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A tal riguardo, non è da escludere che certe opere deboli
comunque generalmente ascritte a padre, sia dipinti sia disegni, possano essere
state eseguite da Rino, almeno in parte. Così come, nelle opere di Noè Bordignon
dei primissimi anni del secolo, vi possano essere delle parti secondarie dipinte
dal figlio. È ragionevole supporre, invero, che Noè iniziasse il figlio alla
pittura affidandogli i compiti di quello che era il garzone nelle antiche
botteghe degli artisti, facendogli metter mano alla preparazione della tela, ai
fondali o a particolari di secondo piano. D’altra parte, lo stesso Bordignon può
aver dato qua e là dei tocchi di qualità alle opere finite di Rino, per
insegnargli come il lavoro dovesse essere fatto. L’Autoritratto che
segue, inoltre, ha fatto sorgere a noi stessi dubbi attributivi, per la sua
buona qualità. Tuttavia, la mancanza di quell’impasto di colore fatto di
velature e amalgamarsi di materia cromatica tipica delle opere del padre, specie
di quegli anni, e, al contrario, la presenza di un risultato pittorico che vuole
imitare, ma solo nelle sue ultime stesure, proprio quel modo di dipingere, ci ha
spinti ad attribuire l’opera con più sensatezza al figlio. Ciononostante, non
tutti gli studiosi sono di questo parere.
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