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    Di grande importanza, a tal proposito, furono le esposizioni di Ca’ Pesaro che, volute per statuto aperte ai giovani artisti «ai quali è spesso interdetto l'ingresso alle grandi mostre, per cui sconosciu­ti e sfiduciati non hanno i mezzi da farsi avanti e sono so­vente costretti a cedere i loro lavori a rivenduglioli ed incettatori che sono i loro vampiri» (dal testamento della duchessa Felicita Bevilacqua La Masa), diventarono ben presto la prima vera voce dell’arte moderna italiana. A partire dalle mostre capesarine del 1909, trovando forse il suo culmine con quella del 1913, che rischiò addirittura la chiusura tanto si dimostrò “oltraggiosa” nei confronti della Biennale, i cosiddetti “giovani ribelli” portarono a Venezia (e in Italia) una ventata di novità, polemiche e scandalo, da far scrivere a certa stampa «che Ca' Pesaro valeva più dei Giardini».

    Gino Rossi, Arturo Martini, Felice Casorati, Umberto Moggioli, Teodoro Wolf Ferrari, Vittorio Zecchin e tanti altri, furono i protagonisti di una stagione straordinaria per l’arte veneziana e italiana, grazie alla quale, dopo più di un secolo, la nostra cultura figurativa tornò ad allinearsi con quella dell’Europa più moderna.

 

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