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VITTORIA ZANNONI

Una secessionista mitteleuropea a Castelfranco Veneto

Opere dal 1909 al 1913

 

Castelfranco Veneto

12 aprile – 18 maggio 2003

 

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STUDIO MONDI DIPINTI ANTICHI E MODERNI, dott. FABIO MONDI (dipinti antichi), dott. MARCO MONDI (dipinti moderni), Galleria d'arte, antichità ed antiquariato, Corso XXIX Aprile, 7, 31033 Castelfranco Veneto (TV)   Italia, tel. 0423/723110, 0347/8158124, 0368/7311457, fax 0423/723110, ore: 10.00 - 12.30, 16.00 - 19.30, chiuso domenica e lunedì mattina, www.studiomondi.it - e-mail: studiomondi@tiscalinet.it - E' iscritto all'Associazione Trevigiana Antiquari.

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Specializzazione: lo Studio espone in permanenza quadri antichi e moderni (soprattutto di artisti veneti), arte, antichità ed antiquariato. Effettua compravendite di quadri, consulenze d'arte, ricerche artistiche, stime e perizie d'arte. Esegue testi storico critici, organizza e cura mostre e catalogazioni per conto di privati, Pubbliche Istituzioni, Associazioni Culturali ed Enti Pubblici e Privati. Per ricerche in corso, si invitano i possessori di opere e documenti di artisti di Castelfranco Veneto ed attivi in città a contattare lo Studio. Per avere informazioni su altre opere di Vittoria Zannoni, contattare la Galleria. Si acquistano opere di Vittoria Zannoni dopo averne esaminato preventivamente le foto (Vittoria Zannoni).

Vittoria Zannoni nasce a Pieve di Cadore nel 1888, figlia della marchesa Silvia Cusani e dell’ingegner Vittorio Zannoni. Ultima discendente dei Cusani di Soave e Verona, sin da giovane s'interessò d'arte, seguendola, collezionandola e praticandola sotto i consigli della zia materna, la marchesa Anita Cusani. I Cusani sin dal Seicento, come testimonia anche Scippione Maffei nella sua Verona Illustrata (1732), possedevano una prestigiosa collezione di pittura, che andò arricchendosi fino alla fine dell’Ottocento quando, scrive don Antonio Castagneti (Iscrizioni del Comune di Soave…, Verona, 1898), per successioni ereditarie iniziò a disperdersi in più sedi, per poi tornare a riunirsi nella casa di Vittoria, essendo lei, appunto, l’ultima discendente della nobile casata. Fu Anita Cusani a far conoscere il pittore “errante” Ettore Cosomati (Napoli, 1873 – Milano, 1960), di cui era grande amica, alla nipote Vittoria. E fu il Cosomati, infatti, a darle i primi veri insegnamenti d’arte, anche in Germania, dove in più occasioni Vittoria soggiornò, ospite della zia Anita, e studiò, e dove il pittore la introdusse negli ambienti artistico-culturali tedeschi, a Francoforte sul Me­no soprattutto. Là, la sua attenzione si rivolse principalmente verso l’arte Sezessionstil, con chiare aperture nei confronti della grafica di Vincent van Gogh. Entrò in contatto con molti esponenti tedeschi dell’avanguardia secessionista, con i quali lavorò e dei quali collezionò opere. Un suo bel ritratto, che si conserva nella Civica Raccolta Comunale di Castelfranco Veneto assieme ad alcune sue opere, fu inciso da Friz Lederer (Königsberg, 1878 - ?). I numerosi lavori esposti in questa sede, abbracciano, si può dire, l’intera produzione artistica di Vittoria Zannoni, che dal 1907 si protrasse fino al 1913, anno in cui sposò il professor Mario Carletti, primario dell’ospedale di Castelfranco Veneto, e dopo il quale, tranne rarissime eccezioni, non si conoscono altri lavori. Il nucleo non molto corposo della sua produzione artistica, formato essenzialmente da disegni e da alcune incisioni, consta di circa 300 opera, per la maggior parte conservate in un’unica collezione privata. Considerato il breve periodo in cui operò, la datazione delle sue opere non è sempre di facile e sicura determinazione. Tuttavia, isolati i suoi primi lavori, caratterizzati da un tratto esecutivamente più convenzionale, così come la stessa impostazione compositiva, il restante nucleo mostra tutto una straordinaria coerenza d’impianto, sempre d’alta qualità ed estremamente innovativo e “modernista”, specie qualora si considerino gli anni in cui le opere furono eseguite e, constatazione affatto marginale per l’epoca, il fatto che furono eseguite da una giovane donna italiana. Le molteplici fonti che concorrono ad ispirare l’arte di Vittoria Zannoni, molte delle quali filtrategli attraverso gli insegnamenti ed i suggerimenti di Ettore Cosomati, connotano una personalità artistica complessa e culturalmente ricca, dotata di grande armonia estetica ed assai esigente e selettiva nella scelta delle influenze, che sono, come tutta la sua arte, pur indirizzata principalmente verso la cultura mitteleuropea, assolutamente cosmopolite, internazionali e mai di provincia. I soggetti, paesaggi, nature morte, interni, animali, ritratti, sono tutti colti tralasciando quasi volutamente un loro intrinseco valore contenutistico iniziale per concentrarsi nella trascrizione formale della loro essenza figurativa, così da permettere, semmai, un nuovo recupero contenutistico solo in un secondo momento, ricreato e rielaborato sulla carta. La scelta del soggetto non è casuale ma studiata, ricercata con cura, sebbene questa sia sempre rivolta a “cose” semplici, fin troppo convenzionali: lo scorcio di città o il paesaggio che si vede dalla finestra, il volto di una persona, la natura morta di fiori che si ha in casa, l’interno di una camera da letto, di una soffitta, gli animali dello zoo, alberi e piante, una sedia, un torchio, un cavalletto da pittura. Sono soggetti che da sempre hanno ispirato ogni pittore e che ricorrono più che mai frequenti in tutta la pittura di fine Ottocento, specie in quella legata al Realismo o che dal Realismo comunque parte. Soggetti che, così interpretati però, pongono una prima distinzione rispetto alle poetiche di “evasione”, le quali trasformano tutto in una <<foresta di simboli>>, per portare avanti un discorso figurativo più strutturale che, sempre partendo dal post-impressionismo, scaturisce comunque ed inevitabilmente nell'Art Nouveau, nello Jugendstil, nel Sezessionstil. E all’arte secessionista tedesca, a quella della secessione francofortese di Hans Thoma, Wilhelm Trübner e dello stesso amico Cosomati, i lavori di Vittoria Zannoni si mostrano particolarmente in sintonia. E’, anche la sua, una reazione, sebbene non polemica, alla pittura ufficiale di stampo ottocentesco, ancora viva e ancora in gran voga negli anni del nuovo secolo che precedono la Grande Guerra. I suoi soggetti vanno ben al di là di una lettura fatta in chiave di Realismo o di Verismo, poetiche che allora, in Italia ad esempio, continuavano a caratterizzare la maggior parte delle espressioni artistiche, comprese quelle innovative e rivoluzionarie del Divisionismo o dello stesso primo Futurismo. La sua arte, che appartiene in tutto e per tutto al nuovo secolo, riprende sì anch’essa un discorso figurativo che si riallaccia inevitabilmente alla pittura del secolo precedente, ma lo svuota di ogni valenza contenutistica “romantica”. Analizza (e siamo attorno al 1910!) le opere di van Gogh, la sua grafica. La studia non tanto per la forte espressione di visione sofferta del mondo interiore messo a contatto con quello esteriore, ma la studia nel taglio compositivo, nella trascrizione tecnica, nella resa coloristica e formale del segno grafico, per la sua straordinaria capacità di sintesi del dato reale. Su questa base, come per molti altri esponenti del mondo secessionista mitteleuropeo, al quale lei idealmente appartiene, la sua ricerca si arricchisce della componente nuova del “modernismo” e dell’influenza orientalista, di giapponismo (e qui, ancora una volta, certamente anche grazie ai suggerimenti di Ettore Cosomati, che aveva studiato lingue orientali, cinese e arabo, e la stessa cultura orientale), intesa tanto a livello compositivo quanto di tecnica: l’uso stesso della canna di bambù, come appunto aveva fatto anche van Gogh guardando le stesse fonti, è alquanto sintomatico. Così, Vittoria Zannoni si dota ben presto degli “strumenti” grafici necessari per poter ottenere con il disegno, caratterizzato da un segno segmentato e deciso, una traduzione sintetica, schematica del dato reale, giungendo alla sua struttura figurativa essenziale di volumi e forme, senza però mai spingersi (forse perché dal 1913 abbandonò il suo impegno artistico) agli estremi del non figurativo, alle scomposizioni cubiste o alla violenza oltraggiosa e talvolta “offensiva” dell’Espressionismo. La sua pertanto, arte di secessione e sotto più aspetti d’avanguardia, si pone come punto di passaggio, come trait d'union tra l’arte moderna e l’arte contemporanea.

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