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Vittorio e Romolo Tessari

nella pittura veneta tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo

 

Vittorio Tessari

Marco Mondi

 

Gran parte della pittura europea dell’Ottocento fu il risultato della rivoluzione sociale e morale che dal 1789 in poi cambiò la storia dell’uomo. A Venezia, che nell’Ottocento fu provincia, ed in Italia in genere, questo risultato si manifestò con un ritardo endemico, sicuramente decennale.

Dopo la caduta della Serenissima, Venezia non fu più una capitale ma un centro urbano periferico alle dipendenze, passato il periodo del Regno italico e la parentesi dei moti patriottici del 1848-49, prima di Vienna e poi, dal 1866, con l’annessione al Regno d’Italia, dei Savoia, e quindi Roma. La stessa costruzione del ponte ferroviario, avvenuta nel 1846, ribaltò d’improvviso la struttura urbanistica della città, legandola molto più all’entroterra di quanto non lo fosse mai stata. Privata sempre di più di quella peculiarità insulare e di quella apertura portuale sull’Adriatico che erano state, in passato, le ragioni stesse della sua ricchezza e della sua potenza, andò incontro, inevitabilmente, ad un lungo periodo di grave crisi economica, di miseria e di degrado demografico (cfr. Pietro Zampetti, L’Ottocento: una cultura in crisi, in L’800 a Venezia, catalogo a cura di AA.VV., Venezia s.d., pp. 16-17). Ciò che sopravvisse forte per tutto il secolo, soprattutto agli occhi dei visitatori stranieri (e moltissimi furono per tutto l'Ottocento ed oltre i grandi artisti di passaggio a Venezia, tutti pressoché ignorati dai nostri), fu il fascino della sua storia, della sua bellezza, della sua arte, e fu il fascino romantico della leggenda che subito scaturì dai suoi <<tredici secoli di ricchezza e di gloria>>, dei quali non rimanevano <<che ceneri e pianto>> (G.G. Byron, Ode to Venice). Ed è bene dire subito che l’Ottocento romantico per Venezia, per i veneziani e per i suoi artisti, si inoltrò e si spinse sin nelle esposizioni nazionali degli ultimi decenni del secolo e nelle prime Biennali e, sotto molti punti di vista, non sembrò placarsi nemmeno dopo il retorico (ed infondo anch'esso romantico) lancio dei volantini contro la “Venezia passatista" di Filippo Tommaso Marinetti, fatto dalla Torre dell'Orologio il 27 aprile del 1910, per proseguire pure nelle accese “polemiche” dei giovani artisti di Ca’ Pesaro, sino a spegnersi, ma solo in parte, con il disastro della Grande Guerra.

 

A differenza della città di Venezia, la caduta della Serenissima ed i primi anni di dominio straniero rappresentarono per la terraferma, e per Castelfranco nella fattispecie, dapprima un periodo di caotica transizione, poi, sotto l'Austria, un periodo di lenta rinascita economica, culturale ed edilizia. L'Accademia dei Filoglotti, cenacoli artistico-culturali o restauri e costruzioni di nuovi edifici pubblici e privati (Teatro Accademico, villa Revedin-Bolasco, ecc.) ne furono alcune conseguenze che, tra l'altro, chiamarono nella nostra città numerosi artisti di spicco del tempo, tra i quali il Chiarottini, il Canal, il Borsato, il Bevilacqua, o più tardi il Bagnara, il Santi, il Meduna. Francesco Olivetti prima e Alessandro Revera dopo furono, in questi anni, i pittori di Castelfranco di maggior talento.

 

Con l’Unità d’Italia, anche Venezia ebbe un rilancio economico tornando ad avere in parte il suo antico ruolo di porto sull’Adriatico e ponendo, come importante meta turistica, le basi di quella che divenne, da lì a qualche decennio, una della principali stazioni balneari d’Europa. Così, anche a Castelfranco, i lavori del Passeggio Dante, che precedettero di un anno l'annes­sione al Regno d'Italia, dettero inizio a tutta una serie di nuovi interventi riguardanti principalmente spazi urbani aperti ed edifici pubblici: la sistemazione dei giardini davanti alle mura, con la successiva erezione del monumento a Giorgio­ne, la costruzione del nuovo Municipio, della stazione ferroviaria, ecc. Verso il 1889, inoltre, Castelfranco pure si dotò di un museo (chiuso con la Seconda Grande Guerra, e più riaperto), nel quale confluirono opere di vario genere e di diversa natura, tra le quali diversi lavori di Vittorio Tessari e un dipinto del fratello Romolo (cfr. Opere della Civica Collezione Museale, catalogo a cura di Marco Mondi, Castelfranco Veneto, Casa di Giorgione e Galleria del Teatro Accademico, 15 novembre 1997 - 25 gennaio 1998, Dosson di Treviso 1997, pp. 134-139, 233-234, figg. n. 145-151, nn. 145-151). Al museo, quindi alla Biblioteca Comunale, confluirono col tempo anche tutta una serie di documentazioni cartacee sui due pittori, che rappresentano a tutt'oggi una delle principali fonti sulla loro vita e sulla loro attività artistica. Si vuole inoltre ricordare in questo contesto, a prova che la Civica Raccolta Comunale continua ad arricchirsi nonostante la deprecata pluridecennale chiusura del museo, la recentissima e munifica donazione di un nucleo di dieci dipinti fatta da una generosa nostra concittadina, tra i quali vi sono ben sei opere di Vittorio Tessari, esposte oggi per la prima volta al pubblico (tavv. 34-38, 46).

 

In arte, l’Unità d’Italia ebbe come risultato che ogni regione, che ogni territorio, sentì l’esigenza di rivendicare una sua autonomia linguistica ed espressiva, per cui gli artisti cercarono di slegarsi dagli omogenei ed omologati insegnamenti accademici per ritrovarsi in movimenti e scuole che rivendicarono una loro identità locale, pur negli stretti rapporti e legami con le altre identità locali italiane e anche straniere. In un certo senso, con le dovute differenze del caso, fu quanto portò al fenomeno della formazione dei musei civici. Nacquero, allora, a Firenze il gruppo dei Macchiaioli, a Napoli la scuola di Resina, a Milano la Scapigliatura, a Torino la scuola di Rivara e così via. Ma a Firenze, ad esempio, a frequentare il Caffè Michelangiolo troviamo Guglielmo Ciardi, Federico Zandomeneghi e persino Noè Bordignon. Sotto il dominio austriaco pesava su Venezia un’aria stantia di provincia, che l’annessione al Regno d’Italia sembrò spazzar via, almeno per i giovani d’allora, che vollero viaggiare in Italia e all’estero per tentare di aggiornarsi (cfr. Guido Perocco, La pittura veneta dell'Ottocento, Milano 1967, p. 18).

 

Nella seconda metà del secolo, quindi, per Venezia e per il suo entroterra vi fu una certa ripresa economica, inevitabilmente legata all'affermarsi di una nuova, ricca e potente classe borghese. Le conseguenze dell'"uguaglianza giacobina", sebbene con ritardo decennale, posero anche da noi le basi di quel profondo cambiamento che portò la nuova bor­ghesia (la classe, cioè, degli imprenditori e dei commercianti) a sostituirsi gradualmente alla vecchia aristocrazia. Per l'arte ciò fu determinante, in quanto col cambiare della commit­tenza cambiò senz'altro il gusto estetico e, soprattutto, l'esi­genza figurativa dell'artista e il suo ruolo all'interno della so­cietà. Le grandi famiglie veneziane, però, continuarono per tut­to il secolo ad avere in città un ruolo determinante sulla cultura. Rispetto a quanto andava succedendo in altri centri europei e, talvol­ta, dell'Italia stessa, que­sto ruolo d'egemonia, in una città particolare sotto il profilo urba­nistico ed economico, rappresentò per la nostra arte un ostacolo concreto alla volontà d'aggiornamento. Venezia in più fu, per tradizione secolare, e lo fu fino a pochi decenni fa, il continuo e spesso unico punto di riferimento artistico dell'entroterra. Per i no­stri artisti la città lagunare rappresentò il principale luogo dove poter studiare e dove voler affermarsi, per poi, spesso, piegare a lavorare nuovamente in terraferma.

Più che a Venezia, fu soprattutto in provincia, dove l'economia rimase prevalentemente legata all'agricoltura, che le antiche e nobili casate locali entrarono in rapporti sempre più stretti con la nuova ricca borghesia, fino a mescolarsi con essa attraverso matrimoni di convenienza. Questa nuova élite rappresentò la principale committenza dei nostri artisti: aspetto fondamentale, questo, per comprendere tante opere di quel realismo rurale dalle connotazioni tematiche di genuinità vera ed autoctona, dalla nuova committenza, appunto, tanto prediletto e sentito. Vittorio Tessari stesso, come ben ricorda il prof. Tiozzo nel suo scritto più avanti pubblicato, sposò una "ricca" Solveni e, tanto a Venezia quanto soprattutto a Mira, dove si trasferì a vivere, lavorò molto per l'alta borghesia e l'aristocrazia locale, in modo particolare come ritrattista, ma eseguendo anche scene di genere d'ambientazione rurale e provinciale. E lo stesso fu per molti altri pittori, come Noè Bor­dignon, Egisto Lancerotto, Luigi Serena, Pietro Pajetta e così via.

 

Quando nel 1883 Vittorio Tessari realizzò il Socrate che esorta Alcibiade a cangiar metodo di vita come saggio di fine corso all’Accademia di Belle Arti di Venezia, si può affermare che negli ambienti ufficiali in città, e nel suo entroterra, parte della pittura era ancora legata, o forse sarebbe meglio dire, sotto molti aspetti, vincolata, alla tradizione accademico-romantica della pittura di storia elaborata in studio. L’iter educativo di un pittore si svolgeva essenzialmente attraverso gli insegnamenti accademici, e l’Accademia come struttura didattica, a Venezia come in altre realtà italiane, si preoccupava di insegnare da un lato, per quel che ci riguarda, la tecnica pittorica come mestiere e dall’altro l’arte nella sua valenza contenutistica: essa, cioè, forniva il mestiere e la teoria. In un certo senso però, la teoria imponeva all'artista di essere sì pittore nella tecnica attraverso una perfezione esecutiva lucida e levigata o, come si diceva, dalla "esecuzione sublime", ma doveva anche essere storico e letterato, poiché dagli storici e dai letterati la sua arte doveva essere giudicata e verificata (cfr. Corrado Maltese, Realismo e Verismo nella pittura italiana dell'Ottocento, Milano 1967, p. 16). Una volta imparata l'"arte" di dipingere, l'attenzione si concentrava quindi sul soggetto da trattare, enfaticamente farcito d'ogni genere di pregiudi­ziale filosofica, teorica, poetica, morale, religiosa, politica, come se il soggetto, così teatralmente mascherato, fosse l'unico fattore in grado di innovare e differenziare un'opera da un'altra. Molti dei mutamenti culturali, pertanto, si manifestarono invece che in cambiamenti strutturali dell’espressione artistica, vale a dire di stile, quasi essenzialmente in cambiamenti nella scelta dei temi. Ci fu, inizialmente (ma il Socrate che esorta Alcibiade di Tessari, opera eseguita per l'Accademia come tante altre di tanti altri artisti, è del 1883!), più una rivoluzione di tematiche che di forma.

Poiché la storia era in questi contesti sostanzialmente intesa come soggetto astratto, si passò dalla trattazione di tematiche classiche, di storia greca e romana, del Neoclassicismo a tematiche di storia medievale e religiosa del Romanticismo, con rivisitazioni neo-quattrocentesche, neo-rinascimentali, neo-barocche e, da noi, anche neo-giorgionesche, neo-tizianesche, neo-veronesiane, neo-tiepolesche e così via. Queste tematiche, poi, furono farcite di una simbologia patriottica sempre più palese, fino a giungere alla realizzazione di veri e propri quadri di genere a sfondo patriottico (cfr. Corrado Maltese, op. cit., p. 14). E ciò, in ultima analisi, rappresentò una conquista piuttosto importante, poiché permise all'artista di trattare la storia contemporanea e, con essa, di riallacciarsi alla realtà di tutti i giorni. Assieme all’affermarsi sempre maggiore della suddetta nuova classe borghese, fu, infatti, anche attraverso la via dei mutamenti tematici che si arrivò ai soggetti del Realismo nell’ambito dei quali, da noi, personalità di grande valore come Favretto, Ciardi, Nono e molti altri, attuarono ben presto una trasformazione figurativa strutturale e, questa volta davvero, pittorica, vale a dire che davvero si arrivò alla nascita di uno stile innovativo. Bisogna considerare comunque che verso la metà del secolo, vi furono in Laguna degli importanti precedenti che fecero maturare in alcuni artisti l’esigenza, quasi da pittore-reporter, pur con l’impiego dei mezzi pittorici tradizionali, della presa diretta dal vero: si pensi solo, ad esempio, alle tante vedute di città di derivazione canalettiana ma di ambientazione contemporanea, o alla “documentazione” dei moti del 1848-49, o a Ippolito Caffi, morto nella battaglia di Lissa del luglio del 1866, affondando assieme alla nave dove era salito per documentare dal vero, col disegno, le fasi più salienti dello scontro (Guido Perocco, Tre vedutisti dell'Ottocento: Bison, Caffi, Querena, in op. cit., Venezia s.d., pp. 59-63). Ancora, Domenico Bresolin, insegnante all’Accademia di Venezia di tanti di quegli artisti che furono poi gli esponenti più importanti del nostro Verismo, ruppe decisamente con la tradizione della pittura da studio portando i suoi allievi a dipingere all’aria aperta (cfr. Guido Perocco, op. cit., 1967, p.18). In fine, un'esperienza di "verismo" precoce e "puramente ottico" in pittura giunse anche dall'uso della fotografia: e a Venezia, che insegnò all’Accademia per molti anni, vi fu Pompeo Marino Molmenti, tra i primi in Italia ad usare in pittura il dagherrotipo prima e la fotografia dopo (ma il Molmenti fu anche l'artista che impiegò 14 anni per realizzare la sua vasta tela sulla morte di Otello! - cfr. ibidem, p.17).

Tuttavia, ciò non impedì a Camillo Boito nel 1871, appena cinque anni prima dell’iscrizione all’Accademia di Vittorio Tessari, di annotare: <<La grandezza dell'arte veneziana vecchia è un impaccio alla bontà dell'arte veneziana nuova. I pittori non hanno l'animo di rompere la catena della tradizione; non hanno l'animo di guardare il vero in faccia>> (Camillo Boito, La pittura d'oggi a Venezia, in “Nuova Antologia”, ottobre 1871); e poco dopo, guardando ai lavori della nuova generazione, quella di Favretto, Ciardi, Nono, Bordignon: <<mentre dalle imitazioni non poteva venire che una pittura pretenziosa e vana, da codesto avveduto studio della natura potrà nascere forse una pittura moderna, forte di nuova vita>> (Camillo Boito, Rassegna artistica - la mostra di Belle Arti di Milano, in “Nuova Antologia”, novembre 1874). Da un lato, infatti, una parte della cultura figurativa ufficiale, quella criticata dal Boito e che sostanzialmente reggeva ancora le redini dell’Accademia, si mostrava oramai vecchia, mentre dall’altro una schiera di nuovi artisti tornò con decisione a guardare in faccia la realtà: all’astrazione romantica dei soggetti ispirati solo al glorioso passato storico e artistico della città, si reagì tornando a guardare la vita di tutti i giorni, tornando a guardare in faccia il presente, in modo tale che, dopo decenni, anche l’arte figurativa riprese coscienza del momento storico in cui viveva e, conseguentemente, delle sue realtà, sociali, economiche e persino politiche, riagganciandosi, finalmente, al discorso artistico che era improvvisamente stato reciso con la caduta della Serenissima. Quello che era stato non fu più visto come un rudere nostalgico su cui sognare o fantasticare ma come il passato dal quale, semplicemente, si era giunti al presente, al presente che si poteva ora analizzare in tutti i suoi aspetti attraverso un’arte intesa <<come espressione di vita, non come cultura del passato>> (Pietro Zampetti, op. cit., p. 21). Con il Realismo Venezia ed il suo entroterra ritornarono nella storia, finirono di vivere del passato per tornare a vivere del loro presente. E fu così che il dipinto arrivò a cogliere la realtà del momento, la verità quotidiana come elemento di vita sentita e vissuta, presente e non passata, chiusa, morta. Gli artisti, adesso, si fecero interpreti della nuova società veneziana e veneta, della nuova realtà sociale e di vita della società veneziana e veneta, non senza a volte, soprattutto in personalità minori, una immancabile vena romantica.

 

La generazione di Vittorio Tessari, che comprende artisti come Vittorio Emanuele Bressanin, Luigi Cima, Ettore Tito, ma in fondo anche Oreste Da Molin, Pietro Fragiacomo o Alessandro Milesi, fu la generazione che seguì appresso quella di Giacomo Favretto, Guglielmo Ciardi, Luigi Nono, Eugenio de Blaas, e gli stessi Noè Bordignon, Luigi Serena, Egisto Lancerotto, Pietro Pajetta, vale a dire quella di quei pittori che a Venezia, in contatto con altre realtà artistiche nazionali e straniere, inaugurarono la straordinaria stagione del Verismo veneto, a cui Vittorio Tessari, e gli altri pittori della sua generazione, si ricollegarono ben presto diventandone loro stessi importanti esponenti. Ma l’ambiente ufficiale, l’ambiente accademico, come abbiamo visto, era ancora vincolato alle rigide regole di un’estetica oramai fuori luogo e fuori tempo.

Questo, detto in breve, era il panorama cultural-figurativo dell’ambiente accademico ed artistico di Venezia quando il giovane Vittorio Tessari vi giunse per intraprendere i suoi primi, veri insegnamenti di pittura.

 

Nato a Castelfranco Veneto il 7 ottobre 1860, figlio di Marziale e Anna Bacco, era il sesto di sette fratelli, dei quali l'ultimo, Romolo pure pittore. Pressoché nulla si sa con certezza della sua famiglia, se non che nei registri della parrocchia di Santa Maria della Pieve Nuova in città, dove fu annotata la sua nascita, i genitori, sposatisi il 22 settembre 1853, furono entrambi indicati con la dicitura “cattolici possiden­ti”. Ciò porta a supporre che le condizioni economiche della famiglia fossero tali da consentire a Vittorio, una volta appurata la sua vocazione artistica, d’iscriversi nel 1876 all’Accademia senza l’intervento di aiuti esterni, come invece era successo alcuni anni prima, ad esempio, a Noè Bordignon, che poté frequentare gli studi accademici solo grazie agli aiuti, tra gli altri, anche della municipalità stessa di Castelfranco (cfr. Noè Bordignon - Vita e opere, catalogo a cura di Marco Mondi, in Antiquari ai "Carraresi", Treviso, Ca' dei Carraresi, 4 - 12 maggio 2002, Preganziol di Treviso 2002, pp. 51 -62).

All’Accademia di Belle Arti di Venezia, seguì con particolare interesse le lezioni di Eugenio de Blaas, che al termine degli studi rilasciò a Tessari una lettera di raccomandazione, datata 21 luglio 1883, dove, tra le altre cose, così scrisse: <<Vittorio Tessari pittore ha compiuto il corso degli studi accademici in modo veramente lodevole... Nel munire della presente attestazione questo mio carissimo allievo, faccio voti che tosto gli si presenti occasione per poter mostrare la propria valentia nell'arte>>.

Tra le sue prime opere note, il già menzionato e giovanile Socrate che esorta Alcibiade a cangiar metodo di vita (fig. 2), premiato al concorso accademico di composizione nel 1883, sebbene messo in scena in tutto e per tutto secondo gli schemi accademico-romantici del quadro di storia, è un'opera che tradisce comunque gli insegnamenti pittorici e compositivi del suo maestro; e basta guardare la mollezza seducente delle figure femminili per convincersene, magari anche solo confrontandole con quella dell'opera alla tavola 125, di cui l'ultima a destra della nostra sembra una puntuale citazione. Qui, secondo la più convenzionale tradizione accademica, i personaggi sono enfaticamente messi in posa con una nobiltà melodrammatica di sentimenti e di espressioni come se fossero quelle degli attori impegnati nella recita teatrale di un'opera lirica, non senza dotte allusioni allegoriche a Venezia: Alcibiade, l'eroe dal quale gli ateniesi s'aspettavano resti­tuisse alla città l'antico primato sui mari, è spinto da Socrate, suo amico e maestro, ad abbandonare i capricci di una vita leggera per de­dicarsi alle sue qualità di valoroso combattente (cfr. Marco Mondi, Vittorio Tessari, in "Abitare la Castellana", Castelfranco Veneto, maggio 1994, pp. 40-46, 53). Pure la tecnica esecutiva segue i più classici dettami accademici attraverso una resa minuta ed accurata del disegno ed un effetto coloristico ottenuto da una bilanciata stesura luministica del chiaroscuro. Per fortuna, questa prova scolastica sembra essere un caso piuttosto isolato all'interno della sua più vasta e conosciuta produzione artistica, sebbene vi sia testimonianza di almeno un altro dipinto di soggetto allegorico-mitologico, dal sapore purista e preraffaellita, spiccatamente romantico alla maniera di Alma-Tadema (fig. 3).

Finiti gli studi nel 1883, ci sembra comunque di poter affermare con sicurezza che il giovane Tessari, come tanti altri artisti suoi coetanei (e non ultimo lo stesso Luigi Cima, col quale il nostro divise in questi primi anni lo studio di Palazzo Rezzonico a Venezia e del quale per tutta la vita restò amico - cfr. Luigi Cima ed i suoi allievi, catalogo a cura di Antonella Alban, Mel, Palazzo delle Contesse, 22 dicembre 2000 - 28 gennaio 2001, Mel 2000 e Franca Visentini, Luigi Cima 1860 - 1944, Mel 1990), non tardò ad aggiornarsi alla pittura del Verismo veneto, che proprio negli anni Settanta ed Ottanta aveva dato vita ad alcuni tra i più straordinari capolavori di tutta l'arte italiana dell'Ottocento. Ciò significò anche per lui l'allontanarsi dal quadro di storia a favore della storia presente o meglio, a favore di scene di genere nelle quali, già dalla seconda metà degli anni Ottanta, volle illustrare, con toni narrativi, aneddotici e popolareschi, e con qualità e cognizione, la vita di tutti i giorni. Soggetti, tra l'altro, che erano tra i preferiti dalla nuova committenza borghese. Questo comportò, a livello, tecnico un graduale abbandono di una pittura basata sul prevalere del disegno e del chiaroscuro ed eseguita in studio, per andar sovente a dipingere dal vero, quindi con una pittura gradualmente sempre più di tocco, a macchia, mossa e vibrata nella composizione e nel colore col quale, soprattutto, è riscoperta la luce. Il taglio compositivo, inoltre, con cui sono colte queste raffigurazione, spesso tradisce l’uso, o per lo meno l’influenza, della fotografia.

S'è già detto nella presentazione, come uno dei principali ostacoli nella comprensione dell'opera artistica di Vittorio Tessari (e di Romolo), sia il fatto che a noi fino ad oggi non siano noti molti tra i suoi più importanti lavori se non, almeno per alcuni, attraverso fotografie d'epoca. E questo, sia per le opere giovanili che per quelle della maturità e dei suoi ultimi anni di attività. Tuttavia, tanto attraverso l'analisi delle opere conosciute solo in foto e databili sensatamente ancora dentro il XIX secolo, quanto attraverso le opere che si conoscono in originale, datate o databili a questi primi anni, si può affermare con certezza che la sua prima attività pittorica fu, stilisticamente e qualitativamente, assai vicina alla produzione dei primi anni Ottanta di Eugenio de Blaas, sebbene non pochi furono i richiami alla pittura di Giacomo Favretto e di Luigi Nono nonché, spesso, alla pittura dell'ammirato compaesano Noè Bordignon e a talune opere anche di Luigi Serena. A tal proposito, esemplare è la serie di piccoli, bellissimi ritratti che inaugura in mostra, e in catalogo, le opere dell'artista (tavv. 1-8). Eseguiti attorno al 1890, o prima, come provano alcuni di essi datati 1886 e 1889 (tavv. 1, 3), sono tutti, tranne quello maschile (pure esso fortemente influenzato dai modi del suo maestro), trattati quasi come fossero figure di genere nelle quali si sente una maturità artistica oramai già consapevole delle espressioni più genuine del Verismo veneto dell'Ottocento. Le modelle effigiate sono colte a mezzo busto, leggermente di profilo o di fronte, con il volto reclinato o comunque molle, con un ritmo un po' tortile e sinuoso, così da precisare ad un tempo la voluminosità spaziale ed il languore espressivo degli occhi e dello sguardo, indagandone l'intimità psicologica per rendere un'atmosfera talvolta civettuola, talaltra pensierosa ed un po' malinconica quando vuol tradurre un atteggiamento di timida, interiore riflessione. Non vi è alcuna forzatura di ricercatezza compositiva o di messa in posa, ma semmai una volontà di rendere l’immediatezza colta dall’occhio che osserva e vuol riportare sulla superficie da dipingere il “vero” che gli sta davanti. Pittoricamente, la pennellata è delicata, raffinata, elegante, data con minuta e paziente attenzione là dove deve descrivere la fedeltà fisionomica delle effigiate; mentre è resa con tocco sciolto, deciso e vibrato nelle vesti e sullo sfondo, in modo tale che la luce, attraverso contrasti cromatici più o meno marcati, possa esaltare la valenza là timbrica e qua tonale del colore. Vittorio Tessari, in queste prime opere, mostra d'aver recepito e fatti propri gli insegnamenti del suo maestro all'Accademia tanto a livello di tecnica esecutiva, che in de Blaas, non fosse che per le sue ascendenze mitteleuropee, è sicuramente più descrittiva e meno vibrata di quella di un Favretto e dei pittori di gusto marcatamente più favrettiano come, ad esempio, il Lancerotto o il primo Bressanin, quanto a livello di soluzioni compositive, nei ritratti femminili sempre permeate di una raffinata seducente sensualità. E qui basta il confronto di queste opere con il bel dipinto di Eugenio de Blaas presentato nella sezione dedicata alla pittura veneta di fine XIX-inizi XX secolo (tav. 124). Ma i raffronti tra le opere di Vittorio e quelle di tanti artisti esposti in quella sezione, rivelano sorprendenti assonanze di stile e di tecnica che attestano come il nostro artista sia qualitativamente, dopo le personalità maggiori, e talvolta assieme a loro, tra i rappresentanti più interessanti della seconda generazione del Verismo veneto.

Tra quest'ultimi lavori di Tessari, vi è la bellissima testina di donna di proprietà della Civica Raccolta Comunale di Castelfranco Veneto (tav. 2), giunta attraverso il lascito testamentario di Giovanni Bordigioni, che era amico del pittore, come attesta anche la scritta posta sul suo verso (<<All'amico Dr. Giovanni Bordigioni / Venezia 1 Settembre 1991>>), dove vi è anche un timbro, che ricorre in molte altre opere di questi anni, dal quale si desume che a quella data l'artista ri­sultava abitare a Venezia, in Palazzo Dolfin a San Pantaleon (cfr. Opere della Civica Collezione Museale, cit., pp. 134, 233, fig. 145, n. 145). Dato piuttosto importante, vista la scarsità di notizie biografiche di cui siamo in possesso. Vittorio Tessari, infatti, che pur il 7 maggio 1887, a Venezia, aveva sposato la miranese Maria Solveni (presso la Biblioteca Comunale di Castelfranco Veneto si conserva un elegante libricino che la zia Fanny Cardani dedica alla nipote in occasione delle sue nozze; in esso, proprio perché sposa un pittore di Castelfranco, compare un breve saggio sulla vita e sulle opere di Giorgione), abitò a lungo nella città lagunare, dove in quegli anni aveva lo studio, prima di andare a stabilirsi definitivamente a Mira. Ciò nonostante, i suoi rapporti con la terraferma e con Castelfranco continuarono piuttosto assidui come prova, oltre ai soggetti di alcuni suoi dipinti e ai suoi rapporti col Bordigioni, e certamente pure con Francesco Marta, l'allora direttore del museo civico cittadino (al quale farà il ritratto), anche la tela centinata raffigurante San Biagio dipinta nel 1887 per la chiesa parrocchiale di Barcon di Vedelago (fig. 4).

A questo stesso momento, può essere fatta risalire l'esecuzione di un'altro squisito piccolo dipinto ambientato nel nostro entroterra, che è da annoverarsi certamente tra le sue opere di maggior pregio: il Ragazzino con ombrello (tav. 13), dove l'artista si concentra sulla figura intera del piccolo effigiato, fermato quasi come in un'istantanea. Interpretato come figura di genere, il bambinetto è magistralmente colto con tutta l'aria sbarazzina e a un tempo timida del fanciullo di campagna: ben centrato nella composizione, è raffigurato mentre cammina su una strada fangosa dietro la quale, accennata con veloci e vigorose pennellate, s’intuisce la tipica atmosfera autunnale del paesaggio veneto, caratterizzato dalle montagne sullo sfondo. Giocato nel primo piano sulle tonalità cupe del marrone, la figura del bambino prende voluminosità stagliandosi sul paesaggio retrostante attraverso il contrasto cromatico con lo sfondo più chiaro, così come lo scuro dell’ombrello fa cromaticamente risaltare il fresco, innocente e trasognato volto. Anche in questo caso, la tecnica pittorica impiegata vede ancora una volta una pennellata minuta e paziente usata nel descrivere la figura, contrapposta a quella più decisa, vibrata e sciolta del paesaggio, nel quale la profondità spaziale è sapientemente suggerita attraverso l’andamento obliquo della strada che s’incrocia, fuori campo, con i profili obliqui delle montagne. Sul verso della tavoletta, in fine, vi è un timbro simile a quello su citato, con la seguente scritta: <<Vittorio Tessari / Pittore / Palazzo Brusa - S. Pantalon / Venezia>> (in realtà è lo stesso palazzo, vale a dire Palazzo Dolfin, o meglio Palazzo Secco-Dolfin, detto anche Palazzo Brusa, perché l'architetto Giovanni Battista Brusa lo acquistò nel XIX secolo e lo restaurò; il palazzo, del XVII secolo, un tempo era ornato da tele del Tiepolo, oggi a Pietroburgo e a Vienna - cfr. Giulio Lorenzetti, Venezia e il suo estuario, Trieste, rist. 1980, p. 564). 

Databile all'incirca a questi anni, o poco dopo, è un'altro piccolo, ruffiano, dipinto di proprietà della Civica Collezione Museale della nostra città che raffigura una Donna con cappello (tav. 9), soggetto ispirato alla vita famigliare ed elegante della società borghese di provincia dell'epoca, che lo mostra dotato di una vivace, anche nei cromatismi, pennellata di tocco, pastosa e decisa, che sarà una costante di tanta sua produzione, fino agli ultimi anni della sua attività. Legato al museo cittadino con lascito testamentario dal Bordigioni, faceva un tempo coppia con un'altro quadro dalla tematica e dalle dimensioni simili (fig. 11), curiosamente e sintomaticamente firmato Giacomo Favretto, quando invece, dal giudizio espresso sulla base della sua riproduzione fotografica, è con ogni probabilità da ricondurre a Vittorio Tessari. Quest'ultima opera è oggi purtroppo dispersa (cfr. Opere della Civica Collezione Museale, cit., pp. 135, 233, fig. 146, n. 146).

Dopo l'analisi di questi interessantissimi dipinti, ma piccoli nelle dimensione, si può comunque presumere che la stessa tecnica pittorica e lo stesso gusto compositivo, così spesso ispirato agli aneddoti popolareschi di de Blaas, abbia caratterizzato anche le prime opere di Vittorio Tessari più impegnate nel soggetto e nelle misure, che erano poi quelle che presentava alle esposizioni.

All'importante Mostra Nazionale della Città di Venezia del 1887, dalla quale prese poi spunto l'idea di creare la Biennale (cfr. Paolo Rizzi, Enzo Di Martino, Storia della Biennale, 1895 - 1982, Milano 1982, p. 13), Vittorio Tessari espose tre opere: In attesa del marito, Verso sera, Ti me ne conti de bele! L'ubicazione di questi dipinti, che sono certamente opere ben più impegnate rispetto a quelle che abbiamo sopra visto, purtroppo, è sconosciuta. Del primo, tuttavia, tra le documentazioni della Biblioteca Comunale di Castelfranco Veneto, si conserva una foto d'epoca; mentre l'ultimo è forse identificabile con quello, pure datato 1887, riprodotto in un'altra foto d'epoca della stessa raccolta, che sul verso reca però la titolazione <<I primi amori>>. Sulla base di queste fotografie, si può provare ancora di più il fatto di come il Tessari, non ancora trentenne, si sia oramai effettivamente allontanato dalla pittura di storia ed abbia intrapreso la strada del Verismo: poco gli resta degli iniziali accademismi di sapore storico-romantico, se non per la presenza di stilemi applicati però, adesso, a raffigurazioni di carattere aneddotico-popolare, che sono poi le tematiche affrontate dai più aggiornati pittori veneti. In attesa del marito (fig. 5), è un'efficace composizione ambientata in un interno che l'artista ha cercato di tradurre fedelmente. La scena è improntata sulla figura della mamma seduta sulla bordura del caminetto che, nell'"attesa del marito", si distrae un attimo dal lavoro a maglia per coccolare il suo bambinetto mentre, da brava donna di casa, ha già messo la pentola a bollire sul fuoco. Tessari riprende il povero ma caldo angolo di cucina con tutti gli oggetti che lo adornano e che lo rendono un luogo quotidianamente vissuto, dalla legna sulla sinistra, ai panni stesi sulla destra, dalla sedia con il cesto della maglia ed il gomitolo di lana a terra agli oggetti sulla mensola del caminetto in alto. Tutto è colto con una lucidità descrittiva e con una tecnica esecutiva, almeno da quel che si può giudicare dalla fotografia, ammirevoli nella qualità e nell'"invenzione" veristica, così da dar vita ad un interessante precedente che da lì a qualche anno, bisogna dire però con una spiritualità ben più sentita, fu ripreso da Noè Bordignon ne' La pappa al fogo. Con I primi amori (fig. 6), datato 1887, che sia o no l'opera esposta alla Nazionale veneziana, ci troviamo di fronte ad una delle sue più belle creazioni, qualitativamente assai elevata tanto a livello pittorico quanto nel magistrale sviluppo della composizione, che certo nell'originale deve essere corroborata dal gioco dei cromatismi e quindi della luce, solo intuibile in fotografia. Pure essa ambientata in un interno, mostra, rispetto alla precedente, una maggior sintonia con le opere che negli stessi anni andava eseguendo Eugenio de Blaas, come puntualmente tradiscono le figure, soprattutto quelle dei due amanti; tuttavia, come in un'istantanea, nel rappresentare l'ambientazione che si desume essere quella dell'interno di un casolare del nostro entroterra, descritto con la preoccupazione di cogliere veristicamente la realtà semplice e campagnola, l'artista sa trasformare con una poetica tutta sua la vivace scenetta di genere presentandocela come uno scorcio credibile di vita contadina del nostro Ottocento. Anche Vittorio Tessari, infatti, fu maestro nel “ritrarre” con estro vernacolare paesaggi della nostra campagna e delle nostre montagne, interni e momenti sentiti della quotidianità di tutti i giorni, squarci paesani della semplice vita d'un tempo, nonché effigi di persone che non sono semplici mimesi delle loro peculiarità somatiche, bensì soprattutto eloquenti ritratti della psicologia popolare di una determinata società (la nostra d’un tempo) in un suo determinato momento storico. Lo stesso gusto aneddotico di Realismo popolare e borghese di fine secolo, caratterizza altre opere, come ad esempio Le sorelline (fig. 9), conosciuta anche col titolo La pappa del gatto (dove una volta ancora è messa in scena una gustosa e credibile scenetta di intimismo domestico, resa particolarmente piacevole dalla scelta di raffigurare delle bambine impegnate nel piccolo evento quotidiano di dar da mangiare al gattino), o La pappa (fig. 10), nonostante la diversa ambientazione, stilisticamente tanto simile al Ragazzino con ombrello.

In uno scritto conservato assieme alla Scheda Informativa su Vittorio Tessari nell'Archivio Storico d'Arte Contemporanea della Biennale di Venezia, redatto con ogni probabilità secondo le indicazioni dello stesso artista, si legge che, dopo le prime esperienze come seguace di Eugenio de Blaas, il pittore <<iniziò una nuova maniera e si diede alla trattazione del quadro di carattere psicologico sociale. La rivelazione della nuova tendenza fu Sola al mondo...>>. Questa evoluzione figurativa fu una tendenza, a dire il vero, piuttosto comune a diversi artisti allo scadere del secolo. Esaurita la più genuina vena poetica del Verismo, le cui tematiche s'erano tanto diffuse da divenire quasi una moda, la trattazione del quadro di carattere psicologico-sociale fu uno dei tanti tentativi intrapresi per andar oltre il Verismo stesso, sviluppandone in altro modo le raffigurazioni ormai manierate dei soggetti di genere. Il Verismo divenne inevitabilmente anche critica sociale ed esaltazione dei sentimenti umani. Vi fu allora la ricerca della verità sociale, della verità umana, della verità spirituale, della verità psicologica, della verità morale, della verità patetica e d'altre verità ancora. Spesso, per esaltarne la valenza espressiva, l'artista si servì di espedienti di vera e propria drammatizzazione che talvolta sfociarono nel “romanticismo”, nel “sentimentalismo", nel "moralismo", nello "psicologicismo", nella "messa in scena" teatrale del quotidiano. Così il Verismo, portato ad una sorta di nuova "astrazione della realtà", entrò in crisi e Venezia, in un modo tutto suo, si preparò ad entrare nell'estetizzante cultura decadente che, bisogna sottolinearlo, nelle isole della laguna trovò il suo humus ideale.

Semplificando per motivi esplicativi una situazione in realtà alquanto complessa e per niente così netta, non solo a Venezia ma in genere in gran parte della cultura occidentale dell'epoca, si può dire che da un lato, attraverso un’amplificazione oratoria ed un’enfatica esaltazione della stessa volontà di cogliere il vero facendolo essere troppo vero per essere davvero realistico, la volontà di superare il Verismo spinse sempre più l'artista verso una resa ideale della raffigurazione, quindi spesso, quando vi fu un forte prevalere dell'aspetto "soggettivo" ed intimistico, verso il Simbolismo; dall’altro, attraverso la verifica delle peculiarità di ripresa ottica del mezzo pittorico interpretato secondo le nuove teorie scientifiche della percezione e dei colori, la reazione al Verismo spinse l'artista verso una ricerca figurativa decisamente più sperimentale, mossa dal desiderio di ottenere una verifica ottico-plastica-coloristica della realtà riportata sulla tela, dando quindi prevalenza all'aspetto "oggettivo" del mezzo pittorico, che non tardò a sfociare, da noi, nel Divisionismo e poi nelle prime esperienze delle avanguardie storiche (cfr. Corrado Maltese, op. cit., p. 23). Un'altra esperienza figurativa determinante per molti artisti in questi anni fu il Liberty, che adattò il suo "colpo di frusta" e le sue sensuali sinuosità floreali tanto alle valenze del Simbolismo quanto alla necessità di sperimentazione delle tendenze espressive più tecnico-scientifiche.

A Venezia però, e nel suo entroterra, tutto questo ancora una volta sembrò arrivare come una voce lontana, che impiegò molto tempo per essere compresa appieno; anzi, quando iniziò ad affermarsi una reazione al Realismo di fine secolo, che fu comunque più di superficie che di sostanza, nel senso che fu più di tematica che di forma, nuove necessità espressive iniziavano già a manifestarsi. La prima reazione vera a tutta questa cultura, che fu il primo tentativo di uscire dall'Ottocento (e fu il primo, per tempo, in Italia), venne solo per opera delle nuove generazioni degli artisti di Ca' Pesaro, tra il 1909 e lo scoppio della Prima Guerra Mondiale (cfr. Enzo Di Martini, L'opera Bevilacqua La Masa, Venezia 1984). Per la cultura ufficiale, e anche Vittorio Tessari era diventato nel frattempo, per le nuove generazioni, un pittore della cultura ufficiale, l'Ottocento doveva continuare anche nel nuovo secolo. Infatti, questi furono gli anni in cui a Venezia dilagò la Belle Époque e quindi il Decadentismo, quella tendenza culturale cioè nella quale regnava la sensazione di appartenere ad una società giunta al culmine dello splendore ma, proprio per questo, oramai destinata all'inevitabile declino. Furono gli anni in cui la società veneziana, e veneta, s'immerse in una ricerca estetica estremamente intellettualistica. L'esaltazione di questa tendenza, si manifestò in una artificiosa ed eccentrica concezione mistica della poetica artistica, che attinse a piene mani da una sensazione di tragica inquietudine e da un profondo senso di solitudine, di morboso e raffinato vagheggiare del disfacimento e della morte. Principe incontrastato di tutto questo fu, anche e soprattutto a Venezia, il poeta-vate Gabriele D'Annunzio, vero propulsore di gusto e cultura in tutta la penisola. Ma all'altisonante retorica dannunziana, Vittorio Tessari sembrò preferire una poetica più intimista, discreta e riservata. L'influenza della cultura decadente, in lui si fece sentire principalmente proprio con la sua reazione al Verismo attraverso la <<trattazione del quadro di carattere psicologico sociale>>.

Sola al mondo, presentata alla prima Biennale veneziana, ci è purtroppo nota solo da riproduzioni fotografiche dell'epoca (fig. 7), sebbene in questa occasione si sia riusciti a portarne in mostra un interessantissimo studio (tav. 18), a livello compositivo alquanto fedele all'originale e grazie al quale si può pertanto supporre un'altrettanto importante vicinanza anche a livello cromatico. Dipinto che si presume di grandi dimensioni, è un'opera esemplare per mostrare la trasformazione delle tematiche del Verismo attuata da Tessari. Ancora una volta l'ambientazione è un interno, un interno descritto con la magistrale abilità di cui l'abbiamo già visto essere dotato, seppure pare di notare la volontà di voler semplificare la raffigurazione attraverso l'introduzione di un numero minore di piccoli oggetti che, nei dipinti precedenti, caratterizzavano e vivacizzavano lo spazio. Così facendo, l'artista concentra l'attenzione nelle figure e nel dramma che vi è rappresentato. La cruda figura del morto disteso sul letto e coperto dal lenzuolo che lascia vedere solo una parte dei piedi, in modo da far chiaramente identificare l'imponente massa bianca con la sagoma del corpo e la sua conseguente positura, intuendone le mani incrociate sul ventre e più in là la testa, diviene lo scenario accanto al quale si svolge figurativamente la tragedia, silenziosa, della ragazza ai piedi del letto, chiusa nel suo dolore. Le due direttive compositive oblique per mezzo delle quali si penetra nella spazialità dell'opera, esaltano ancor di più la teatralità del dramma, trovando eco nei cromatismi e nei forti contrasti di luce che si vengono a creare con il bianco del lenzuolo e della camicetta della ragazza. Più in là, nella zona in ombra, sopra la testa del morto, arde un lumino mentre un crocifisso sta appeso poco più a destra: oggetti che così presentati vengono ad assumere una chiara valenza simbolica. L'opera ebbe molto successo, al punto da meritare il nono posto nella votazione per il conferimento del premio popolare della mostra (premio che fu vinto dal famoso Supremo convegmo di Giacomo Grosso, il cosiddetto "quadro maledetto", contro il quale si scagliò l'allora patriarca di Venezia, Giuseppe Sarto, il futuro papa santo, che lo voleva far ritirare dall'esposizione, tanto sembrava scandaloso - cfr. Paolo Rizzi, Enzo Di Martino, op. cit., pp. 47-49). Sola al mondo fu poi acquistata dal conte Filippo Grimani, sindaco di Venezia, e presentata nel 1935 alla Mostra dei Quarant'anni della Biennale, fra le opere più significative tra quelle della storia delle Esposizioni dei Giardini (dal catalogo della mostra, il dipinto risultava di proprietà del conte Massimo Grimani).

Due anni dopo, alla Biennale del 1897, alla quale anche il fratello Romolo partecipò con due dipinti, Vittorio Tessari espone Angosce (fig. 8), un'altra opera di successo, che fu utilizzata pure dalla ditta "Carlo Erba S.A." di Milano per illustrare la pagina del mese di novembre del calendario. Più ancora di Sola al mondo, Angosce mette in scena una tematica di "carattere psicologico-sociale" decisamente più esplicita. Sempre in un interno, reso ancora più spoglio da ogni suppellettile che non sia strettamente necessaria, è illustrato il dramma di un'intera famiglia, dalle indigenti condizioni economiche, raccolta nel dolore per la malattia di una delle figlie. Le soluzioni compositive e coloristico-luministiche con le quali l'artista risolve l'opera, vertono tutte a sottolineare la situazione di angoscia che traspare dagli atteggiamenti, dalle positure, dallo stato d'animo delle figure, in un crescendo compositivamente ritmato che si muove nelle due, per Tessari ricorrenti negli interni, direzioni oblique di penetrazione spaziale. Quella di sinistra, attraverso la direttiva in ombra tracciata dalla panca su cui sta la bambina, le cui gambe, incrociandosi con la panca stessa, ne danno inizialmente una prima cadenzata interruzione, per proseguire poi amplificata dalla dolce sinuosità della positura della parte superiore del corpo che ci introduce alla zona più luminosa del dipinto, la figura, direzionata in senso opposto rispetto alla sorella, della bambina a letto, centro del dramma famigliare e della composizione del dipinto. Con una più scandita e crescente cadenza, si ritorna al primo piano di destra attraverso le interruzioni verticali delle due figure dei genitori, entrambe risolte con sapiente ritmo chiuso nelle positure, a sottolinearne lo stato psicologico di angoscia e dolore. L'altra direttiva di penetrazione spaziale, partendo da destra ripercorre in senso opposto la superficie delle tela, trovando inizio proprio dalla figura maschile seduta, caratterizzata da una straordinaria positura che suscita la sensazione di una colonna portante abbattuta, piegata su se stessa. Tessari affronta un dramma famigliare e lo trasforma in dramma sociale. Presenta con grande dignità umana la tragedia di una famiglia indigente, che sembra non avere nemmeno i soldi per curare la figlia ammalata, e da questo fatto di quotidiana realtà, lancia la sua, pur non polemica, rivendicazione sociale per dei diritti che dovrebbero accomunare tutti, ricchi e poveri.

In questi anni Tessari era considerato già un pittore di grande talento: lo attesta anche la nomina, il 25 novembre 1900, ad Accademico d'Onore del­la Reale Accademia di Belle Arti di Venezia. Le sue opere furono presentate sempre più numerose a molte esposizioni d'arte tenute in città italiane, come, ad esempio, oltre Venezia, Treviso, Udine, Trieste, Milano, Firenze, e straniere.

Vale a questo punto la pena di fare però una veloce constatazione, che potrebbe non essere esatta o essere valida solo in parte, considerando il ristretto numero di opere che conosciamo dell'artista, ma che merita comunque d'essere evidenziata. E' certo che, in questi anni, Tessari abiti a Venezia; tuttavia, dalle opere note di questo periodo, non una sola è ambientata in città, a differenza di quanto fecero quasi tutti gli altri pittori suoi coetanei. E' chiara, fino a questo punto, come abbiamo visto, la sua predilezione per gli interni; ma è assai sintomatico che in tutti i suoi lavori più importanti sino ad oggi noti vi siano rappresentati scorci, più o meno permeati di "romanticismo", di vita quotidiana contadina e di terraferma o, almeno, mai raffigurazioni nelle quali vi sia un esplicito riferimento alla città lagunare. Se così fosse davvero, sarebbe certo questo uno dei suoi maggiori impegni proprio in quella <<trattazione del quadro di carattere psicologico sociale>> che, allora, sarebbe stata già in nuce ben prima di Sola al mondo. Ma anche per la sua successiva attività, che si allargò con decisione alla raffigurazione di realtà all'aria aperta, non si ricordano precise ambientazioni veneziane, ad esclusione di rarissime eccezioni, come per l'opera Giovane veneziana (tav. 31), che è del 1920. Questa scelta, pertanto, rappresenterebbe un dato di fatto che non potrebbe essere considerato marginale.

Accanto alla produzione fin qui vista, Tessari praticò con gran successo altre tecniche, come il pastello (tavv. 20, 22) e, soprattutto, l'acquerello, affrontando con particolare interesse la ritrattistica che, come abbiamo già appurato per i dipinti, divenne spesso un pretesto per dar vita a raffigurazioni che possono essere considerate ad un tempo anche soggetti di genere (tavv. 10-12, 14-17, 21). Nell'acquerello mostra una notevole bravura e abilità esecutiva, che gli permette di tracciare, in una tecnica che non lascia spazio al pentimento, con decisione e sicurezza la figura umana, cogliendola sovente a mezzo busto e con un ritmo leggermente tortile per darle voluminosità spaziale. Descrive con minuziosità le fisionomie del volto, gli occhi, il naso, la bocca, l'orecchio, per dar poi sfoggio ad una pennellata dal tocco veloce e vibrato là dove la mano può muoversi con maggior libertà, come nei capelli o nelle vesti. In questi "ritratti di genere", lo sfondo è quasi sempre neutrale, giocato sovente con una tonalità tenue ma che contrasta cromaticamente con il colore dei capelli e con gli incarnati chiaroscurati del volto, così da dare a quest'ultimo un efficace risalto luminoso per sottolinearne, assieme all'atteggiarsi della positura, l'interiorità psicologica. In pittura come negli acquerelli, Tessari fu comunque un grande ritrattista, lo provano tutte le opere di questo genere esposte in mostra e le numerose commissioni, che risultano dalle fonti, avute da personaggi illustri o in vista del tempo, come il conte Francesco Colonna di Castelfran­co, il pittore Placido Fabris (dipinto già esposto nella sala dei Primitivi alle R.R. Gallerie di Venezia), la Regina Margherita (opera già esposta in Palazzo Reale a Venezia), il conte Massimo Grimani, il Duca di Madrid e altri ancora. Tuttavia, anche in questo campo uno dei suoi capolavori è ancora una volta un'opera di cui non si conosce l'ubicazione e che ci è nota solo da foto d'epoca. Non è certo casuale se nei primi anni del nuovo secolo (almeno da una datazione formulata sulla base dell'immagine fotografica), Vittorio Tessari faccia, su commissione, il Ritratto di Antonio Fogazzaro (fig. 12), personalità appartenente ad un ambiente agiato e colto, nonché particolarmente sensibile alle problematiche religiose, che in letteratura tentò di allontanarsi dai canoni del Verismo sostituendoli con esigenze spiritualistiche, che rimasero comunque legate al sociale e spesso indagate, sovente con una vena di sentimentalismo, sulla vita di personaggi minori. In questo straordinario dipinto, la cui qualità d'insieme pone Tessari al fianco dei grandi ritrattisti veneti dell'epoca, sebbene sia volutamente presentato come ritratto di rappresentanza, probabilmente su esplicita richiesta del committente, nulla fa tradire un'affettazione ricercata e d'effetto o un'ostentazione d'impianto compositivo che dia risalto all'impressione del primo colpo d'occhio a scapito di un genuino linguaggio poetico. Lo scrittore è raffigurato seduto alla sua scrivania, con i fogli e la penna in mano, bloccato con lo sguardo fisso come se fosse colto da un'istantanea (e non stupirebbe se un giorno si rintracciasse una fotografia di Fogazzaro del tutto identica al dipinto). Tutto è reso con qualità eccelsa ed attenzione al particolare, come nel bellissimo volto, da cui traspare la grande levatura ed il grande impegno intellettuale dell'effigiato, o nelle mani o nei libri, affastellati alla rinfusa sulla destra, a sottolineare anche qui la trascuratezza per il materiale a favore di una ricerca intellettuale, che fu in Fogazzaro anche spirituale, nonostante il suo incorrere, con l'opera Il santo, nella condanna sancita da Pio X contro il prete modernista; e siamo proprio nel 1905. Da un punto di vista strettamente pittorico, la dignità che traspare da questa effigie si manifesta attraverso la sapiente bilanciatura della luce, che diviene la vera protagonista del dipinto, così come la luce, attraverso il colore, è sempre stata la protagonista della pittura veneta di tutti i tempi. Là dove Tessari si libera da ogni componente di ristagno accademico nel "contenuto" a vantaggio della "forma", diviene davvero grande pittore e le sue opere, nonostante gli anni, di grande attualità.

Abbiamo già detto della presenza di Vittorio Tessari alle prime Biennali veneziane, e sicuramente anche per Vittorio Tessari, come lo fu per tutti gli altri artisti italiani, e non solo veneti, che vi parteciparono o che andarono a visitarle, le esposizioni dei Giardini furono un luogo dove egli ammirò e poté confrontarsi con quanto di più valido succedeva in arte a livello internazionale, almeno nei limiti permessi da Antonio Fradelletto e dalla cultura ufficiale dell'epoca. La creazione dell'Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia, infatti, <<prima apertura dell'arte italiana in uno scenario europeo>> (Guido Perocco, Artisti del primo Novecento italiano, Torino 1965, p. 11), fu il principale evento che giocò un ruolo fondamentale per tutta la nostra cultura artistica della prima metà del secolo. L'inaugurazione della Biennale, nel 1895, in concomitanza con l'ufficiale celebrazione del 25° anniversario di matrimonio tra re Umberto I e la regina Margherita, rappresentò il punto d'arrivo più importante di tutta una serie di precedenti esperienze espositive nazionali come, appunto, la mostra del 1887 (cfr. Paolo Rizzi, Enzo Di Martino, op. cit., p. 13). Le prime esposizioni, anche per i suggerimenti di Giovanni Boldini, lasciarono alla fin fine però poco spazio alle opere di quelli che sono oggi considerati i grandi maestri internazionali dell'arte di quegli anni. Come l'Accademia e come l'ambiente della cultura ufficiale, a cui lo stesso Tessari oramai apparteneva, anche la Biennale si mostrò inizialmente assai ostica nell'accogliere quanto di più moderno si stava facendo allora in Europa, almeno fino al 1920, quando nuovo segretario fu nominato Vittorio Pica. E ciò non tardò a far scoppiare le accese polemiche dei cosiddetti "giovani ribelli" di Ca' Pesaro (cfr. Enzo Di Martino, op, cit.). L'arte figurativa presentata ai Giardini, rappresentò comunque certamente un grande scenario non solo italiano, ma europeo, di confronto artistico. Ed è pertanto da considerare, anche per Tessari, l'enorme importanza che queste esposizioni ebbero per la sua arte, in quanto rappresentarono una delle principali fonti da cui, pur rimanendo sempre saldamente un pittore legato all'Ottocento, attinse nuovi stilemi espressivi di sapore più simbolista e liberty. Nelle opere di questo periodo, infatti, le tematiche affrontate sono in realtà quasi sempre le stesse, ma in esse vi si riscontra un fare più svolazzante, che fa traspirare un senso ricercato di enfasi espressiva e simbolicamente allusiva non senza, talvolta, sorprendenti esiti di vero e proprio "giapponismo" (e la Biennale del 1897 propose un'ampia mostra sull'arte giapponese): si veda, ad esempio, l'opera Donna con grande ventaglio (tav. 10). E' interessante inoltre notare, e non solo per Vittorio Tessari, come la pennellata ben delineata e talvolta minuta che andava a descrivere la figurazione con esiti quasi fotografici, dove il colore si mescolava spesso al nero per ottenere sfumature chiaroscu­rali o si sovrapponeva, un tocco sull'altro, con piccole macchiette, divenga gradualmente più densa e pastosa, sciolta e svolazzante, data sulla tela a stesure più larghe e sommarie, quasi come ci si volesse fermare ad una sorte di grande bozzetto. I colori tendono ad essere usati puri, mescolati non più sulla tavolozza ma sulla tela per una resa immediata e fresca del soggetto trattato, con risultati a volte quasi avvicinabili a quelli del Divisionismo. E' un'evoluzione tecnica che coinvolse un po' tutti i nostri pittori che, come Tessari, s'erano formati nella cultura figurativa dell'Ottocento, da Guglielmo Ciardi ad Alessan­dro Milesi, da Ettore Tito a Luigi Nono, da Noè Bordignon a Egisto Lancerotto, da Pietro Pajetta a Luigi Serena, da Cesare Laurenti a Beppe Ciardi, per diventare particolarmente accentuata quando, proprio alle prime Biennali, fecero la loro comparsa le opere (almeno alcune) dei grandi artisti internazionali, soprattutto di origine mitteleuropea ma anche francese e spagnola.

A tal proposito, Primavera (fig. 13) può essere considerato un esempio assai esplicativo. Eseguito nel 1910, raffigura un soggetto che è chiaramente allegorico: un'elegante fanciulla avvolta da una leggera e svolazzante veste bianca è colta nell'atto di avanzare con passo leggero, quasi aereo, tenendosi con una mano al tronco di un albero mentre alza l'altra per cogliere un ramoscello dello stesso albero in fiore; attorno a lei, un breve lembo di paesaggio primaverile sfuma nell'evanescente lontananza dell'ampio cielo che fa da sfondo. Al di là dell'evidente significato allegorico, assai interessante è notare come, non casualmente e, bisogna dirlo, con una trascrizione sintomaticamente più pudica, la figura si rifaccia con una certa fedeltà alla Ebe di Antonio Canova, al punto da riprenderne, oltre che la positura dal ritmo teso ed ascensionale, pur ribaltandone la ponderazione sulle gambe, la delicata presa delle dita della mano alzata e le mille pieghe mosse, sinuose ed ondulate della candida veste, che par di sentire le parole del sonetto che il Pindemonte dedicò a quell'opera del Canova: <<E la gonna investir che frettolosa / si piega ondeggiando e indietro riede>>. Pittoricamente, si sente che Tessari vuole aggiornarsi alle nuove istanze simboliste e liberty, adottando un disegno compositivo più moderno ed una pennellata più pastosa, sciolta e veloce, data a stesure decise e, nelle vesti, tratta quasi come sciabolate, raggiungendo nel risultato d'insieme, e sicuramente anche nella qualità, una singolare vicinanza con le opere di Cesare Laurenti. E non è certo questo l'unico caso di vicinanza con Laurenti: non si tratta, infatti, di influenze di un pittore sull'altro, quanto piuttosto di un percorso artistico simile, che tuttavia era anche piuttosto tipico dell'ambiente culturale dove operarono, tant'è vero che, sebbene non in modo così marcato, paragoni analoghi si possono fare con tante altre opere di altri artisti, più o meno coetanei di Vittorio Tessari.

Il 31 maggio 1930, il direttore degli Uffici Demografici di Venezia inviò alla società editrice di Milano, che dette alle stampe nel 1934 il famoso dizionario dei pittori Italiani dell'Ottocento del Comanducci, una lettera dove si dichiarava che Vittorio Tessari risultava abitare a Venezia, nel sestiere di Dorsoduro al n. 2754. Già qualche mese prima, il 5 febbraio 1930, l'allora podestà di Castelfranco Veneto, Rino Bolasco, aveva direttamente scritto al Comanducci precisando che Tessari in quel momento aveva <<la sua abitazione e dimora a Venezia>>. Nella città lagunare, inoltre, il 1 maggio 1909, il fratello Romolo, che pure viveva a Venezia, sposò ai Frari la veneziana Giovanna Bellò. Ciò nonostante, numerose sono le testimonianze che Vittorio Tessari, il quale nel 1887 aveva sposato Maria Solveni di Mira, non aveva mai perso i legami con la terraferma. Abbiamo già detto che nel 1887 aveva dipinto una tela per la parrocchiale di Barcon e, nonostante le poche informazioni sulla sua vita di cui siamo in possesso, si sa che operò molto, soprattutto come ritrattista, nella città natia e nei paesi dei dintorni, come a Mira e lungo la Riviera del Brenta. La sua amicizia con Luigi Cima, che durò decenni, lo portò certamente a soggiornare nel feltrino e a passare la villeggiatura in altre località montane, come testimoniano diversi suoi quadri (si sa che soggiornò anche a Genova dove lasciò opere, dove risiedeva il figlio, sposatosi con una genovese, e dove, alla sua morte, fu portata la salma - cfr. più avanti la nota al testo del prof. Tiozzo). Si ha notizia, inoltre, e com'era logico, che egli iniziò a frequentare con una certa assiduità Mira, la città della moglie, sin dai primi anni del secolo per stabilirvisi definitivamente, pare, solo attorno agli anni Venti, o poco prima, abitando in una graziosa dimora nei pressi di Villa Contarini dei Leoni. Evidentemente, però, in talune occasioni o contesti gli faceva probabilmente comodo dichiarare di abitare ancora a Venezia, dove forse aveva effettivamente altre proprietà. Comunque sia, da molti dei soggetti delle sue opere che siamo riusciti a rintracciare, pare certo che nei primi anni del nuovo secolo egli abbia iniziato a dipingere con una certa assiduità paesaggi di pianura e di montagna.

La notorietà di cui godeva in terraferma, gli comportò ben presto diverse commissioni per lavori da eseguirsi tanto in edifici privati quanto in chiese, sia in affresco sia su tela. Datato da alcune fonti tra il 1890 ed il 1900, ma da portare verosimilmente, almeno per chi scrive, più avanti di almeno due decenni, è l'importante lavoro di decorazioni in affresco svolto per Villa Contarini a Piazzola sul Brenta, effettuato su commissione della famiglia Camerini (che aveva dato incarichi pure ad altri importanti artisti, come i pittori Fausto Zonaro, Vincenzo Torti, Pietro Pajetta e gli scultori Giovanni Dupré, Luigi Ceccon, Leonardo Bistolfi). Come in parte riporta anche Camillo Semenzato nella sua guida della villa (Camillo Semenzato, Villa Simes già Contarini XVI secolo, Milano, III ed., 1981, pp. 69, 73), Vittorio Tessari fu incaricato di decorare almeno tre vaste sale con soggetti di ampio respiro e di grande suggestione, che dovettero essere stati esplicitamente richiesti dai committenti. Sono pitture, a dire il vero, piuttosto anomale nell'ambito della sua produzione artistica, tanto che, se non fosse per l'autorevolezza della fonte, sarebbe difficile farne il suo nome come autore, e questo non solo per i soggetti allegorico-mitologi trattati che, comunque sia, allo stato attuale delle conoscenze sulla sua attività, rappresentano un unicum, quanto e soprattutto per l'esecuzione pittorica. Il lavoro più vasto del ciclo è quello che va a decorare la lunga sala cosiddetta della Chitarra Rovesciata, sul soffitto della quale si snodano due successivi lunghi riquadri decorati, il principale, con Apollo e le Muse (figg. 19-20), l'altro, con una serie di putti che, in un ampio cielo carico di spumose nuvole, divisi in vari gruppetti, qua suonano, là giocano con festoni vegetali o volano gioiosi (fig. 21); tutt'attorno ai due riquadri si snoda un ricco e fastoso cornicione decorato con figure, mascheroni e motivi fitomorfici a volute. In queste raffigurazioni, che si susseguono con un elegante ritmo sinuoso ed ascensionale, le figure si stagliano contro il cielo grazie ad un suggestivo sotto in su, che evidenzia l'attenzione rivolta dal pittore alla gloriosa pittura veneta settecentesca e, ovviamente, tiepolesca, non senza vicinanze a taluni lavori, ad esempio, andando più avanti nel tempo, di Ettore Tito. Di impronta decisamente più barocca, nonostante pure qui i puntuali richiami a stilemi tiepoleschi, è il riposante riquadro dipinto nella sala del Pastorello (fig. 22), così detta proprio per questa raffigurazione che coglie, in un luminoso paesaggio classico risolto sempre con una prospettiva da sotto in su, Diana ed il suo seguito mentre s'avvicinano ad Endimione dormiente, simbolo della felicità umana che trapassa insensibilmente nella beatitudine eterna. L'opera più fastosa e ridondante, echeggiante la "maniera" di Giulio Romano e mossa da un ritmo vorticoso quasi alla Pietro da Cortona, nonostante le immancabili citazioni tiepolesche, come nella vigorosa figura di Apollo, è certamente quella dipinta sul soffitto della loggia coperta di sinistra, terminata nel 1892 dall’architetto Giulio Lunati, e raffigurante un enfatico e neobarocco Banchetto degli Dei (figg. 23-24); opera di notevole spessore tecnico ed invenzione compositiva.

Nel 1911, come ricorda anche il prof. Tiozzo, che ebbe modo di effettuarne lo strappo permettendo così il recupero degli affreschi sottostanti, Tessari affrontò un'altro importante ciclo di pittura murale per la chiesa di Gambarare, realizzato con la collaborazione del decoratore Silvio Trentin di Treviso. La Gloria di San Giovanni Battista (fig. 15), realizzata sul soffitto, è un'ariosa composizione che trova il suo fulcro nella figura centrale del santo benedicente, interpretato secondo un rigore pittorico che sembra rifarsi agli insegnamenti accademici e ai modelli della grande pittura veneta del Cinquecento; mentre tutt'attorno al santo volano numerosi angeli e cherubini dalle positure enfatiche e d'ispirazione tiepolesca e tardo-settecentesca. Altri angeli, dipinti nello stesso gusto di questi ultimi, andavano a decorare due comparti laterali. L'opera fu inaugurata l'anno successivo, quando venne scattata un'interessantissima fotografia che ritrae il pittore seduto accanto a molti dei personaggi più in vista del luogo, che il signor Gino Bareato, proprietario della fotografia, ha diligentemente individuato ad uno ad uno (fig. 14 - cfr. anche quanto detto più avanti dal prof. Tiozzo).

L'attività di decoratore di Vittorio Tessari, che deve essere stata probabilmente ben più vasta di quella che oggi noi conosciamo, continuò per lunghi decenni. Vicini per tipologia all'affresco sono i dipinti su tela, datati 1929, eseguiti per diverse cappelle di famiglia nel cimitero di Castelfranco Veneto: la Surgite Mortui (già Resurrectio) (fig. 25) per il soffitto di una cappella Genova-Serena, che riecheggia con toni più pacati l'opera di Gambarare; i tre bei lunotti per le tombe di varie famiglie raffiguranti rispettivamente la Madonna in trono tra angeli (fig. 26), risolta con un'eloquente eco giorgionesca, il Compianto su Cristo morto (fig. 27), singolarmente simile ad un affresco eseguito, pare da Antonio Boni, per la parrocchiale di Martellago, e gli Angeli musicanti (fig. 28), che riprendono ancora tematiche già affrontate a Gambarare; ed i tre lunotti, in fine, con sante di un'altra cappella privata. Sono opere, tutte, nonostante il precario stato di conservazione, che lo mostrando artista dotato sempre di notevoli capacità pittoriche ed inventive, nonché di una tecnica esecutiva fresca e vibrata, caratterizzata dall'uso di ve­loci e decise pennellate che vanno a mescolare tra loro le temperose e cangianti note cromatiche. Tessari tuttavia, anche in questo genere di decorazioni, così come vedremo più avanti nelle opere da cavalletto, nonostante l'alta qualità, si rivela inevitabilmente essere, a Novecento inoltrato, un pittore ancora saldamente legato alla cultura figurativa veneta dell'Ottocento. Destino, questo, non solo suo, ma di tanti altri artisti più o meno suoi coetanei e si pensi solo, ad esempio, per quel che concerne gli affreschi, al grande ciclo eseguito, in sostituzione di quello del Tiepolo, nel 1934 sulla volta della chiesa di Santa Maria degli Scalzi a Venezia da Ettore Tito.

Databile ai primissimi anni del secolo, è il Paesaggio con bambino che pesca (tav. 24), opera tra le più interessanti tra quelle esposte in mostra e sicuramente la più significativa per quel che concerne le dimensioni, quindi assai importante per noi in quanto ci dà un'idea della gran qualità dei suoi lavori più impegnati, che furono poi quelli con i quali l'artista si presentò alle mostre. Da quest'opera, infatti, appare un Vittorio Tessari dotato, anche nelle vaste dimensioni, di una poetica figurativa di notevole levatura, con la quale riporta nel paesaggio la stessa alta qualità esecutiva che abbiamo visto caratterizzare le sue opere di maggior valore realizzate sino a questo momento, e a noi note purtroppo solo attraverso foto d'epoca. Il soggetto è estremamente semplice nella composizione, incentrata sulla figura del ragazzino in piedi sulle rocce che sta pescando con la canna. Un ampio specchio d'acqua in basso a sinistra bilancia la luminosità cromatica delle rocce, che ne fanno da margine, e del cielo limpido che sovrasta le alture ancora innevate delle nostre montagne. Ed è ancora la luce, vera protagonista di tutto il dipinto, a scandire i piani di profondità spaziale del paesaggio, che dopo la quinta dei ramoscelli in primo piano a destra, crea una direttiva di penetrazione che parte dal vibrato biancore dell'acqua per entrare in profondità attraverso una direttiva obliqua, sottolineata anche dalla linea del terrapieno, cromaticamente dominato dal verde, che ci porta fino al lontano centro abitato sulla destra, oltre al quale si stagliano le alte montagne. E' interessante notare proprio la bravura di Tessari nel saper rendere la vertiginosa altezza delle montagne: i ramoscelli in primo piano misurano un'altezza che ci rimanda subito alla verticalità del bambino e ce lo "quantifica" spazialmente; dietro, il lungo scivolare zigzagato delle zone luminose chiare alternate alle più scure tonalità verdi, misurano con grande efficacia la distanza del paese lontano, che fa sì, come conseguenza, che l'enorme mole delle montagne acquisti un'altezza imponente e vertiginosa. La delicata ed elegante figura del bambino, come abbiamo già visto in tante altre opere, è descritta con minuziosità delicata e paziente, memore ancora degli insegnamenti del de Blaas, ma anche, sotto certi aspetti, di Luigi Nono e, soprattutto, di Noè Bordignon; mentre tutto il resto della composizione è trattato con una pennellata più veloce, vibrata e di tocco, che si fa pastosa e materica nel primo piano, per diventare gradualmente più diafana e diluita man mano che si va in profondità, fino a tornare pastosa e grumosa solo col biancore delle nevi in cima alle montagne. Nonostante la riposante visione tra l'aneddotico ed il pastorale di questo eccezionale paesaggio, Tessari traduce con contemplazione e sentito trasporto, in un ambiente all'aria aperta, la sua vena poetica di pittore verista, che vuole comunque cogliere un istante di vita reale e credibile in ogni suo particolare. Sa fondere, da grande maestro, la presenza umana nel paesaggio e questo a riprova dell'intima felicità provata dall'artista nel vivere e nel ritrarre un mondo che sente evidentemente molto di più suo, e vicino alla sua indole dignitosa e riservata, di altre ambientazioni cittadine o lagunari che, a quanto pare, sulla base delle opere fino ad oggi conosciute, furono da egli ben poco trattate. In mostra, sono presenti altri paesaggi, tutti di notevole qualità, databili all'incirca a questo momento, come il suggestivo Paesaggio fluviale con barca (tav. 19) di proprietà della Civica Raccolta Comunale di Castelfranco Veneto, caratterizzato dalle tonalità rosse del tramonto che vanno ad incendiare il cielo ed il suo riflesso sull'acqua (cfr. Opere della Civica Collezione Museale, cit., pp. 135, 233, fig. 147, n. 147). Datato 1908, è l'affascinante dipinto raffigurante un Paese ai piedi del Monte Grappa (tav. 27), dove l'"impressione" serotina ed evanescente del paesaggio primaverile riecheggia, con note tutte personali, un modo di fare eloquentemente veneto nel dipingere paesaggi, che accomuna molti dei nostri pittori in questi anni, da Gugliemo Ciardi, le cui opere sono sicuramente state un punto di riferimento anche per Tessari, a Pietro Fragiacomo, da Alessandro Milesi al nostro Noè Bordignon, ed è frutto di una poetica figurativa, l’abbiamo già detto, di formazione ottocentesca che si evolve, a contatto di istanze più moderne, verso una pittura più di tocco e d'impressione, certo influenzata anche dalle opere straniere viste alle Biennali. Come per altri pittori, questa fu una caratteristica che si protrasse per decenni anche in Vittorio Tessari: lo attestano, ad esempio, i paesaggi di proprietà della Banca Popolare di Vicenza, In barena (tav. 30) e Nell'Alto Adige (tav. 43), opere di grande maestria pittorica, datate rispettivamente 1920 e 1925. Eseguito in questi anni, o poco dopo, è pure il fresco Giardino di villa (tav. 44), forse proprio quella in cui abitava il pittore, nel quale la tematica del paesaggio è ristretta ad uno scorcio di vegetazione, realizzato con una notevole felicità di tocco e vivacità cromatica che nulla ha da invidiare alle opere di questi stessi anni, ad esempio, di Emma Ciardi, di Francesco Sartorelli o di Ferruccio Scattola.

La sua attività, che oramai, si può dire, si svolse prevalentemente in terraferma, proseguì in più direzioni, sebbene la ritrattistica fu sicuramente uno generi più praticati, grazie soprattutto alle numerose commissioni che continuò ad avere, giuntegli principalmente da quella classe borghese che, abbiamo visto, rappresentò in questi anni, per tutti i pittori, la principale clientela. Da artista formatosi nell'Ottocento, Tessari affrontò il ritratto partendo sempre da una fedele interpretazione del dato reale e proponendo l’effigiato sulla tela così com'è, così come lo si vede, quasi sempre senza alcun tentativo di "rappresentarlo" o di idealizzarlo. Quando si tratta di un "vero" ritratto, l'effigie della persona è colta in un atteggiamento e in una positura quanto più naturale possibile, senza gesti enfatici o affettazione di pose. Maestro nel saper rendere le fisionomie senza tradire nessuna forma di rigidezza nella trascrizione mimetica dei lineamenti fisionomici, Tessari seppe imprimere al volto il soffio della vita e con esso la personalità dell'effigiato, il suo carattere, il suo animo. Esemplari a tal riguardo sono le due tele di grande impegno, anche per le dimensioni, riprodotte alle tavole 25 e 26, datate entrambe 1909; mentre nel Ritratto di Francesco Marta (tav. 23), eseguito nel 1912 certamente sulla base di una fotografia (considerando che l'effigiato, notaio di professione ma soprattutto primo direttore dell'allora esistente Civico Museo cittadino, morì nel 1911), traspare principalmente una grande dignità intellettuale e bontà d'animo, voluta per un'opera che gli fu commissionata forse proprio per essere donata e quindi esposta al museo, come ne dà prova l'originaria etichetta espositiva: <<Vittorio Tessari / Francesco Marta / Fondatore del Museo>> (cfr. Opere della Civica Collezione Museale, cit., pp. 136, 233-234, fig. 148, n. 148).

Nei ritratti eseguiti più avanti negli anni, giunse ad impiegare una tecnica che fece sempre più uso di una pennellata pastosa e materica, dagli esiti pittorici, e, bisogna dirlo, anche qualitativi, talvolta assai vicini alla ritrattistica di Alessandro Milesi. Così, databile attorno agli anni Venti, nel Ritratto di donna (tav. 28), Donna "Ruzza" come ci informa la scritta su di un'etichetta posta sul verso (cfr. Opere della Civica Collezione Museale, cit., pp. 137, 234, fig. 149, n. 149), l'abilità esecutiva di Vittorio Tessari si serve di un tocco veloce e dato di getto, con grande sicurezza, che si fa estremamente materico nelle pennellate incrociate dello sfondo, per ritornare delicato e morbido nel bellissimo volto, caratterizzato da un'espressione di beatitudine interiore e serenità d'animo. Come suggerisce la titolazione dell'opera data dall'artista stesso, anche in Civetteria (tav. 39), databile all'incirca tra il 1920 ed il 1925, la bella figura femminile è sapientemente colta con un'analoga tecnica esecutiva, capace di suscitare la sensuale verve che traspare dalla personalità dell'effigiata (che è forse la stessa modella di diverse altre opere) alla maniera, si potrebbe dire, di un Lino Selvatico. Un'uguale sicurezza esecutiva, traspare in tutte le altre opere di questo genere, come nella serie di ovali recentemente acquisiti dalla Civica Raccolta Comunale cittadina (tavv. 34-37), o nei ritratti riprodotti alle tavole 29, 40 e 45, ma si fa particolarmente efficace e di alta qualità quando l'artista vuole prender spunto dalla ritrattistica per presentare la persona effigiata quasi come fosse, ancora una volta, una figura di genere. A tal proposito, eccezionale e di straordinaria bravura esecutiva è l'opera illustrata alla tavola 33, datata 1921, che rivaleggia e supera tante figure femminili uscite dal pennello di Cesare Laurenti, dove Tessari, in questo caso sì, arriva ad una sorta di idealizzazione dell'effigiata rappresentandola come una dolcissima icona della bellezza femminile e, ad un tempo, della bellezza pittorica. Lo stesso, sebbene con un'intensità espressiva più "decadente", si può dire per la bella testa di profilo della Civica Raccolta Comunale di Castelfranco Veneto (tav. 41), datata 1925 (o 1926 - cfr. Opere della Civica Collezione Museale, cit., pp. 138, 234, fig. 150, n. 150), fisionomicamente tanto vicina al ritratto di Donna Ruzza appena visto. Mentre nel presunto Ritratto di Claudia Barbiero (tav. 46), datato 1941 (il dipinto più tardo tra tutti quelli esposti in mostra), a riprova delle straordinarie doti pittoriche di cui Vittorio Tessari fu sempre dotato, una tecnica esecutiva ancora più di tocco e capace di trasmettere intense vibrazioni cromatiche pare forgiata su un'acuta rilettura delle opere dell'Impressionismo francese, e su Renoir in modo particolare. Vere figure di genere, invece, possono essere considerate le due fresche ed affascinanti tavole raffiguranti, con la consueta bravura esecutiva e coinvolgente poesia, rispettivamente una Giovane contadinella (tav. 32), datata 1916, e una Giovane veneziana (tav. 31), datata 1920, opere, nonostante gli anni, appartenenti ancora alla cultura figurativa dell'Ottocento e, la seconda, l'abbiamo detto, unica sua testimonianza di ambientazione veneziana che fino ad oggi si conosca.

La sua partecipazione alle mostre in Italia e all'estero continuò assidua anche nel nuovo secolo, e nelle opere presentate alle esposizioni si sente ancora di più come la sua cultura figurativa continui ad essere saldamente quella ottocentesca che, come abbiamo visto, se nel ritratto spesso la raffigurazione viene artisticamente riscattata da una qualità eccellente e da una sincera vena poetica, in queste composizioni si sente maggiormente il retaggio di un fare pittorico oramai sorpassato. A Vienna, nel 1914, espose l'opera La preghiera (fig. 16), dipinto che deve aver avuto anch'esso un buon successo, se non altro perché se ne conoscono almeno altre due versioni: una, uno studio di piccole dimensioni conservato in collezione privata, che purtroppo non è stato possibile far venire in mostra, e l'altra, conservata a Milano, nella Quadreria dell'Ospedale Maggiore (cfr. AA.VV., Pittori e pittura dell'Ottocento italiano, 7, Novara 1997-1998, p. 226, fig. a p. 226); entrambe con la sensibile variante nella composizione che vede decurtata la parte superiore del dipinto, lasciando intravedere solo parte delle gambe del Crocifisso. Soggetto trattato da molti artisti in ambito veneto, tra i quali si ricorda in modo particolare Sine labe di Luigi Serena, che Tessari ebbe sicuramente modo di vedere alla Biennale di Venezia del 1897, La preghiera è un'opera che mostra ancora di più come la sua volontà sia, nelle occasioni ufficiali, come fu per molti altri suoi colleghi, quella di voler continuare a trattare quella tematica di carattere psicologico-socia­le che gli aveva garantito un certo successo alle prime Biennali, vale a dire un genere di pittura di grande qualità esecutiva e d'armonia d'insieme ma, una volta di più, di stretta ascendenza tardo realistica.

Vittorio Tessari, come visto, nonostante se ne fosse andato ad abitare a Mira, mantenne sempre i contatti con la sua natia Castelfranco. A Castelfranco Veneto, infatti, nel­la sala terrena di casa Luccato, l'11 aprile 1925 inaugurò una mostra con 44 opere esposte. Come indica l'opuscoletto, <<il ricavato della tassa d'ingresso ed una percentuale sulle eventuali vendite dei quadri esposti>> furono <<devoluti a beneficio dell'Orfanotrofio Vittorio Emanuele III>>. Tra i molti dipinti venduti, vi erano anche i due paesaggi oggi della Banca Popolare di Vicenza (tavv. 30, 43), Idillio, che si conosce da una foto d'epoca (fig. 17), Civetteria (tav. 39), In riviera del Brenta, forse identificabile col Paesaggio con bambino che pesca (tav. 24), In giardino, forse identificabile con Donna in giardino (tav. 42) e la Madonna riprodotta alla tavola 38, del tutto simile ad una dipinta per una chiesa di Pegli.

Si vuole in fine ricordare, come testimonia anche l'assidua corrispondenza conservata presso la Biblioteca Comunale di Castelfranco Veneto, che Vittorio Tessari s’interessò affinché La mosca cieca dell'ammirato Noè Bordignon, di proprietà delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, fosse data in deposito all’allora museo cittadino, e che oggi si conserva appeso alla parete di un ufficio comunale. Fu egli, infatti, a recarsi personalmente nell'ottobre del 1932 da Gino Fogolari a Venezia, allora soprintendente all'Arte Medievale e Moderna della città, <<per iniziare le pratiche ove ottenere dall'Accademia di Ve­nezia il quadro del nostro povero Noè Bordignon, rappresentante "La mosca cieca", per collocarlo nel Museo>> (Tessari Vittorio, Biblioteca Comunale di Castelfranco Veneto, Doc. La mosca cieca di Noè Bordignon, ms. Tessari V., 19 ottobre 1932).

 

Didascalie delle figure nel testo:

 

1 - Incontro tra Luigi Cima e Vittorio Tessari nel 1940 (foto tratta da Luigi Cima ed i suoi allievi, catalogo a cura di Antonella Alban, Mel, Palazzo delle Contesse, 22 dicembre 2000 – 28 gennaio 2001, Mel 2000, fig. a p. 40).

2 - Vittorio Tessari, Socrate che esorta Alcibiade a cangiar metodo di vita, 1883, Venezia, Accademia delle Belle Arti (?).

3 - Vittorio Tessari, Scena mitologica, ubicazione sconosciuta.

4 – Vittorio Tessari, San Biagio, 1887, olio su tela centinata, cm. 155 x cm. 103, Barcon, Chiesa parrocchiale.

5 - Vittorio Tessari, In attesa del marito, 1887, ubicazione sconosciuta.

6 - Vittorio Tessari, I primi amori (Ti me ne conti de bele! - ?), 1887, ubicazione sconosciuta.

7 - Vittorio Tessari, Sola al mondo, 1895, ubicazione sconosciuta.

8 - Vittorio Tessari, Angosce, 1897, ubicazione sconosciuta.

9 - Vittorio Tessari, Le sorelline (o La pappa al gatto), già mercato antiquario.

10 - Vittorio Tessari, La papa, ubicazione sconosciuta.

11 - Vittorio Tessari (?), Donna con ombrello, fine XIX secolo, olio su tavola, cm. 29,2 x 12, già Castelfranco Veneto (TV), Civica Raccolta Comunale (opera firmata Giacomo Favretto).

12 - Vittorio Tessari, Ritratto di Antonio Fogazzaro, ubicazione sconosciuta.

13 - Vittorio Tessari, Primavera, 1910, ubicazione sconosciuta.

14 - Gambarare, anno 1912: foto ricordo in occasione della inaugurazione del ciclo di pitture eseguite sul soffitto della Chiesa da Silvio Trentin (decoratore di Treviso) e Vittorio Tessari noto pittore di Castelfranco.

15 - Vittorio Tessari, La Gloria di San Giovanni Battista, particolare, 1912, Gambarare, chiesa parrocchiale.

16 - Vittorio Tessari, La preghiera, 1914, ubicazione sconosciuta.

17 - Vittorio Tessari, Idillio, ubicazione sconosciuta.

18 - Vittorio Tessari, La nascita del Nostro Signore, Tessera, Chiesa di Santa Maria.

19 - Vittorio Tessari, Apollo e le Muse, Putti e Fregio decorativo, Piazzola sul Brenta, Villa Contarini (per gentile concezione della Fondazione G.E. Ghirardi).

20 - Vittorio Tessari, Apollo e le Muse, particolare, Piazzola sul Brenta, Villa Contarini, (per gentile concezione della Fondazione G.E. Ghirardi).

21 - Vittorio Tessari, Putti, particolare, Piazzola sul Brenta, Villa Contarini, (per gentile concezione della Fondazione G.E. Ghirardi).

22 - Vittorio Tessari, Diana ed Endimione, Piazzola sul Brenta, Villa Contarini (per gentile concezione della Fondazione G.E. Ghirardi).

23 - Vittorio Tessari, Banchetto degli Dei e Fregio decorativo, Piazzola sul Brenta, Villa Contarini (per gentile concezione della Fondazione G.E. Ghirardi).

24 - Vittorio Tessari, Banchetto degli Dei, particolare, Piazzola sul Brenta, Villa Contarini, (per gentile concezione della Fondazione G.E. Ghirardi).

25 - Vittorio Tessari, Surgite Mortui (Resurrectio), 1929, Castelfranco Veneto, Cimitero Comunale, Cappella Genova-Serena.

26 - Vittorio Tessari, Madonna in trono tra angeli, 1929, Castelfranco Veneto, Cimitero Comunale, Cappella privata.

27 - Vittorio Tessari, Compianto su Cristo morto, 1929, Castelfranco Veneto, Cimitero Comunale, Cappella privata.

28 - Vittorio Tessari, Angeli musicanti, 1929, Castelfranco Veneto, Cimitero Comunale, Cappella privata.

 

Vittorio Tessari - Biografia

Marco Mondi 

1860 - Vittorio Giovanni Gaetano Antonio Tessari nasce a Castelfranco Veneto il 7 ottobre 1860, figlio di Marziale e Anna Bacco (sposati il 22 settembre 1853, entrambi cattolici possiden­ti). Battezzato il 13 ottobre nella chiesa di Santa Maria della Pieve, gli sono già nati cinque dei suoi sei fratelli: Annalisa Maria Anna (nata il 9/9/1854), Angelo Sebastiano Mario Emilio (nato il 16/6/1856), Emilia Seconda Elisabetta (nata il 14/9/1857), Silvio Gennaro Domenico Antonio (nato il 19/9/1858) e Vittoria Giuseppina Maria Antonia (nata il 17/10/1859).

1868 - Il 4 settembre nasce il fratello Romolo, che si dedicherà anch’egli alla pittura.

1876 - Si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove segue con particolare interesse le lezioni di Eugenio de Blaas.

1883 - Al concorso accademico di composizione, è premiato con l'opera Socrate che esorta Alcibiade a cangiar metodo di vita. Riceve, inoltre, anche un premio al corso speciale di disegno ed una menzione di I° grado al corso speciale di ornato. Conclude il corso degli studi all’Accademia di Belle Arti di Venezia e consegue la patente d'insegnante di disegno.

Divide lo studio di Palazzo Rezzonico a Venezia con l’amico coetaneo Luigi Cima.

1887 - Alla Mostra Nazionale della Città di Venezia espone In attesa del marito, Verso sera, Ti me ne conti de bele!. L’indirizzo dato in questa occasione agli organizzatori della mostra è ancora quello di Palazzo Rezzonico a Venezia.

Per la chiesa parrocchiale di Barcon, dipinge una tela centinata raffigurante San Biagio.

Il 7 maggio, a Venezia, sposa Maria Solveni, originaria di Mira.

1890 - Espone a Trieste l’opera intitolata Dai campi.

1891 - Abita a Venezia in Palazzo Dolfin a San Pantaleon.

1895 - Alla I Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Ve­nezia partecipa con l’opera Sola al mondo; il dipinto è acquistato dall’allora sindaco del­la città, il conte Filippo Grimani.

1896 ca. - In questi anni, anche il fratello Romolo risulta abitare a Venezia.

1897 - Alla II Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Ve­nezia partecipa con l’opera Angosce. In questa edizione della Biennale espone anche il fratello Romolo.

1898 - Riceve un elogio scritto per le sue capacità pittoriche, soprattutto in relazione al ritratto del conte Francesco Colonna.

Si dedica con particolare successo all'acquerello e al ritratto (Ritratto del pittore Placido Fabris, già esposto nella sala dei “Primitivi” alle R.R. Gallerie di Venezia, Ritratto della Regina Marghe­rita, già conservato al Palazzo Reale di Venezia; Ritratto del conte Massimo Gri­mani, Ritratto di Antonio Fogazzaro). Riceve importanti commissioni, tra le quali quella di Carlo VII, Duca di Madrid e nipote del Principe Don Carlo delle Due Sicilie, e da altri personaggi.

In questi anni partecipa a diverse esposizioni a Treviso, Trie­ste, Milano ed altre località.

Secondo alcune fonti, sempre in questo periodo (ma per chi scrive è da posticipare di almeno due decenni) è incaricato dalla famiglia Camerini d'eseguire un importante ciclo di decorazioni in affresco per Villa Contarini a Piazzola sul Brenta, costituito dalle pitture di tre vasti locali: Apollo e le Muse ed un riquadro con concertino di putti, entrambi coronati da un ricco cornicione decorato, per il soffitto della cosiddetta lunga sala della Chitarra Rovesciata; Diana e Endimione per il soffitto della sala del Pastorello; ed il neobarocco Banchetto degli Dei per il soffitto della loggia coperta di sinistra (costruita nel 1892 dall’architetto Giulio Lunati), sotto al quale si snoda un lungo fregio con figure allegoriche e lo stemma dei Camerini.

1900 - Il 25 novembre è nominato Accademico d'Ono­re della Reale Accademia di Belle Arti di Venezia.

A Milano, espone l’opera Sconforto.

1902 - All’Esposizione di Pietrogrado partecipa con il dipinto Il confor­to.

1903 - All’Esposizione di Udine partecipa con il dipinto Fiori.

1908 - Una fonte fa risalire a quest’anno la prima notizia di una sua permanenza abitativa a Mira, luogo nel cui territorio, o nelle sue vicinanze, nei primi decenni del secolo vissero e soggiornarono anche altri pittori, come Ettore Tito, Alessandro Milesi o Millo Bortoluzzi. Lavora molto, eseguendo soprattutto ritratti per le più importanti famiglie del luogo, o che in quei luoghi soggiornavano e avevano proprietà.

1909 - Il 1 maggio, il fratello Romolo si sposa con Giovanna Bellò a Santa Maria dei Frari di Venezia.

A Firenze, espone l’opera Virgo Clemens.

1911 - Per il soffitto della chiesa di Gambarare, sopra una pittura più antica, in collaborazione col decoratore Silvio Trentin di Treviso, esegue il dipinto La Gloria di San Giovanni Battista; realizza anche altri due comparti con Gruppi angelici. Il ciclo di pitture, in gran parte oggi staccato, sarà inaugurato l’anno successivo.

1912 - Fa parte del Comitato Viva San Marco per le feste di ricostruzione del campanile di San Marco a Venezia.

Dipinge il ritratto di Francesco Marta, fondatore del Museo Civico di Castelfranco Ve­neto e suo primo direttore, morto l’anno precedente.

1914 - All’Esposizione di Vienna partecipa con l’opera La preghiera, della quale se ne conoscono altre due versioni, una oggi nella Quadreria dell’Ospedale Maggiore di Milano.

1920 circa - In questi anni, o poco prima, si trasferisce a vivere stabilmente a Mira, in una graziosa villetta nei pressi di Villa Contarini dei Leoni.

1924 - Nel mese di ottobre, l'Istituto Pii Riuniti - Cassa di Risparmio di Castelfranco Veneto, gli comunica che accetta di organizzare in città una sua mostra personale.

1925 - A Castelfranco Veneto, nel­la sala terrena di casa Luccato, si inaugura l’11 aprile una sua mostra personale con 44 opere esposte. Tra i molti dipinti venduti, anche i due paesaggi ora della Banca Popolare di Vicenza ed altre opere oggi esposte in mostra.

1929 - Per la chiesa parrocchiale di Campo, a Feltre, dipinge una tela raffigurante Sant’Ulderico.

Esegue molte decorazioni pittoriche per cappelle di diverse famiglie nel Cimitero Comunale di Castelfranco Veneto.

1930 - Nelle informazioni date al dott. Comanducci per l’inserimento del suo nominativo nel famoso dizionario dei pittori Italiani dell'Ottocento, è riportato che il pittore risulta abitare a Venezia, nel sestiere di Dorsoduro al n. 2751.

1932 - A partire dall'ottobre di questo anno, Vittorio Tessari si interessa attivamente, recandosi di persona da Gino Fogolari, allora soprintendente all'Arte Medievale e Moderna di Vene­zia, affinché La mosca cieca di Noè Bordignon possa giungere in deposito nell’allora visitabile Museo Civico di Castelfranco Veneto.

1933 - Dipinge una Madonna per l'Oratorio della chiesa parrocchiale di San Martino, Genova - Pegli.

1935 - L'opera Sola al mondo è esposta alla Mostra dei Quarant'anni della Biennale di Venezia.

1947 - Da anni soffre del morbo di Parkinson.

Muore a Mira il 17 marzo.

 

 

 

 

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Specializzazione: lo Studio espone in permanenza quadri antichi e moderni (soprattutto di artisti veneti), arte, antichità ed antiquariato. Effettua compravendite di quadri, consulenze d'arte, ricerche artistiche, stime e perizie d'arte. Esegue testi storico critici, organizza e cura mostre e catalogazioni per conto di privati, Pubbliche Istituzioni, Associazioni Culturali ed Enti Pubblici e Privati. Per ricerche in corso, si invitano i possessori di opere e documenti di artisti di Castelfranco Veneto ed attivi in città a contattare lo Studio. Per avere informazioni su altre opere di artisti attivi a Castelfranco Veneto e nel suo territorio, contattare la Galleria. Si acquistano opere di artisti attivi a Castelfranco Veneto e nel suo territorio dopo averne esaminato preventivamente le foto (opere di artisti attivi a Castelfranco Veneto e nel suo territorio).

ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, 

Andreatta Pietro (XIX secolo   Castelfranco Veneto, 1914), 87 88. ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Apollonio Giovanni (Treviso, 1879   1930), 89 90. ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Beltrame Achille (Arzignano, 1871   Milano, 1945), 91 92. ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Bianchi Antonio (Cassola, 1848   Vicenza, 1900), 93 94.ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Bordignon Noè (Castelfranco Veneto, 1841   San Zenone degli Ezzelini, 1920), 95 96. ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Bortoluzzi Millo (Treviso, 1868   Dolo, 1933), 97 98. ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Bressanin Vittorio Emanuele (Musile di Piave, 1860   Venezia, 1941), 99 100. Canella Giuseppe (Venezia, 1837   Padova, 1913), 101 102. Caratti Augusto (Padova, 828   1900), 103. Cargnel Antonio Vittore (Venezia, 1872   Milano, 1931), 104 105. Cavallini Attilio (Adria, 1888   Como, 1948), 106 107. Chitarin Traiano (Venezia, 1864   1935), 108 109. Ciardi Beppe (Venezia, 1875   Quinto di Treviso, 1932), 110 111. Ciardi Emma (Venezia, 1870   1933), 112 113. Ciardi Guglielmo (Venezia, 1843   1917), 114 115. Cima Luigi (Villa di Villa, 1860   Belluno, 1938), 116. Ciman Giovan Battista (attivo in Veneto verso la metà del XIX secolo), 117 118. Dal Bò Zaccaria (Venezia, 1872   1935), 119 120. Dal Favero Antonio (Vittorio Veneto, 1844   Venezia, 1901), 121. Da Molin Oreste (Piove di Sacco, 1856   Padova, 1921), 122 123. De Blaas Eugenio (Albano Laziale, 1843   Venezia, 1931), 124 125. Erler Giulio Ettore (Oderzo, 1876   Treviso, 1964), 126 127. Favero Andrea (Treviso, 1837   Como, 1914), 128. Favretto Giacomo (Venezia, 1849   1887), 129 130. Fontana Gaspare (Bassano del Grappa, 1871   1943), 131. Fragiacomo Pietro (Trieste, 1856   Venezia, 1922), 132 133. Gasparini Luigi (Zenson di Piave, 1856   Venezia, ?), 134. Lancerotto Egisto (Noale, 1847   Venezia, 1916), 135 136. Laurenti Cesare (Mesola, 1854   Venezia, 1936), 137. Manzoni Giacomo (Padova, 1840   1912), 138 139. Marusso Vittorio (San Donà di Piave, 1866   1943), 140. Mazzetti Emo (Treviso, 1870   Venezia, 1955), 141 142. Milesi Alessandro (Venezia, 1856   1945), 143 144. Montemezzo Antonio (San Polo di Piave, 1841   Monaco di Baviera, 1898), 145. Nono Luigi (Fusina, 1850   Venezia, 1918), 146 147. Novo Stefano (Cavarzere, 1862   dopo il 1927), 148. Pajetta Pietro (Vittorio Veneto, 1845   Padova, 1911), 149 150. Paoletti Antonio Ermolao (Venezia, 1833 ca.   1912 ca.), 151. Paoletti Sylvius (Venezia, 1864   1921), 152. Paoletti Rodolfo (Venezia, 1866   Milano, 1930), 153. Pastega Luigi (Venezia, 1858   1927), 154 155. Ponga Giuseppe (Chioggia, 1856   Venezia, 1925), 156. Prosdocimi Alberto (Venezia, 1852   1925), 157. Rosa Luigi (Venezia, 1850   ?), 158 159. Sartorelli Francesco (Cornuda, 1856   Udine, 1939), 160 161. Scattola Ferruccio (Venezia, 1873   Roma, 1950), 162 163. Selvatico Lino (Padova, 1872   Biancade, 1924), 164 165. Serena Luigi (Montebelluna, 1855   Treviso, 1911), 166 167. Sussi Anton Giulio (Venezia, 1858   ?), 168. Tessari Romolo (Castelfranco Veneto, 1868   Mira, 1925), 47 86. Tessari Vittorio (Castelfranco Veneto, 1860   Mira, 1947), 1 46. Tito Ettore (Castellammare di Stabia, 1859   Venezia, 1941), 169 170. Vianello Giovanni (Padova, 1873   1926), 171. Vizzotto Alberti Enrico (Oderzo, 1880   Padova, 1976), 172 173. Vizzotto Alberti Giuseppe (Oderzo, 1862   Venezia, 1931), 174 175. Wolf Ferrari Teodoro (Venezia, 1878   San Zenone degli Ezzelini, 1945), 176. Zannoni Vittoria (Pieve di Cadore, 1888   Castelfranco Veneto, 1974), 177. Zanetti Zilla Vettore (Venezia, 1864   Milano, 1946), 178 179. Zezzos Alessandro (Venezia, 1848   Vittorio Veneto, 1914), 180. Zini Umberto (Padova, 1878   1964), 181. Zonaro Fausto (Masi di Padova, 1854   Sanremo, 1929), 182 183. ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Andreatta Pietro (XIX secolo   Castelfranco Veneto, 1914), 87 88. ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Apollonio Giovanni (Treviso, 1879   1930), 89 90. ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Beltrame Achille (Arzignano, 1871   Milano, 1945), 91 92. ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Bianchi Antonio (Cassola, 1848   Vicenza, 1900), 93 94.ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Bordignon Noè (Castelfranco Veneto, 1841   San Zenone degli Ezzelini, 1920), 95 96. ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Bortoluzzi Millo (Treviso, 1868   Dolo, 1933), 97 98. ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Bressanin Vittorio Emanuele (Musile di Piave, 1860   Venezia, 1941), 99 100. Canella Giuseppe (Venezia, 1837   Padova, 1913), 101 102. Caratti Augusto (Padova, 828   1900), 103. Cargnel Antonio Vittore (Venezia, 1872   Milano, 1931), 104 105. Cavallini Attilio (Adria, 1888   Como, 1948), 106 107. Chitarin Traiano (Venezia, 1864   1935), 108 109. Ciardi Beppe (Venezia, 1875   Quinto di Treviso, 1932), 110 111. Ciardi Emma (Venezia, 1870   1933), 112 113. Ciardi Guglielmo (Venezia, 1843   1917), 114 115. Cima Luigi (Villa di Villa, 1860   Belluno, 1938), 116. Ciman Giovan Battista (attivo in Veneto verso la metà del XIX secolo), 117 118. Dal Bò Zaccaria (Venezia, 1872   1935), 119 120. Dal Favero Antonio (Vittorio Veneto, 1844   Venezia, 1901), 121. Da Molin Oreste (Piove di Sacco, 1856   Padova, 1921), 122 123. De Blaas Eugenio (Albano Laziale, 1843   Venezia, 1931), 124 125. Erler Giulio Ettore (Oderzo, 1876   Treviso, 1964), 126 127. Favero Andrea (Treviso, 1837   Como, 1914), 128. Favretto Giacomo (Venezia, 1849   1887), 129 130. Fontana Gaspare (Bassano del Grappa, 1871   1943), 131. Fragiacomo Pietro (Trieste, 1856   Venezia, 1922), 132 133. Gasparini Luigi (Zenson di Piave, 1856   Venezia, ?), 134. Lancerotto Egisto (Noale, 1847   Venezia, 1916), 135 136. Laurenti Cesare (Mesola, 1854   Venezia, 1936), 137. Manzoni Giacomo (Padova, 1840   1912), 138 139. Marusso Vittorio (San Donà di Piave, 1866   1943), 140. Mazzetti Emo (Treviso, 1870   Venezia, 1955), 141 142. Milesi Alessandro (Venezia, 1856   1945), 143 144. Montemezzo Antonio (San Polo di Piave, 1841   Monaco di Baviera, 1898), 145. Nono Luigi (Fusina, 1850   Venezia, 1918), 146 147. Novo Stefano (Cavarzere, 1862   dopo il 1927), 148. Pajetta Pietro (Vittorio Veneto, 1845   Padova, 1911), 149 150. Paoletti Antonio Ermolao (Venezia, 1833 ca.   1912 ca.), 151. Paoletti Sylvius (Venezia, 1864   1921), 152. Paoletti Rodolfo (Venezia, 1866   Milano, 1930), 153. Pastega Luigi (Venezia, 1858   1927), 154 155. Ponga Giuseppe (Chioggia, 1856   Venezia, 1925), 156. Prosdocimi Alberto (Venezia, 1852   1925), 157. Rosa Luigi (Venezia, 1850   ?), 158 159. Sartorelli Francesco (Cornuda, 1856   Udine, 1939), 160 161. Scattola Ferruccio (Venezia, 1873   Roma, 1950), 162 163. Selvatico Lino (Padova, 1872   Biancade, 1924), 164 165. Serena Luigi (Montebelluna, 1855   Treviso, 1911), 166 167. Sussi Anton Giulio (Venezia, 1858   ?), 168. Tessari Romolo (Castelfranco Veneto, 1868   Mira, 1925), 47 86. Tessari Vittorio (Castelfranco Veneto, 1860   Mira, 1947), 1 46. Tito Ettore (Castellammare di Stabia, 1859   Venezia, 1941), 169 170. Vianello Giovanni (Padova, 1873   1926), 171. Vizzotto Alberti Enrico (Oderzo, 1880   Padova, 1976), 172 173. Vizzotto Alberti Giuseppe (Oderzo, 1862   Venezia, 1931), 174 175. Wolf Ferrari Teodoro (Venezia, 1878   San Zenone degli Ezzelini, 1945), 176. Zannoni Vittoria (Pieve di Cadore, 1888   Castelfranco Veneto, 1974), 177. Zanetti Zilla Vettore (Venezia, 1864   Milano, 1946), 178 179. Zezzos Alessandro (Venezia, 1848   Vittorio Veneto, 1914), 180. Zini Umberto (Padova, 1878   1964), 181. Zonaro Fausto (Masi di Padova, 1854   Sanremo, 1929), 182 183.

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Andreatta Pietro (XIX secolo   Castelfranco Veneto, 1914), 87 88. ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Apollonio Giovanni (Treviso, 1879   1930), 89 90. ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Beltrame Achille (Arzignano, 1871   Milano, 1945), 91 92. ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Bianchi Antonio (Cassola, 1848   Vicenza, 1900), 93 94.ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Bordignon Noè (Castelfranco Veneto, 1841   San Zenone degli Ezzelini, 1920), 95 96. ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Bortoluzzi Millo (Treviso, 1868   Dolo, 1933), 97 98. 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De Blaas Eugenio (Albano Laziale, 1843   Venezia, 1931), 124 125. Erler Giulio Ettore (Oderzo, 1876   Treviso, 1964), 126 127. Favero Andrea (Treviso, 1837   Como, 1914), 128. Favretto Giacomo (Venezia, 1849   1887), 129 130. Fontana Gaspare (Bassano del Grappa, 1871   1943), 131. Fragiacomo Pietro (Trieste, 1856   Venezia, 1922), 132 133. Gasparini Luigi (Zenson di Piave, 1856   Venezia, ?), 134. Lancerotto Egisto (Noale, 1847   Venezia, 1916), 135 136. Laurenti Cesare (Mesola, 1854   Venezia, 1936), 137. Manzoni Giacomo (Padova, 1840   1912), 138 139. Marusso Vittorio (San Donà di Piave, 1866   1943), 140. Mazzetti Emo (Treviso, 1870   Venezia, 1955), 141 142. Milesi Alessandro (Venezia, 1856   1945), 143 144. Montemezzo Antonio (San Polo di Piave, 1841   Monaco di Baviera, 1898), 145. Nono Luigi (Fusina, 1850   Venezia, 1918), 146 147. Novo Stefano (Cavarzere, 1862   dopo il 1927), 148. Pajetta Pietro (Vittorio Veneto, 1845   Padova, 1911), 149 150. Paoletti Antonio Ermolao (Venezia, 1833 ca.   1912 ca.), 151. Paoletti Sylvius (Venezia, 1864   1921), 152. Paoletti Rodolfo (Venezia, 1866   Milano, 1930), 153. Pastega Luigi (Venezia, 1858   1927), 154 155. Ponga Giuseppe (Chioggia, 1856   Venezia, 1925), 156. Prosdocimi Alberto (Venezia, 1852   1925), 157. Rosa Luigi (Venezia, 1850   ?), 158 159. Sartorelli Francesco (Cornuda, 1856   Udine, 1939), 160 161. Scattola Ferruccio (Venezia, 1873   Roma, 1950), 162 163. Selvatico Lino (Padova, 1872   Biancade, 1924), 164 165. Serena Luigi (Montebelluna, 1855   Treviso, 1911), 166 167. Sussi Anton Giulio (Venezia, 1858   ?), 168. Tessari Romolo (Castelfranco Veneto, 1868   Mira, 1925), 47 86. Tessari Vittorio (Castelfranco Veneto, 1860   Mira, 1947), 1 46. Tito Ettore (Castellammare di Stabia, 1859   Venezia, 1941), 169 170. Vianello Giovanni (Padova, 1873   1926), 171. Vizzotto Alberti Enrico (Oderzo, 1880   Padova, 1976), 172 173. Vizzotto Alberti Giuseppe (Oderzo, 1862   Venezia, 1931), 174 175. Wolf Ferrari Teodoro (Venezia, 1878   San Zenone degli Ezzelini, 1945), 176. Zannoni Vittoria (Pieve di Cadore, 1888   Castelfranco Veneto, 1974), 177. Zanetti Zilla Vettore (Venezia, 1864   Milano, 1946), 178 179. Zezzos Alessandro (Venezia, 1848   Vittorio Veneto, 1914), 180. Zini Umberto (Padova, 1878   1964), 181. Zonaro Fausto (Masi di Padova, 1854   Sanremo, 1929), 182 183. ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Andreatta Pietro (XIX secolo   Castelfranco Veneto, 1914), 87 88. ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Apollonio Giovanni (Treviso, 1879   1930), 89 90. ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Beltrame Achille (Arzignano, 1871   Milano, 1945), 91 92. 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Chitarin Traiano (Venezia, 1864   1935), 108 109. Ciardi Beppe (Venezia, 1875   Quinto di Treviso, 1932), 110 111. Ciardi Emma (Venezia, 1870   1933), 112 113. Ciardi Guglielmo (Venezia, 1843   1917), 114 115. Cima Luigi (Villa di Villa, 1860   Belluno, 1938), 116. Ciman Giovan Battista (attivo in Veneto verso la metà del XIX secolo), 117 118. Dal Bò Zaccaria (Venezia, 1872   1935), 119 120. Dal Favero Antonio (Vittorio Veneto, 1844   Venezia, 1901), 121. Da Molin Oreste (Piove di Sacco, 1856   Padova, 1921), 122 123. De Blaas Eugenio (Albano Laziale, 1843   Venezia, 1931), 124 125. Erler Giulio Ettore (Oderzo, 1876   Treviso, 1964), 126 127. Favero Andrea (Treviso, 1837   Como, 1914), 128. Favretto Giacomo (Venezia, 1849   1887), 129 130. Fontana Gaspare (Bassano del Grappa, 1871   1943), 131. Fragiacomo Pietro (Trieste, 1856   Venezia, 1922), 132 133. Gasparini Luigi (Zenson di Piave, 1856   Venezia, ?), 134. Lancerotto Egisto (Noale, 1847   Venezia, 1916), 135 136. Laurenti Cesare (Mesola, 1854   Venezia, 1936), 137. Manzoni Giacomo (Padova, 1840   1912), 138 139. Marusso Vittorio (San Donà di Piave, 1866   1943), 140. Mazzetti Emo (Treviso, 1870   Venezia, 1955), 141 142. Milesi Alessandro (Venezia, 1856   1945), 143 144. Montemezzo Antonio (San Polo di Piave, 1841   Monaco di Baviera, 1898), 145. Nono Luigi (Fusina, 1850   Venezia, 1918), 146 147. Novo Stefano (Cavarzere, 1862   dopo il 1927), 148. Pajetta Pietro (Vittorio Veneto, 1845   Padova, 1911), 149 150. Paoletti Antonio Ermolao (Venezia, 1833 ca.   1912 ca.), 151. Paoletti Sylvius (Venezia, 1864   1921), 152. Paoletti Rodolfo (Venezia, 1866   Milano, 1930), 153. Pastega Luigi (Venezia, 1858   1927), 154 155. Ponga Giuseppe (Chioggia, 1856   Venezia, 1925), 156. Prosdocimi Alberto (Venezia, 1852   1925), 157. Rosa Luigi (Venezia, 1850   ?), 158 159. Sartorelli Francesco (Cornuda, 1856   Udine, 1939), 160 161. Scattola Ferruccio (Venezia, 1873   Roma, 1950), 162 163. Selvatico Lino (Padova, 1872   Biancade, 1924), 164 165. Serena Luigi (Montebelluna, 1855   Treviso, 1911), 166 167. Sussi Anton Giulio (Venezia, 1858   ?), 168. Tessari Romolo (Castelfranco Veneto, 1868   Mira, 1925), 47 86. Tessari Vittorio (Castelfranco Veneto, 1860   Mira, 1947), 1 46. Tito Ettore (Castellammare di Stabia, 1859   Venezia, 1941), 169 170. Vianello Giovanni (Padova, 1873   1926), 171. Vizzotto Alberti Enrico (Oderzo, 1880   Padova, 1976), 172 173. Vizzotto Alberti Giuseppe (Oderzo, 1862   Venezia, 1931), 174 175. Wolf Ferrari Teodoro (Venezia, 1878   San Zenone degli Ezzelini, 1945), 176. Zannoni Vittoria (Pieve di Cadore, 1888   Castelfranco Veneto, 1974), 177. Zanetti Zilla Vettore (Venezia, 1864   Milano, 1946), 178 179. Zezzos Alessandro (Venezia, 1848   Vittorio Veneto, 1914), 180. Zini Umberto (Padova, 1878   1964), 181. Zonaro Fausto (Masi di Padova, 1854   Sanremo, 1929), 182 183.

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De Blaas Eugenio (Albano Laziale, 1843   Venezia, 1931), 124 125. Erler Giulio Ettore (Oderzo, 1876   Treviso, 1964), 126 127. Favero Andrea (Treviso, 1837   Como, 1914), 128. Favretto Giacomo (Venezia, 1849   1887), 129 130. Fontana Gaspare (Bassano del Grappa, 1871   1943), 131. Fragiacomo Pietro (Trieste, 1856   Venezia, 1922), 132 133. Gasparini Luigi (Zenson di Piave, 1856   Venezia, ?), 134. Lancerotto Egisto (Noale, 1847   Venezia, 1916), 135 136. Laurenti Cesare (Mesola, 1854   Venezia, 1936), 137. Manzoni Giacomo (Padova, 1840   1912), 138 139. Marusso Vittorio (San Donà di Piave, 1866   1943), 140. Mazzetti Emo (Treviso, 1870   Venezia, 1955), 141 142. Milesi Alessandro (Venezia, 1856   1945), 143 144. Montemezzo Antonio (San Polo di Piave, 1841   Monaco di Baviera, 1898), 145. Nono Luigi (Fusina, 1850   Venezia, 1918), 146 147. Novo Stefano (Cavarzere, 1862   dopo il 1927), 148. Pajetta Pietro (Vittorio Veneto, 1845   Padova, 1911), 149 150. Paoletti Antonio Ermolao (Venezia, 1833 ca.   1912 ca.), 151. Paoletti Sylvius (Venezia, 1864   1921), 152. Paoletti Rodolfo (Venezia, 1866   Milano, 1930), 153. Pastega Luigi (Venezia, 1858   1927), 154 155. Ponga Giuseppe (Chioggia, 1856   Venezia, 1925), 156. Prosdocimi Alberto (Venezia, 1852   1925), 157. Rosa Luigi (Venezia, 1850   ?), 158 159. Sartorelli Francesco (Cornuda, 1856   Udine, 1939), 160 161. Scattola Ferruccio (Venezia, 1873   Roma, 1950), 162 163. Selvatico Lino (Padova, 1872   Biancade, 1924), 164 165. Serena Luigi (Montebelluna, 1855   Treviso, 1911), 166 167. Sussi Anton Giulio (Venezia, 1858   ?), 168. Tessari Romolo (Castelfranco Veneto, 1868   Mira, 1925), 47 86. Tessari Vittorio (Castelfranco Veneto, 1860   Mira, 1947), 1 46. Tito Ettore (Castellammare di Stabia, 1859   Venezia, 1941), 169 170. Vianello Giovanni (Padova, 1873   1926), 171. Vizzotto Alberti Enrico (Oderzo, 1880   Padova, 1976), 172 173. Vizzotto Alberti Giuseppe (Oderzo, 1862   Venezia, 1931), 174 175. Wolf Ferrari Teodoro (Venezia, 1878   San Zenone degli Ezzelini, 1945), 176. Zannoni Vittoria (Pieve di Cadore, 1888   Castelfranco Veneto, 1974), 177. Zanetti Zilla Vettore (Venezia, 1864   Milano, 1946), 178 179. Zezzos Alessandro (Venezia, 1848   Vittorio Veneto, 1914), 180. Zini Umberto (Padova, 1878   1964), 181. Zonaro Fausto (Masi di Padova, 1854   Sanremo, 1929), 182 183. ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Andreatta Pietro (XIX secolo   Castelfranco Veneto, 1914), 87 88. ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Apollonio Giovanni (Treviso, 1879   1930), 89 90. ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Beltrame Achille (Arzignano, 1871   Milano, 1945), 91 92. ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Bianchi Antonio (Cassola, 1848   Vicenza, 1900), 93 94.ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Bordignon Noè (Castelfranco Veneto, 1841   San Zenone degli Ezzelini, 1920), 95 96. ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Bortoluzzi Millo (Treviso, 1868   Dolo, 1933), 97 98. ROMOLO TESSARI VITTORIO, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti Moderni, REALISMO, Palazzetto Preti, VITTORIO TESSARI ROMOLO, Bressanin Vittorio Emanuele (Musile di Piave, 1860   Venezia, 1941), 99 100. Canella Giuseppe (Venezia, 1837   Padova, 1913), 101 102. Caratti Augusto (Padova, 828   1900), 103. Cargnel Antonio Vittore (Venezia, 1872   Milano, 1931), 104 105. Cavallini Attilio (Adria, 1888   Como, 1948), 106 107. Chitarin Traiano (Venezia, 1864   1935), 108 109. Ciardi Beppe (Venezia, 1875   Quinto di Treviso, 1932), 110 111. Ciardi Emma (Venezia, 1870   1933), 112 113. Ciardi Guglielmo (Venezia, 1843   1917), 114 115. Cima Luigi (Villa di Villa, 1860   Belluno, 1938), 116. Ciman Giovan Battista (attivo in Veneto verso la metà del XIX secolo), 117 118. Dal Bò Zaccaria (Venezia, 1872   1935), 119 120. Dal Favero Antonio (Vittorio Veneto, 1844   Venezia, 1901), 121. Da Molin Oreste (Piove di Sacco, 1856   Padova, 1921), 122 123. De Blaas Eugenio (Albano Laziale, 1843   Venezia, 1931), 124 125. Erler Giulio Ettore (Oderzo, 1876   Treviso, 1964), 126 127. Favero Andrea (Treviso, 1837   Como, 1914), 128. Favretto Giacomo (Venezia, 1849   1887), 129 130. Fontana Gaspare (Bassano del Grappa, 1871   1943), 131. Fragiacomo Pietro (Trieste, 1856   Venezia, 1922), 132 133. Gasparini Luigi (Zenson di Piave, 1856   Venezia, ?), 134. Lancerotto Egisto (Noale, 1847   Venezia, 1916), 135 136. Laurenti Cesare (Mesola, 1854   Venezia, 1936), 137. Manzoni Giacomo (Padova, 1840   1912), 138 139. Marusso Vittorio (San Donà di Piave, 1866   1943), 140. Mazzetti Emo (Treviso, 1870   Venezia, 1955), 141 142. Milesi Alessandro (Venezia, 1856   1945), 143 144. Montemezzo Antonio (San Polo di Piave, 1841   Monaco di Baviera, 1898), 145. Nono Luigi (Fusina, 1850   Venezia, 1918), 146 147. Novo Stefano (Cavarzere, 1862   dopo il 1927), 148. Pajetta Pietro (Vittorio Veneto, 1845   Padova, 1911), 149 150. Paoletti Antonio Ermolao (Venezia, 1833 ca.   1912 ca.), 151. Paoletti Sylvius (Venezia, 1864   1921), 152. Paoletti Rodolfo (Venezia, 1866   Milano, 1930), 153. Pastega Luigi (Venezia, 1858   1927), 154 155. Ponga Giuseppe (Chioggia, 1856   Venezia, 1925), 156. Prosdocimi Alberto (Venezia, 1852   1925), 157. Rosa Luigi (Venezia, 1850   ?), 158 159. Sartorelli Francesco (Cornuda, 1856   Udine, 1939), 160 161. Scattola Ferruccio (Venezia, 1873   Roma, 1950), 162 163. Selvatico Lino (Padova, 1872   Biancade, 1924), 164 165. Serena Luigi (Montebelluna, 1855   Treviso, 1911), 166 167. Sussi Anton Giulio (Venezia, 1858   ?), 168. Tessari Romolo (Castelfranco Veneto, 1868   Mira, 1925), 47 86. Tessari Vittorio (Castelfranco Veneto, 1860   Mira, 1947), 1 46. Tito Ettore (Castellammare di Stabia, 1859   Venezia, 1941), 169 170. Vianello Giovanni (Padova, 1873   1926), 171. Vizzotto Alberti Enrico (Oderzo, 1880   Padova, 1976), 172 173. Vizzotto Alberti Giuseppe (Oderzo, 1862   Venezia, 1931), 174 175. Wolf Ferrari Teodoro (Venezia, 1878   San Zenone degli Ezzelini, 1945), 176. Zannoni Vittoria (Pieve di Cadore, 1888   Castelfranco Veneto, 1974), 177. Zanetti Zilla Vettore (Venezia, 1864   Milano, 1946), 178 179. Zezzos Alessandro (Venezia, 1848   Vittorio Veneto, 1914), 180. Zini Umberto (Padova, 1878   1964), 181. Zonaro Fausto (Masi di Padova, 1854   Sanremo, 1929), 182 183.

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