Noè Bordignon, Arcolaio (Buona madre)

NOE' BORDIGNON (Castelfranco Veneto, 1841 - San Zenone degli Ezzelini, 1920), Buona Madre (già intitolata L’arcolaio), datata sul verso 1890, olio su tela, cm 69,5 x 93. Bibliografia: PAOLO RIZZI e LUIGI DAL BELLO, Noè Bordignon pittore veneto (1841-1920), Venezia, 1982, pp. 25, 94, fig. a p. 94. MARCO MONDI, Noè Bordignon: la tradizione nella geniale rappresentazione del Realismo veneto del nostro entroterra, in San Zenone terra d’artisti, catalogo a cura di AA. VV., San Zenone degli Ezzelini, Villa Marini Rubelli, 18 settembre 2011 – 8 gennaio 2012, pp. 77, 116, fig. a p. 77. Esposizioni: Noè Bordignon pittore veneto (1841-1920), Castelfranco Veneto, San Zenone degli Ezzelini, Treviso, Spazi Espositivi, 1982. San Zenone terra d’artisti, catalogo a cura di AA. VV., San Zenone degli Ezzelini, Villa Marini Rubelli, 18 settembre 2011 – 8 gennaio 2012 (non più disponibile).

STUDIO MONDI DIPINTI ANTICHI E MODERNI, dott. FABIO MONDI (dipinti antichi), dott. MARCO MONDI (dipinti moderni), Galleria d'arte, antichità ed antiquariato, Corso XXIX Aprile, 7, 31033 Castelfranco Veneto (TV)   Italia, tel. 0423/723110, 0347/8158124, 0368/7311457, fax 0423/723110, ore: 10.00 - 12.30, 16.00 - 19.30, chiuso domenica e lunedì mattina, e-mail: studiomondi@tiscalinet.it - E' iscritto all'Associazione Trevigiana Antiquari.

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NOE' BORDIGNON (Castelfranco Veneto, 1841 - San Zenone degli Ezzelini, 1920), Buona Madre (già intitolata L’arcolaio), datata sul verso 1890, olio su tela, cm 69,5 x 93. Bibliografia: PAOLO RIZZI e LUIGI DAL BELLO, Noè Bordignon pittore veneto (1841-1920), Venezia, 1982, pp. 25, 94, fig. a p. 94. MARCO MONDI, Noè Bordignon: la tradizione nella geniale rappresentazione del Realismo veneto del nostro entroterra, in San Zenone terra d’artisti, catalogo a cura di AA. VV., San Zenone degli Ezzelini, Villa Marini Rubelli, 18 settembre 2011 – 8 gennaio 2012, pp. 77, 116, fig. a p. 77. Esposizioni: Noè Bordignon pittore veneto (1841-1920), Castelfranco Veneto, San Zenone degli Ezzelini, Treviso, Spazi Espositivi, 1982. San Zenone terra d’artisti, catalogo a cura di AA. VV., San Zenone degli Ezzelini, Villa Marini Rubelli, 18 settembre 2011 – 8 gennaio 2012.

Subito dopo la metà del XIX secolo, in una Parigi ormai già “positivista”, Sainte-Beuve invitava gli scrittori a partire dalla “realtà” per descrivere la “verità”. Questo invito del critico letterario francese, può servire nel nostro caso come un ottimo e valido spunto nell'andare ad analizzare la Buona madre di Noè Bordignon (in più occasioni esposta e pubblicata con il titolo de'  L’arcolaio), dipinta, come precisa la datazione posta sul verso della tela, nel 1890 a Venezia. Sono gli anni della piena maturità dell'artista, quando aveva ancora lo studio principale nella città lagunare, a San Barnaba, e quando iniziavano a farsi sempre più insistenti contro di lui, da parte di alcuni suoi colleghi, gelosie” di vario genere, nonché contrasti etici, morali e pur legali che, dopo le “delusioni” subite in occasione della prima Biennale veneziana, lo spinsero a tornare definitivamente a lavorare principalmente nel suo amato entroterra, a Castelfranco prima e a San Zenone poi, diventando ancor più uno dei massimi interpreti della realtà socio-rurale del nostro entroterra, proprio perché questa sarà sentita, vissuta e partecipata anche con forte convinzione cristiano-cattolica. Un senso profondo di fede praticata in pittura che lo aiuterà a dare una visione propria e singolare della “realtà” e della “verità” in arte. In Buona madre, la descrizione del soggetto è resa intima ed essenziale proprio dall’ambientazione semplice, ma decorosa, dell’interno. La composizione, tutta giocata su diagonali, è schietta e genuina, orchestrata attorno alla figura della giovane madre, intenta a dipanare la matassa di lana con l’arcolaio, che si fa il perno attorno cui gravita uno spazio abbastanza ampio ma sostanzialmente vuoto, dove trovano posto solo la culla col bambino nell’angolo, una sedia a sinistra e un cesto a destra dietro il quale il cagnolino va ad annusare; il pavimento di legno e le pareti spoglie e vissute dal tempo con l’intonaco che qua e là si scrosta: solo due piccole stampine, a soggetto religioso e probabilmente remondiniane, stanno sopra la culla, un cappello e un altro strumento appesi alla destra della porta che si apre su un altro vano della casa, una stanza buia sul fondo della quale una finestrella s’accende di luce. Una composizione per niente complessa, per niente retorica, essenziale. Essenziale perché Bordignon non ha bisogno di raccontare la “realtà” fingendola e farcendola con oggetti, personaggi in posa, ambienti melensi e futili. Bordignon guarda il dato reale nella fedeltà oggettiva che ha davanti agli occhi: tutto è autentico, attendibile, sincero, dal muro vissuto dal tempo alla sedia con la stoffa appoggiata sopra, dalla culla col bambino che dorme al cane che annusa dietro la cesta, dalla madre intenta nel suo lavoro quotidiano mentre vigila il bimbo alla sua stessa naturale posizione dell’essere seduta con un piede scalzo appoggiato alla traversa della sedia e lo zoccolo lasciato a terra. Tutto è autentico, reale. Ed è su questa “realtà” che Bordignon costruisce la “verità” di una descrizione pittorica che ci racconta e ci parla di valori precisi e ben radicati nella morale veneta di quegli anni, nella morale della gente e della terra in cui egli vive e di cui egli stesso ne è parte: l'intima ricchezza, contrapposta alla povertà esteriore, la dignità cristiana del ruolo della famiglia, la dignità del ruolo sociale della donna, della “buona” madre, alla quale spetta, anche nelle vesti più umili, il compito di essere "Madre tessitrice" del focolare domestico. Ecco come Noè Bordignon parte dalla “realtà” per descrivere la “verità”. Se noi, ad esempio, pensiamo a un capolavoro della pittura veneta dell'Ottocento quale è gli Abbandonati di Luigi Nono (Venezia, Galleria Internazionale d'Arte Moderna di Ca' Pesaro), tra l'altro ben più tardo rispetto al nostro dipinto (è, infatti, del 1903), in quel Realismo ancora verista vi riscontriamo, piuttosto che vaghe evocazioni di sapore simbolista, un'aperta reminiscenza di carattere romantico, che pur non manca in Noè Bordignon ma che raramente si spinge in modo così esplicito verso messe in scena un po' troppo teatrali e “strappa” lacrime. Bordignon è più concreto e, forse, più vero. E lo è da grande artista, da grande artista veneto: la descrizione del dato reale per giungere a una narrazione del quotidiano sincera e vera non ha bisogno di una descrizione minuta e precisa, al contrario, il suo pennello si muove deciso e rapido a stendere il colore qua pastoso e denso, là più sciolto e fluido, con un tocco magistrale che rende la materia cromatica, il colore, luce. E si veda a tal proposito il pavimento o il riverbero delle ombre e del tremolio dei bianchi della parete di sfondo; o, ancora, gli incarnati della madre, il biancore della sua camicia, il rosso che dalla collana scende ritmico sul bustino, sul grembiule fin giù alle calze. Tutto il colore si trasforma in luce, in una luce che avvolge, anzi crea l’ambiente, l’atmosfera dell’ambiente. Una luce che è tanto essenziale alla composizione che l’artista ha sentito la necessità di inserire il dato reale del cane e della finestrella di luce intensa, abbagliante, dell’altra stanza per bilanciare cromaticamente la luce non solo della parete di fondo ma quella stessa che riverbera nell’aria, nello spazio, nell’atmosfera della stanza. Questa è la Buona madre di Noè Bordignon, un dipinto che costruisce la “verità” sulla “realtà”. Un dipinto che diventa esemplare di come la vera e grande pittura veneta del Verismo ottocentesco si faccia davvero non solo da tramite, ma essenziale punto d'unione tra il Romanticismo, il Realismo e le nuove tendenze figurative culturali di fine inizio secolo, nell'ambito del Simbolismo innanzitutto; divenendo, pure, premessa essenziale proprio di queste nuove “correnti” figurative destinate, anche da noi, e si pensi solo ai giovani ribelli di Ca' Pesaro e ai Futuristi stessi (che, con la mostra di Boccioni a Venezia, preparata da un'efficientissima campagna promozionale-pubblicitaria da Filippo Tommaso Marinetti, trovarono là il loro primo battesimo dal pubblico), a sbocciare nelle cosiddette Avanguardie storiche.

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