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Galleria d’Arte ed Antiquariato

 

presenta

 

COMUNE DI CASTELFRANCO VENETO

GALLERIA DEL TEATRO ACCADEMICO

(25 marzo - 9 aprile 2000)

 

LUIGI MERLO

 INCISIONI

     Purtroppo da un lato, ma per fortuna dall'altro, considerato che ciò è legato ad un lieto evento, la nascita di un bambino, la mia presenza per la presentazione della mostra di incisioni di Luigi Merlo è stata chiesta con urgenza appena l'altro ieri, a causa di un leggero malore della dottoressa Carla Chiara Frigo, causato dal suo stato di gravidanza, che avrebbe dovuto essere qui al posto mio. Gli auguri pertanto di chi scrive, dell'artista e degli organizzatori di quest'esposizione vanno con tutto cuore alla futura mamma.

    Il poco tempo avuto a disposizione, ha costretto a questa breve presentazione, che ha come oggetto l'attività di un artista, Luigi Merlo, che vive ed opera nella vicina Cittadella. Luigi Merlo è, essenzialmente, un incisore (sebbene la sua attività artistica si sia espressa anche in poesia: si veda LUIGI MERLO, Imperturbabile ambiguità, Rebellato Editore, 1974). E, a tal proposito, vorrei soffermarmi velocemente per richiamare l'attenzione su due considerazioni. La prima, riguarda proprio la tecnica scelta. Tra i molteplici modi nei quali l'arte si esprime, quello dell'incisione, per un artista, è una scelta di carattere ben precisa, in quanto costringe alle restrizioni e a limiti che il mezzo tecnico stesso impone; mezzo tecnico che si avvale, il più delle volte, di medium ai quali non si può rinunciare: una lastra metallica (o di altro materiale), uno strumento per inciderla (o disegnarla), sovente combinato con un acido per "morderla", il colore (o l'inchiostro) ed un rullo per stenderlo, una superficie da imprimere (quasi sempre un foglio di carta) ed il necessario torchio per la pressione della matrice. Da qui, se è concesso, le principali restrizioni oggettive. Tuttavia, e non è contraddittorio, proprio movendosi all'interno di questi limiti "pratici", l'artista può aprirsi ad una libertà assoluta di espressione a patto che, e qui introduco la seconda considerazione, sia perfettamente padrone dei mezzi tecnici che si accinge ad usare. Ogni linguaggio artistico ha le sue regole, la sua "ortografia", la sua "grammatica", la sua "sintassi", la sua "morfologia": l'incisione, a livello tecnico, ne ha più di altri, specie per chi, come appunto Luigi Merlo, non affida a terzi la fase pratica (le operazioni di stampa vere e proprie) dedicandosi essenzialmente a quella creativa (lavoro di studio e traduzione sulla matrice), ma praticamente assolve l'intero ciclo produttivo dell'opera incisoria: dall'ideazione e dal "disegno" sulla matrice alla fisica pressione del torchio. In generale, tutto questo vuol dire che l'approccio all'incisione sembra vanificare sin dall'inizio quel dilettantismo che troppo spesso, purtroppo, si riscontra in altri campi dell'arte. Nove volte su dieci, infatti, chi pratica da anni l'incisione, per ottenere dei buoni risultati, oltre che artista, deve essere anche un bravo tecnico. Solo chi è in grado di padroneggiare ogni fase della complessa procedura incisoria, prevedendone in anticipo il risultato, può servirsi liberamente del mezzo espressivo che adopera, senza nulla lasciare al caso, dominandone la tecnica e costringendola alle proprie volontà poetiche. Ecco allora che quelle limitazioni iniziali, quasi per incanto, svaniscono e, osservando un'opera grafica perfettamente riuscita, si ha subito l'impressione che tutto sia stato facile, pur nella complessità del risultato. Non è forse anche questo che caratterizza quegli straordinari capolavori grafici che sono le incisioni di Dürer o di Rembrandt, di Picasso o dei nostri Morandi e Bartolini! E sono poi proprio i grandi tecnici dell'incisione a portare le maggiori innovazioni in questo campo artistico, rendendolo del tutto autonomo, sebbene in relazione sempre con le altre arti visive. Osservando i lavori di Luigi Merlo, si ha subito la certezza della sua capacità di padroneggiare abilmente il mezzo tecnico, in modo quindi da manifestare liberamente e senza restrizioni la propria indole poetica.

    Luigi Merlo si avvicina all'incisione andando in un primo momento ad ammirare e a studiare l'opera dei maestri incisori del passato e quelli a noi più vicini, concentrando particolarmente la sua attenzione nei riguardi, tra gli altri, di un Giuseppe Viviani o di un Luigi Bartolini, nonché, com'era logico, dei nostri Giovanni Barbisan, in primis, Tono Zancanaro e Lino Bianchi Barriviera. Nel 1973 ha inizio la sua vera attività di incisore, sostanzialmente da autodidatta, attrezzando il suo primo laboratorio-stamperia a Cittadella, in casa propria. I suoi primi tentativi, com'è nel suo carattere schivo, riservato e discreto, non hanno altra presunzione se non quella di imparare, capire, gestire il mezzo espressivo tanto amato, sperimentandone le varie tecniche al fine di assimilarle, farle proprie per adattarle alle proprie esigenze; solo dopo aver raggiunto un certo grado di maturità tecnica, si permette di sperimentare nuove soluzioni e possibili varianti realizzative al fine di meglio dar forma alla propria visione artistica. Negli anni Ottanta, la frequentazione del Centro Internazionale di Arte Grafica di Venezia, gli consente di ricevere ulteriori stimoli approdando ad un personale linguaggio figurativo che lo convince ad esporre i propri lavori in sempre più numerose occasioni, portandolo ben presto al conseguimento di otto primi premi in altrettanti Concorsi Nazionali di grafica. Da allora, le sue qualità di artista grafico, con continue personali e partecipazioni a mostre collettive, son sempre andate crescendo nell'apprezzamento del pubblico, soprattutto nei riguardi di quel pubblico particolare e ristretto quale è quello dei conoscitori di stampe, raffinato ed esigente, aristocratico e chiuso, quasi si trattasse di un paradiso per pochi iniziati.

    Una esauriente panoramica dell'opere grafica di Luigi Merlo la si può trovare nella recente pubblicazione di Luca Baldin, Luigi Merlo - Opera incisa 1986-1999, Dosson di Casier, Treviso, 1999, testo dal quale sono stati presi anche alcuni spunti per la realizzazione del presente scritto.

    La coerenza del percorso artistico svolto fino ad oggi da Luigi Merlo è piuttosto sorprendente e apprezzabile anche in questa sede, dalla prima all'ultima opera esposta. Vale subito la pena sottolinearne un aspetto importante: nell'esaminare anche solo i lavori qui presentati, non si può non rilevare un'evoluzione espressiva ben rimarchevole, che parte da una poetica figurativa ancora legata ad una tradizionale visione artistica per svilupparsi gradualmente verso un "non figurativo" talvolta più, talvolta meno marcato, attraverso il quale la sua poetica si apre in svariate direzioni, che rivelano quasi, nel loro complesso, una sorta di bipolarità, travalicando essa tanto nella direzione dell'introspezione, indagando in un universo interiore fatto di microcosmi, quanto in quella dell'analisi di un universo che sta al di là, apparentemente, dell'individuo, verso una visione "paesaggistica" di un macrocosmo, magari isolato in un suo particolare, addirittura siderale. Tra questi due confini, prende vita un mondo nuovo che va a scandagliare, a provare emotivamente, a risolvere tecnicamente e a dar forma sentita sul foglio inciso a realtà nelle quali, con sapiente dosaggio, prevale in una un senso di natura geografica, ancora riconoscibile nella sua sostanza, nell'altra un senso di ritmica musicalità, in un'altra ancora un senso di sequenziosità temporale, ripetitiva ma non ossessiva, o di delicata, vibrante ricerca luministica, oppure di calibrata, "materica" composizione segnica, o magari di silenziosa religiosità, e così via. Padrone della tecnica artistica dell'incisione, Luigi Merlo ci mostra quindi di saper tradurre visivamente la propria sensibilità poetica senza mai cadere nella ripetitività, nei manierismi, nel riproporre soluzioni ormai esauritesi.

    Orizzonte due, del 1986, il primo lavoro, in senso cronologico, tra le opere esposte in mostra, presenta una visione paesaggistica ancora, se si vuole, convenzionale, così come le tecniche incisorie utilizzate, l'acquaforte e l'acquatinta, con l'impiego però dell'applicazione su zinco, legata ad un primo sintomo di volontà sperimentale. Il 1986, infatti, all'interno del percorso produttivo di Luigi Merlo, è un anno alquanto importante perché in questo momento l'artista matura una prima decisa volontà di indagare nuovi orizzonti del visivo e al contempo di sperimentare nuove tecniche incisorie: la produzione precedente a questa data può essere letta, con le debite considerazioni, nell'ambito ancora della "tradizione". E "tradizionale" sotto più punti di vista è anche l'opera appena citata, dove nell'armonia silenziosa dei contrasti coloristici di luce e di ombra, tra le tonalità verdognole dell'acquatinta, sfumate in gradazioni diverse dai segni neri dell'acquaforte, ed il bianco "nevoso" dello sfondo, viene elaborata una interpretazione quasi autunnale, od invernale, del nostro paesaggio veneto, sfruttando appieno le peculiarità insite nelle tecniche incisorie adoperate. Ma là dove nell'insieme prevale una descrizione naturalistica del paesaggio, l'artista v'introduce uno squarcio irreale, di rottura armonica che lo attraversa da lato a lato, manifestando la volontà di andar oltre la rappresentazione oggettiva del reale, dando un primo segno che la ricerca inizia ad evolversi sperimentando visioni interiori, diverse (e sperimentando tecnicamente nuove possibilità), di una realtà sedimentatasi nella memoria. Lo provano le opere successive, come nelle Rivisitazioni del 1988, dove lo sviluppo figurativo, prima ancora di concentrarsi nella tecnica, si evolve verso una composizione dell'immagine che costringe ad una visione cruda e frammentata di una natura ormai riconoscibile solo nei tratti topografici della morfologia di un territorio mentale. In Texture, come in Porte della terra, con le quali si entra negli anni Novanta, il punto di vista sembra ulteriormente alzarsi allo Zenit, tracciando graficamente il panorama di una zona talvolta più talvolta meno estesa di una visione sensitiva che è, però, pur sempre strettamente legata alla realtà. Tant'è vero che in Ritorno al fiume III, il naturalismo riaffiora evidente nel sinuoso sciabolare del ritmo agitato dell'acqua. Già alcune di queste opere, se non fossero sintomaticamente identificate dalle affascinanti ed evocative titolazioni, potrebbero essere lette per la loro valenza quasi ormai non figurativa. Se il legame col mondo reale, sia esso interiore od esteriore, Luigi Merlo sembra non volerlo mai abbandonare, nemmeno nei lavori più recenti, già nelle incisioni di cui si sta trattando la lettura converge principalmente nelle peculiarità compositive, coloristiche e grafiche approntate sul foglio. Sono i ritmi del segno allusivo, la vibrante variazione coloristico-chiaroscurale, la minuziosa descrizione dei particolari in rapporto armonico e sovente liricamente musicale con l'insieme a rappresentare le note qualitativamente più sentite di questo momento, per cui si assiste ad un passaggio graduale, continuo e coerente, che si andrà accentuando negli anni successivi, da un paesaggio riconoscibile visivamente ad un paesaggio riconoscibile, prima di tutto e sempre più, emotivamente.

    Il 1992, che tra l'altro coincide con l'anno di fondazione, da parte di Luigi Merlo, dell'Associazione Culturale Progetto Incisione di Cittadella, nata con lo scopo di diffondere e far conoscere il linguaggio artistico dell'incisione, rappresenta un'altro anno fondamentale nel suo percorso artistico. Già negli anni Settanta, l'assidua frequentazione del poeta Bino Rebellato gli era servita per formare la propria sensibilità poetica ed artistica; ora, più che in precedenza, un rinnovato amore verso la poetica musicale, "rallegratrice" anche sotto più punti di vista (non è casuale, infatti, l'introduzione predominante, in alcune sue opere, del colore), lo spinge ad un netto salto verso il "non figurativo", <<non tanto abbandonando il reale come ispirazione ma quanto traducendolo in ritmi e armonie>> (Baldin), che gli permette di sperimentare con maggiore efficacia composizioni più ardite, servendosi di tecniche incisorie altrettanto sperimentali ed innovative. E' il periodo dei Passaggi musicali, dell'Adagio con espressione, del Come un suono di natura, ed altre opere ancora, dove l'ispirazione ad un sogno di realtà visiva è vista al microscopio della sua sensibilità poetica, per cui non si ha mai l'impressione di un abbandono della realtà, quanto piuttosto di una visione del reale filtrata in un legame inscindibile tra microcosmo e macrocosmo; una realtà che diventa diversa, armonicamente costruita, o meglio, orchestrata attraverso una miriade di segni, di colori, di "simboli" che organizzano una superficie compositiva nuova, uno spazio nuovo, una luce nuova. A volte, il segno, là grafico ed incisivo, qua sfumato e vibrante, si muove con valenza quasi semantica, ricca di una forte allusione simbolica, verso un universo interiore; altre volte, lo stesso segno, la stessa vibrazione, la stessa luce, portano il nostro sguardo, e con esso la nostra fantasia, la nostra intimità, a librarsi in un mondo che sembra dilatarsi al di là della stessa superficie dell'opera, verso un universo infinito, fatto di una musicalità cosmica che non ha bisogno, mai, di alzar la voce, perché il suo ritmo è fatto da delicate note che armonicamente sussurrano tra loro, chiedendoci il silenzio della nostra attenzione, altrimenti qualcosa ci può sfuggire. Il suo linguaggio, diviene allora un universo di segni-forma e di segni-luce, sotto molti aspetti legati ad una visione romantica dell'arte; legati cioè ad una partecipazione emotiva e sentita dei moti dell'animo suscitata da un particolare, intimo approccio della realtà interiore ed esteriore, un approccio prevalentemente lirico. Lirico e musicale ma non evasivo, semmai allusivo per mezzo di segni-simbolo, di forme-simbolo, sempre, però, fortemente legato, anche nel suo essere "non figurativo", mi ripeto, ad una visione poetica reale, quasi naturalistico-sperimentale, del mondo visivo. La sperimentazione si fa più assidua con le opere successive al punto di, come ben definisce Luca Baldin, spingerlo ad una <<maturità tonica>> che << lo porta a sperimentare nuove soluzioni con varianti realizzative ardite che gonfiano la carta, la portano innaturalmente a conquistare una terza dimensione che non le è propria>>. Le tecniche incisorie si combinano tra loro: le tradizionali puntasecca, acquaforte, acquatinta si intrecciano con la pirografia, l'intaglio, le applicazioni, la resinografia ed altre ancora, talvolta prevalendo nettamente, queste ultime, nei confronti di quelle più tradizionali, tirando in campo, sovente, anche il colore. Ecco allora prender forma opere come la serie di Luoghi e ritmi o l'incantata produzione del 1994, in prevalenza a "bianco e nero", ben rappresentata in questa sede con Pensiero verticale, con i Viaggi dentro, con Microcosmo, Luna nera, Bianconero, L'attimo, Misure naturali, Stato felice, tutta impegnata a rendere visivamente, armonicamente, musicalmente ritmi interiori di un microcosmo o di un macrocosmo (quelli che Baldin definisce efficacemente come i "Paesaggi dell'anima") che possono essere ri-velati solo grazie alla sensibilità descrittivo-coloristica dell'artista. La ritmica liricità dei "segni" incisi di Luigi Merlo, si elabora allora, a seconda dell'esigenza estetica, a descrivere il rapporto della musicalità visiva interiore nel suo intrecciarsi continuo, senza sosta, con l'"universale" ed il "macrocosmo" in cui l'individuo vive: nascono lavori come Sequenza, In principio, Continuum, Variazioni sul tema, dove spazio e tempo sembrano fondersi in equilibrate vibrazioni di bianche masse in rilievo che affiorano da un'intricata superficie grigio-nerastra, mossa, profonda e segmentata.

    Il mai abbandonato legame con la natura, con la realtà, affiora con prepotenza nei lavori degli anni successivi, nei quali i "paesaggi", che ritornano quasi ad essere visivamente riconoscibili, acquistano con il colore una vivacità incantata, magica, in apparente contrasto con la sua ultima produzione, giocata ancora una volta sul bianco e nero, ma che icasticamente si sorregge in una più silenziosa ricerca di nuovi ritmi sinuosi ed intrecciati, graffianti o sfumati, di una magia rinnovata che si fa, talvolta, come nell'opera che conclude questa esposizione, Campi di forza, simbolicamente impregnata di profonda, dinamica sacralità religiosa.

Castelfranco Veneto, 25 marzo 2000.

 Marco Mondi

 

Elenco delle opere esposte:

 - Orizzonte due, 1986, acquaforte-acquatinta-applicazione su zinco, mm. 495 x 645.

- Rivisitazione III, 1988, acquaforte-acquatinta, mm. 645 x 330.

- Rivisitazione V, 1988, acquaforte-acquatinta, mm. 645 x 330.

- Rivisitazione VI, 1988, acquaforte-acquatinta, mm. 645 x 330.

- Porte della terra III, 1990, acquaforte-maniera pittorica, mm. 490 x 160.

- Porte della terra IV, 1990, acquaforte-maniera pittorica, mm. 490 x 160.

- Texture I, 1990, acquaforte-acquatinta, mm. 295 x 150.

- Texture II, 1990, acquaforte-acquatinta, mm. 295 x 150.

- Terzo paesaggio musicale, 1992, acquatinta su fondino, mm. 485 x 630.

- Adagio con espressione, 1992, acquaforte-puntasecca su fondino, mm. 250 x 487.

- Ritorno al fiume III, acquaforte-acquatinta, mm. 650 x 250.

- Come un suono di natura, 1992, acquaforte-applicazione, mm. 485 x 630.

- Improvviso, 1992, tecnica mista su fondino, mm. 485 x 630.

- Quarto paesaggio musicale, 1992, acquaforte-acquatinta su fondino, mm. 485 x 630.

- Luoghi e ritmi XII, 1993, pirografia-puntasecca-applicazione, mm. 270 x 270.

- Pensiero verticale, 1994, intaglio-puntasecca, mm. 450 x 450.

- Viaggio dentro II, 1994, intaglio-puntasecca, mm. 450 x 450.

- Viaggio dentro III, 1994, intaglio-puntasecca, mm. 450 x 450.

- Microcosmo, 1994, tecnica mista, mm. 450 x 450.

- Luna nera, 1994, intaglio-puntasecca, mm. 450 x 450.

- Bianconero, 1994, intaglio-pirografia-acquatinta, mm. 450 x 450.

- L'attimo, 1994, tecnica mista, mm. 450 x 450.

- Misure naturali, 1994, intaglio-pirografia, mm. 450 x 450.

- Stato felice, 1994, intaglio-puntasecca, mm. 215 x 215.

- Sequenza, 1995, intaglio, mm. 265 x 265.

- In principio, 1995, intaglio, mm. 265 x 265.

- Giocando su clivi maremmani, 1995, intaglio-puntasecca-acquatinta, mm. 265 x 265.

- Continuum, 1995, intaglio, mm. 265 x 265.

- Visitatori, 1996, tecnica mista, mm. 265 x 265.

- Variazioni sul tema, 1995, intaglio-puntasecca-applicazione, mm. 265 x 265.

- Evoluzione, 1997, tecnica mista, mm. 265 x 265.

- Il libro di Aleph, 1997, intaglio-pirografia, mm. 265 x 265.

- Paesaggio con triangolo, 1997, intaglio, mm. 265 x 265.

- Narciso, 1997, intaglio, mm. 265 x 265.

- Duetto, 1998, intaglio, mm. 300 x 300.

- Campi di forza, 1999, puntasecca-acquatinta-applicazione, mm. 300 x 300.

 

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