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LUIGI  SERENA

di Marco Mondi

   Tra i pittori nati nella Marca trevigiana verso le metà del secolo scorso, Luigi Serena rappresenta sicuramente una delle personalità di maggior rilievo, e quella che forse meglio interpreta la cultura figu­rativa locale nello stretto legame col proprio ambiente socio-economico. Come tanta produzione artistica di pittori trevigiani più o meno suoi coetanei (Bordignon, Da Rios, Pajetta, per certi aspetti anche Sartorelli, citando solo alcuni dei maggiori), l'attività di Luigi Serena verte, ma quasi nella sua totalità dopo la parentesi veneziana, su una ricerca tematica di stampo veristico svolta nell'ambito della propria terra. Certo, la sua formazione segue l'iter didattico di ogni altro artista veneto dell'epoca: l'Accademia delle Belle Arti e l'am­biente veneziano in senso più lato. Tuttavia, i suoi interessi figurativi si servono dell'educazione formale fatta a Venezia elaborandola per rappresentare l'ambiente di vita di dove torna a stabilirsi e a operare.

  Nato, infatti, a Montebelluna nel 1855, durante l'infanzia si tra­sferisce a Murano, isola d'origine dei Serena, dove essi erano stimati lavoratori del vetro sin dal XVI secolo. Là, si iscrive alla scuola del Disegno applicato all'Arte Vetraria diretta dall'abate Zanetti, che nel 1861 aveva fondato un museo di vetri archeologici e muranesi destinati a servire da esempio e da modello proprio ai giovani che frequentavano la sua scuola. Alla scuola, segue le lezioni di Marco Moro, litografo ed incisore alquanto apprezzato anche nell'entroterra trevigiano. Passato in città, si iscrive all'Accademia. Siamo nel 1870 e vale la pena qui soffermarsi velocemente su alcune considerazioni. Per insegnanti ha Pompeo Molmenti, Napoleone Nani e Domenico Bresolin, bravi artisti ma, come l'ambiente accademico, legati ad una pittura retorica ed allegorica di genere storico. Dopo la caduta della Serenissima, Venezia, sotto ogni punto di vista, economico sociale cultu­rale, passa decenni di profonda crisi; con lei, di riflesso, se pur per alcuni aspetti in maniera meno drammatica, anche l'entroterra. La crisi e la dominazione straniera inducono alla mancanza di una vera identità culturale. Di conseguenza, in arte, il grandioso passato artistico viene romanticamente visto con nostalgia; si tenta di far sopravvivere gli splendori del Settecento, ormai diventato privo di senso ed anacronistico; i grandi maestri del Cinquecento sono rievocati non per il contenuto formale rivoluzionario della loro arte, ma, come in una messa in scena teatrale, in pomposi quadroni storici nei quali vengono riesumate tragedie e glorie della loro esistenza, che diviene subito leggenda. Non c'è un artista, nonostante ve ne siano molti estremamente abili, capace di bloccare con un atto di forza la parabola discendente; contemporaneamente nessun artista locale sembra accorgersi dei grandi maestri, e sono tantissimi, che da ogni parte del mondo vengono ad ammirare le ceneri dell'impero millenario. Solo con l'adesione al Regno d'Italia, che tuttavia per Venezia purtroppo porterà nuovi problemi, alcuni dei quali tutt'oggi ancora irresoluti, s'insi­nua una ritrovata linfa vitale capace di far germogliare una nuova realtà sociale e culturale. Ma il processo è lento, ed in arte si dovrà aspettare la nuova generazione. L'ambiente accademico degli anni Settanta è dunque ancora piuttosto desolante. Luigi Serena ed i suoi compagni di studio (Milesi, Favretto, Nono, Tito, ecc.), la nuova generazione, reagiscono ognuno a proprio modo ai tempi che cambiano, e i più capaci trascinano gli altri.

   L'abilità pittorica di Serena è indubbia e lo provano da subito i numerosi premi che riceve durante gli studi. Oltre all'Accademia, due artisti saranno più di altri dei punti di riferimento: Giacomo Favretto e Luigi Nono. Attraverso spunti formali e compositivi vicini a questi, egli individua chiaramente il suo percorso artistico di pittore nuovo: il Verismo, che diviene il modo di reagire alla pittura di storia. In terra Trevigiana ne sarà uno dei massimi esponenti dal 1878, quando definitivamente vi ritorna, stabilendosi a Treviso e riallacciando così i rapporti con la natia Montebelluna.

  Legato alle difficoltà sociali ed economiche successive all'unità d'Italia, il Verismo da noi nasce in ritardo storico rispetto alle altre regioni. Motivo per cui importante per i nostri artisti è viaggia­re, e viaggiare anche fuori d'Italia: ma tanta era la strada che la cultura veneta ed italiana ancora doveva percorrere! Luigi Serena non viaggia, probabilmente anche a causa della malattia, che subito dopo la metà degli anni Ottanta lo costringerà a letto per molti mesi, tormentandolo poi per tutto il resto della sua vita e divenire in fine la causa della morte, avvenuta nel marzo del 1911, a soli 55 anni. Il suo universo artistico rimarrà l'entroterra trevigiano, se pur nella sua arte vi saranno influenze e aggiornamenti indiretti apportati da quello che di "moderno" poteva trapelare da noi (e dopo l'esperienza dell'Esposizione Nazionale del 1887, dal 1895, a Venezia si susseguiranno le Biennali, prime esposizioni in Italia a carattere internazio­nale). Se da un lato, indubbiamente, ciò rappresenta un limite, da l'altro fa si che Luigi Serena sia forse l'artista che meglio ha saputo cogliere la realtà di vita, sociale economica e culturale, delle nostre terre, libero sovente da condizionamenti esterni che ne avrebbero potuto alterare il risultato, privandolo di tutte quelle connota­zioni strettamente autoctone (non solo nella scelta del soggetto, ma anche nella composizione e nel colore) che rendono le sue pitture testimonianza di un'epoca "vera" del nostro passato. E queste caratteri­stiche sostanzialmente le manterrà anche quando, seguendo i cambiamenti delle tendenze artistiche a cavallo del secolo, nuovi stilemi figurativi appariranno nei suoi lavori, trovando nella ricerca dell'effet­to luministico nuove opportunità ancora per ritrarre la "vita" della sua terra.

  

OPERE CITATE NEL TESTO:

 1) - Giorni felici, 1884-'86, olio su tela, Treviso, Museo Civico.

2) - La pappa scotta, 1886-'88, olio su tela, Montebelluna, Museo Civico.

3) - Vittime, 1897 ca., olio su tela, Treviso, Municipio.

4) - La storia del frutto proibito, 1897, olio su tela, Treviso, Museo Civico.

5) - Cavalli all'abbeveratoio, 1900, olio su tela, Treviso, Museo Civico.

 

 

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