peculiare ed unica di quei luoghi, onirica anche, sotto certi versi; sicuramente avvolgente e coinvolgente. La trasparenza del colore diventa, anzi, personifica la trasparenza stessa della luce che riverbera nelle delicatissime sfumature di un bianco che riflette di tonalità azzurre, rosate, marron-verdine. Nell'emozionata impressione suscitata, la composizione è spinta talvolta tanto in avanti, al punto da diventar un sussurro fatto a bassa voce, un canto quasi astratto, solo qua e là interrotto da una presenza eterea che prende le fisionomie di un albero spoglio, di un edificio appena appena delineato, di un tetto diafano che si perde nella percezione ottica dell'insieme. Per questo Toni Piccolotto, che fino all'ultimo ha sentito la necessità di “trascrivere” il dialogo tra la sua anima e la natura tanto amata da morire dipingendo sul Nevegal nella fredda, primaverile giornata dell'11 aprile 1970, fu chiamato il pittore della neve. Ed egli, della sua neve, ne fu certamente un cantore altissimo, sebbene tale definizione non renda appieno l'intera sua vicenda artistica.

Marco Mondi

 

 

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