ASSOCIAZIONE TREVIGIANA ANTIQUARI, Mostre, Collaterale 2009

è triste constatare, oggi, che uno dei principali problemi di questo nostro Veneto, con enormi conseguenze anche in campo economico, poteva essere risolto semplicemente tornando a soluzioni vecchie di duemila anni, e ciò quand’era ancora possibile, negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso: mi riferisco alla viabilità, che avremmo tracciata con delle strade drittissime, veloci e sicure, se solo si fossero ripristinate, con autostrade, le antiche vie romane.

L’Impero Romano, almeno per l’Occidente, ha continuato per secoli e secoli a far sentire la sua influenza, andando ben al di là del suo crollo ufficiale nel 476 d.C., l’abbiamo appena visto. Le invasioni barbariche, spingono le popolazioni a trovar rifugio in zone più sicure rispetto alle città, che si rivelano facilmente raggiungibili proprio grazie anche all’efficiente rete di comunicazione: località isolate in pianura, boschi, alture e montagne o, e questo segnerà la nascita di Venezia, lagune, divengono luoghi dove costruire rocche, fortezze e castelli dominati militarmente dalle famiglie più potenti che da lì governano i loro feudi. Disboscamento e cura delle campagne vengono trascurate, ed il paesaggio diventa impervio. Roma, come città simbolo, viene gradualmente sostituita dal Cristianesimo con la “Città Celeste”, nuova capitale ideale e luogo di comunione dei santi. Nelle città sempre più fortificate, con una popolazione decimata anche da carestie e malattie (conseguenza diretta delle invasioni), gli edifici romani si trasformano in edifici cristiani: le basiliche in chiese, le terme in battisteri, il foro in piazza, il cardo e il decumanus in sinuosi vicoli, più facili da difendere. Il Cristianesimo tende a fare degli aspetti negativi della Roma antica la virtù di una nuova concezione spirituale e sociale, di solidarietà e di amore: il cristiano visita gli am-malati, accudisce agli orfani e le vedove, sfama gli affamati, prega per sé e prega per gli altri. I príncipi del Cristianesimo sono i monaci ed è nei monasteri, dove la gente che fugge dalle città trova rifugio, protezione e garanzia di sussistenza, che si conserva la cultura del passato, con biblioteche e attività produttive. Il monastero, in un certo senso, conserva anche la cultura della città, modificandola alle nuove esigenze. La struttura stessa della città romana, vede, nella pianta dei monasteri, l'incrocio tra cardo e decumano trasformarsi simbolicamente in croce ed il foro trasformarsi in navata di chiesa, in chiostro, in hortus conclusus, senza però perdere la sua funzione sociale, economico-produttiva e di luogo di riunione, non solo religiosa: sotto tutti gli aspetti, spirituali, culturali, artistici ma anche topografico-urbanistici, edilizi, sociali, economici, l'esperienza di vita nei monasteri è fondamentale per la città del medioevo, in cui confluisce. La città “aperta” romana si trasforma in una città chiusa da forti mura difensive, che tende ad isolarsi dal pericoloso mondo che la circonda. Si diffonde un senso di anarchia contro la quale bisogna reagire, soprattutto da parte della Chiesa, per cui i vescovi, che si affiancano ai signori feudali nella gestione del potere, assumono sempre maggior importanza.

Le invasioni barbariche portano ad uno stravolgimento dell’assetto geopolitico di molti territori e solo al loro completo cessare, sul finire del IX secolo, dopo le scorrerie degli Ungari, la città torna ad essere polo d’attrazione per la popolazione e volano propulsivo per una nuova rinascita civile. L’aumento demografico fa crescere le dimensioni delle città che devono ampliare le loro mura per far sorgere nuovi quartieri. S’innesca così un circolo virtuoso che dà uno straordinario impulso ad ogni forma produttiva: l’aumento di popolazione fa crescere il bisogno di generi alimentari e di altre necessità, non ultime quelle edilizie, col conseguente aumento di ogni genere di produzione e di commercio. Il modello monastico, che aveva conservato le antiche conoscenze e instaurato al suo interno, pur in forma rigorosamente gerarchica, un’uguaglianza sociale altrove inesistente, contribuisce non poco a ridar vita a tutta quella miriade di attività necessaria a soddisfare le esigenze di una comunità. L’Ora et labora benedettino, che contribuisce a creare abbondanza di merci, spinge la città ad instaurare rapporti commerciali con altri centri, con un reciproco aumento di benessere e di ricchezza. Vengono ripristinare le vie di comunicazione, necessarie al commercio, e le ricchezze accumulate investite a vantaggio della comunità, pur negli interessi delle famiglie più potenti che la governano. Sorgono ovunque cantieri per l’edificazione di edifici simbolo come i palazzi comunali e le cattedrali, rappresentazioni tangibili di un raggiunto benessere cittadino dove la comunità sfoggia non solo la propria ricchezza, ma anche le proprie capacità tecniche, artigianali ed artistiche, quindi culturali e di agiatezza. Tra il IX e XI secolo, la mancanza di un forte potere centrale spinge la città verso una più ampia autonomia e all’autogoverno. Gradualmente, il potere del vescovo, come quello dei signori feudali, passa alla municipalità, che deve ora regolamentare tutte le attività cittadine, edilizie ed urbanistiche, produttive e commerciali, di controllo e di sicurezza, igieniche e sanitarie. è la nascita dell’epoca dei comuni dove, attraverso il “Consiglio Maggiore” (che a Treviso sarà poi chiamato “dei Trecento”) ed il “Consiglio Minore”, la cittadinanza partecipa alla vita politica del Comune, pur nei limiti di una costituzione oligarchica, diretta, cioè, dalle famiglie più potenti. Famiglie che, di lotta in lotta, di guerra in guerra, interna e con le città vicine, schierandosi di volta in volta col Papa (Guelfi) o con l’Imperatore (Ghibellini), a seconda dei loro interessi, sostituiscono il loro potere a quello comunale, portando gradualmente all’epoca delle Signorie e, con il successivo consolidarsi di un potere centrale, al concretizzarsi in senso moderno dell’idea di “Stato”. Per Treviso, però, e per un territorio geograficamente ben più vasto dell’attuale Veneto, la Signoria e quindi lo Stato, furono rette da una Repubblica, pur anch’essa oligarchica ma, con le debite differenze, basata sui principi dei “liberi” governi comunali, dei quali Venezia ne fu la più diretta, e longeva, derivazione. Tra il XIII ed il XV secolo, le città accumulano ricchezze enormi che si concentrano nelle mani di pochi nobili, che le trasformano, con alleanze alternabili, in potere per dominare territori sempre più vasti. A Treviso, nel secondo decennio del XIII secolo, si afferma la supremazia di Ezzelino II da Romano e della sua fazione, opposta a quella dei Collalto, famiglia da secoli comitale del territorio. Dopo il 1268, si rafforza la potenza dei da Camino, dalla cui parte sta la maggioranza della nobiltà trevigiana, per poi subire il dominio scaligero (1329-1339), dei Carraresi (1384-1388) e passare infine sotto Venezia (1388). Sotto l’orbita della Serenissima, però, Treviso soggiaceva già da tempo, soprattutto economicamente: ricca di acque, sin dal X-XI secolo i numerosi mulini esistenti macinavano grano per Venezia e la città, soprattutto dal XII secolo, fu un importante punto di transito per le lagune di bestiame, legname e di altri beni di prima necessita. Dal 1388, la Marca godette di un lungo periodo di pace che, se da un lato causò un conservatorismo economico e sociale, dall’altro diede vita ad attività ferventi, tra le quali bisogna far rientrare anche il “fenomeno” delle ville fattoria, che iniziarono a sorgere copiose fin dal Quattrocento. La successiva guerra contro la Lega di Cambrai (Francia, Spagna, Papato ed Im-pero), durante la quale Treviso vide crescere la sua importanza strategica per la difesa delle lagune, spinse la Serenissima a cingere la città con una nuova cerchia muraria (ideata da fra’ Giocondo e portata a termine da Lorenzo di Ceri e Bartolomeo d’Alviano), più adatta a resistere alle nuove tecniche e tecnologie belliche.

Se questa sezione della mostra vuole essere essenzialmente introduttiva ad una concezione nuova di bottega artistica e quindi di azienda imprenditoriale, presentando solo alcune opere sommariamente indicative della ricca produzione dell’epoca, la sua vera “sala espositiva” è la città stessa di Treviso, con la sua fisionomia topografico-urbanistica d’impronta ancora comunale, con i suoi edifici romanici e gotici, religiosi, pubblici e privati, ancora in parte esistenti, e con il suo ricchissimo patrimonio artistico in essi conservati, o custodito oggi al Museo Civico: è il motivo per cui abbiamo tracciato un itinerario esterno che va a toccare alcune presenze cittadine (tra le molte altre) che, più di qualsiasi mostra, ancora oggi ci fanno vivere un’atmosfera medievale cresciuta su di un tracciato viario tutt'ora in gran parte percorribile e, percorribile a piedi, che è stato capace, nel corso dei secoli, di assorbire ed integrare interventi urbanistici ed edilizi successivi, pur mantenendo sempre una dimensione di vivibilità umana che è l’eredità medievale più importante giunta sino a noi e che le ha fatto meritare, non a caso, l’appellativo di “Marca Gioiosa”. A tal riguardo, basti ricordare quello che è forse uno degli angoli più suggestivi della città: il vicolo medievale del Duomo, dietro la cattedrale, ancora oggi stupefacente per certi suoi risvolti pratici, come quello di riparare dalle intemperie, dal vento e dal freddo d'inverno, dal sole e dal caldo d'estate.

La sua prima fisionomia urbanistica, un po’ irregolare sin da allora, sorta dall’incrocio tra cardo e decumano (il quadruvium, chiamato poi Carubio, all'incirca la Piazza dei Signori), viene a trasformarsi in modo netto soprattutto a partire dalla seconda metà del XII secolo, quando la città trova un forte impulso edilizio, sia civile che religioso. Dal suo centro che, allora come oggi, si snodava dal Duomo al Carubio attraverso il Calmaggiore (la principale via cittadina, così chiamata almeno dal XII secolo), la città, suddivisa in “centenari”, si sviluppa a raggiera, irregolarmente a causa della presenza di numerosi corsi d'acqua: nuovi borghi, rioni e quartieri sorgono dove inizialmente vi era una chiesa o un monastero, o lungo le vie che dal centro portano alla campagna dove, in corrispondenza di una porta, trovano un punto di sosta obbligata che è occasione di scambio di merci e di servizi. Il “buon governo” comunale, infatti, si fa sentire anche in campagna attraverso bonifiche e disboscamenti a vantaggio di attività agricole e di allevamento. Fiere e mercati, inizialmente stagionali o legati a festività religiose, divengono settimanali e giornalieri e trovano posto lungo le vie del centro e nelle piazze dove, regolamentati da precise norme comunali, s’integrano con botteghe e altre attività produttive stanziali, raggruppate per categoria in arti, mestieri e corporazioni, pure regolamentate da appositi statuti. Per evitare il problema del sovraffollamento e del conseguente degrado di alcune zone cittadine, vengono creati nuovi centri minori a ridosso del centro principale, tutti concepiti come piccole città nella città, in grado di mantenere la stessa qualità di vita anche nelle zone periferiche; e quando la città, che è dinamica e non statica, non può più crescere, si creano nuovi villaggi e paesi, che ripetono lo stesso modello: è la logica espansiva medievale che porterà il Veneto divenire una grande città metropolitana diffusa.

Poiché tutta questa evoluzione è opera principale del Cristianesimo, gli edifici religiosi, nella città medioevale, assumono un’importanza primaria: come luoghi d’incontro, assolvono le funzioni spirituali e liturgiche assieme a quelle sociali, civili ed economiche. Attorno a loro e sulla piazza antistante la gente si ritrova, fa mercato e si riunisce in occasione di assemblee, feste e tornei. Molti monasteri e conventi, alcuni tornati in città già prima del 1000, perseguono intenti ospedalieri e di ricovero e sorgono, per ragioni igieniche, fuori del centro abitato. Anche i signori feudali trovano conveniente, per il governo dei loro interessi, risiedere adesso in città: se a Treviso, a cavallo tra il XII ed il XIII secolo si può parlare dell’esistenza di una sede comunale, di una “casa del Podestà” e del Palazzo dei Trecento, mentre addirittura al 1098-99 la tradizione data la costruzione della Loggia dei Cavalieri, il palazzo dei Collalto e quello dei da Romano risalgono al XII secolo, il palazzo dei Castelli viene distrutto nel 1271, come nel 1312 quello dei da Camino, mentre quello dei Ricchi esiste tutt’ora in veste quattrocentesca ed alla fine del XIV secolo risale quello dei da Carrara, che ci ospita oggi.

Altro aspetto fondamentale della “civiltà” medievale è il culto dei santi e dei santi martiri in modo particolare. Un’esigenza spirituale, religiosa, non si manifesta mai fine a sé stessa ma trova il suo essere anche nel bisogno umano di avere esempi cui ispirarsi: i santi rappresentavano un modello di vita cristiana pressoché perfetto, che ogni buon cristiano doveva imitare non solo per avere un posto in Paradiso ma per vivere meglio la propria esistenza nella vita terrena ed aiutare gli altri a vivere meglio la loro. Se l’arte nel Medioevo era principalmente arte religiosa era perché, quel modello di vita, era quello più utile alla società dell'epoca: il “fatto” artistico, rappresentava tutto quanto era prima sentito come esigenza culturale e quindi sociale e comunitaria. La Bibbia scritta con gli affreschi sulle pareti di una chiesa, la vita narrata in pittura di un Santo, la conversione, l’evento miracoloso, il martirio erano tutti soggetti la cui imitazione tornava utile nella vita di tutti i giorni. Ogni corporazione, mestiere, arte e forma associativa cercava la protezione di un santo a cui dedicarsi per devozione, commissionando spesso opere d’arte da sfoggiare nei luoghi simbolo della loro città, a dimostrazione del grado di benessere, civiltà e cultura che la loro comunità era stata capace di raggiungere grazie anche al loro contributo: una sorta di marchio qualitativo “Made in Italy” del loro territorio. Per questo le reliquie di un santo, che ogni città si contendeva (da Altino giungono a Treviso le spoglie dei quattro santi martiri, Liberale, Teonisto, Tabra e Tabrata), avevano nel medioevo un’importanza simbolica enorme, capace di far spostare masse di persone da un luogo all’altro dell’Europa: il pellegrino, in viaggio dalla sua terra d'origine per andar a pregare sulla tomba o sulla reliquia di un santo a Padova come a Santiago di Compostella, ad Assisi come nella stessa Roma, trovava ricovero, vitto e alloggio, nelle città che erano sul suo percorso. Ma il pellegrino era anche colui che portava le proprie esperienze, e a volte merci e risorse economiche, in terra straniera e poi tornava in patria con conoscenze e novità viste in luoghi lontani. Allo stesso modo le crociate, che muovevano ondate di cristiani, erano occasioni uniche per instaurare contatti commerciali e culturali con terre lontane, con risvolti economici di enorme importanza, come insegna la storia di Venezia.

Lo scopo di questa sezione è, quindi, quello di introdurre il visitatore della mostra a vedere nel Medioevo l’inizio di una concezione moderna del fare arte e del fare impresa, che trova nella “rinascita”, scattata magicamente proprio attorno all’anno Mille, quella “colonna” portante indispensabile ad ogni successiva evoluzione culturale. Ed è nell'euforia delle parole di Rodolfo il Glabro e dell'abate Rodolfo, che si possono intendere gli stimoli e le motivazioni che hanno spinto la bottega, il cantiere, l’officina medievale a soddisfare, quantitativamente e qualitativamente, tutte le esigenze della loro comunità con uno spirito imprenditoriale dinamico e fattivo, che ritroveremo, sotto molti aspetti, anche nella produzione artistica analizzata nelle sezioni che seguono: «Si era già quasi all’anno terzo dopo il Mille quando nel mondo intero, ma specialmente in Italia e nelle Gallie... Pareva che la terra stessa, come scrollandosi e liberandosi della vecchiaia, si rivestisse tutta...» (Cronache dell'anno Mille) ed «Era strabiliante vedere ed incredibile da raccontare la moltitudine di uomini giunti da ogni dove, che con impegno e gioia trasportavano senza sosta pietre, calce, sabbia e legno e qualsiasi altro materiale necessario alla costruzione, di giorno e di notte, con mezzi e con carri di loro proprietà e a proprie spese» (Gesta abbatum Trudonensium).

1) - Pannelli con chiavi di produzione e/o tipologia veneta (una decina di esemplari di varie epoche), ferro, Treviso, Musei Civici.

2) - MANIFATTURA DELL’ITALIA SETTENTRIONALE, Copribocchetta da cassone, sec. XV, ferro forgiato, traforato, cm 29,5 x 30 x 1,5, Treviso, Musei Civici.

3) - Riproduzione fotografica de’ La città medievale dalla “Cronica” del Malimpenso, sec. XVI.

4) - SCULTORE VENETO, Testa di monaco, fine del XIV – inizi del sec. XV, pietra d’Istria (?), h. cm 13, Castelfranco Veneto, collezione privata.

5) - MANIFATTURA VENETA, Serratura da cassone con chiave, fine del sec. XV – inizio sec. XVI, ferro forgiato, cm 15 x 53 x 5,5, ago cm 4, Treviso, Musei Civici.

6) - SCULTORE VENEZIANO, Madonna con Bambino, sec. XIV, marmo con tracce di policromia, diam. cm 73, Treviso, Musei Civici.

7) - SCULTORE VENETO (?), Madonna col Bambino, sec. XV, legno policromo, h. cm 52,5, Castelfranco Veneto, collezione privata.

8) - MANIFATTURA VENETA, Cassone dotale tardo gotico con ferramenta, sec. XV, legno intagliato, inciso, ferro forgiato, traforato, inciso, stagno, cm 44 x 85,5 x 47, Treviso, Musei Civici.

9) - GEROLAMO BOTTER (1855 – 1929), La Loggia dei Cavalieri (ipotesi dell’aspetto originario), fine del sec. XIX, acquerelli colorati su carta, Treviso, Biblioteca Comunale.

11) - ANTONIO CARLINI (1859 – 1945), La chiesa di Santa Margherita, fine del sec. XIX, disegno su carta, Treviso, Biblioteca Comunale.

12) - ANTONIO CARLINI (1859 – 1945), La cappella di Sant’Orsola nella Chiesa di Santa Margherita, verso il 1883, acquerelli colorati su carta, Treviso, Biblioteca Comunale.

13) - Ritratto di Papa Benedetto XI al secolo Nicolò Bocassino da Treviso, da GIOVANNI BATTISTA CAVALIERI, Effigies Romanorum Pontificum a S. Petro ad Pium…, Bassani sed prostant Venetiis, apud REMONDINI, 1775, Bassano del Grappa, collezione Tassotti.

14) - Città medievale, gigantografia di un particolare dell’affresco di TOMMASO DA MODENA (Modena, 1325 ca. – 1379 ca.) raffigurante L’incontro di Orsola con il papa Ciriaco (dal ciclo della Leggenda di Sant’Orsola), metà del sec. XIV ca., Treviso, Chiesa di Santa Caterina (Musei Civici).

15) - Personaggi femminili medievali, gigantografia di un particolare dell’affresco di TOMMASO DA MODENA (Modena, 1325 ca. – 1379 ca.) raffigurante La partenza degli ambasciatori dalla corte del re d’Inghilterra (dal ciclo della Leggenda di Sant’Orsola), metà del sec. XIV ca., Treviso, Chiesa di Santa Caterina (Musei Civici).

16) - Scena cruenta medievale, gigantografia di un particolare dell’affresco di TOMMASO DA MODENA (Modena, 1325 ca. – 1379 ca.) raffigurante Il martirio di Sant'Orsola e delle undicimila vergini (dal ciclo della Leggenda di Sant’Orsola), metà del sec. XIV ca., Treviso, Chiesa di Santa Caterina (Musei Civici).

17) - MANIFATTURA REMONDINI, Santi, sec. XVIII, carta xilografata, foglio mm 345 x 437, Bassano del Grappa, collezione Tassotti. Esempi di santi protettori: San Matteo Apostolo, patrono di banchieri, bancari, notabili, doganieri, guardie di finanza, cambiavalute, ragionieri, contabili ed esattori (tav. 17a); San Marco Evangelista, patrono dei Veneziani e dello Stato della Serenissima Repubblica, nonché patrono dei notai, scrivani, vetrai, pittori su vetro, ottici (tav. 17b); San Tommaso Apostolo, patrono degli architetti (tav. 17c); San Zaccaria, patrono dei calzolai (tav. 17d); Sant’Andrea Apostolo, patrono dei pescatori, pescivendoli, del mare e delle marinerie (cat. 17e); San Giacomo Maggiore, patrone dei pellegrini, viandanti, cavalieri, soldati e protettore dalle malattie reumatiche (cat. 17f); San Filippo, patrono degli infermi e protettore da malattie e flagelli (tav. 17g); San Luca Evangelista, patrono degli artisti, pittori, scultori, doratori, vetrai, medici, chirurghi, notai (tav. 17h); San Simone Apostolo, patrono dei conciatori (tav. 17i); San Giovanni Evangelista, patrono degli scrittori, librai, stampatori ed editori (tav. 17l).

Treviso, Case con barbacani in Cae de Oro, fotografia di GUIDO BOTTER (? – 1980) del 1933, riproduzione fotografica – Fondo Giuseppe Fini, c/o FAST – Foto Archivio Storico della Provincia di Treviso (F 1194) (opera fuori catalogo).

Treviso, Case con barbacani in via Castemenardo, fotografia di GUIDO BOTTER (? – 1980) degli anni 1924 – 1926, riproduzione fotografica – Fondo Giuseppe Fini c/o FAST – Foto Archivio Storico della Provincia di Treviso (F 1199) (opera fuori catalogo).

Treviso, via Isola di Mezzo, fotografia del 1921, riproduzione fotografica – Fondo Giuseppe Fini c/o FAST – Foto Archivio Storico della Provincia di Treviso (F 13895) (opera fuori catalogo).

Treviso, sottoportici lungo i canali a San Francesco, fotografia di GIUSEPPE MAZZOTTI (1907 – 1981) ante il 1957, riproduzione fotografica – Fondo Giuseppe Mazzotti c/o FAST – Foto Archivio Storico della Provincia di Treviso (M 26936) (opera fuori catalogo).

Treviso, via Carlo Alberto, portico di casa romanica, fotografia di GIUSEPPE MAZZOTTI (1907 – 1981) ante il 1957, riproduzione fotografica – Fondo Giuseppe Mazzotti c/o FAST – Foto Archivio Storico della Provincia di Treviso (M 26939) (opera fuori catalogo).

Treviso, il venditore di cestini in ferro in Portico Oscuro, fotografia di GUIDO BOTTER (? – 1980) degli anni 1920 – 1940, riproduzione fotografica – Fondo Giuseppe Mazzotti c/o FAST – Foto Archivio Storico della Provincia di Treviso (M 3) (opera fuori catalogo).

Treviso, venditrice di pesce davanti alla Chiesa di san Vito, fotografia di GUIDO BOTTER (? – 1980) del 1940 circa, riproduzione fotografica – Fondo Giuseppe Mazzotti c/o FAST – Foto Archivio Storico della Provincia di Treviso (M 355) (opera fuori catalogo).

Treviso, Pescheria, fotografia di GUIDO BOTTER (? – 1980) degli anni 1930 – 1938, riproduzione fotografica – Fondo Giuseppe Mazzotti c/o FAST – Foto Archivio Storico della Provincia di Treviso (M 358) (opera fuori catalogo).

Treviso, il Cagnan in Via dello Squero, fotografia degli anni 1930 – 1938, riproduzione fotografica – Fondo Giuseppe Mazzotti c/o FAST – Foto Archivio Storico della Provincia di Treviso (M 379) (opera fuori catalogo).

Treviso, Piazza Garibaldi, fotografia di GIANNI ARSIÈ degli anni 1930 – 1938, riproduzione fotografica – Fondo Giuseppe Mazzotti c/o FAST – Foto Archivio Storico della Provincia di Treviso (M 381) (opera fuori catalogo).

Treviso, vicolo Santa Maria dei Battuti, fotografia di GUIDO BOTTER (? – 1980) degli anni 1930 – 1940, riproduzione fotografica – Fondo Giuseppe Mazzotti c/o FAST – Foto Archivio Storico della Provincia di Treviso (M 465) (opera fuori catalogo).

Referenze fotografiche: Associazione Trevigiana Antiquari: nn. 1-2, 4-8, 13-19, 32, 38-39, 46-47, 49-53, 58, 60, 62-64, 68-72, 77-80, 82-88, 91-100, 103-104, 109-110, 122-124, 131-141, 159-179; figg. alle pp. 76, 78, 80, 82, 84, 88, 94, 135, 138. Biblioteca Comunale, Treviso: nn. 9, 11. Federico Andrisani, Padova: n. 48. Fortuny Tessuti Artistici, Venezia: nn. 142-158, fig. alla pagina 153. Grafiche Tassotti, Bassano del Grappa: nn. 54-57, 59, 61, 65, 67, 73-76, 81, 89, 90; fig. alla p. 86. Giuseppe Vanzella, Treviso: nn. 125-130. Isabella Minchio, Bassano del Grappa: nn. 20-21, 24-25, 31, 33-37, 40, 108, 121. Musei Civici, Treviso: n. 22. Museo d’Arte Medioevale e Moderna, Padova: nn. 41-45. Pierfrancesco Garola, Padova: nn. 23, 27-30. G. Pezzini Bernini, F. Fiorani, Canova e l’incisione, Ghedina & Tassotti Editori, Grafiche Tassotti, Bassano del Grappa (VI), 1994, pp. 97, 128, 179, 214, 240, 248-249, 253: nn. 111-120. T. Basso, A. Cason, Treviso ritrovata, Edizioni Canova Treviso, Stampa Grafiche Zoppelli s.r.l., Dosson (TV), 1995, pp. 16, 73, 86: nn. 3, 10, 12. E. Manzato, G.C.F. Villa, Una pinacoteca per l’Ottocento, Edizioni Canova, Zoppelli s.r.l., Dosson di Casier (TV), 2000, p. 44: n. 102. V. Messina, Domenico Carpinoni, Moma Edizioni, MyPrint, Clusone (BG), 2009, p. 35: n. 26. Arte a Venezia ai Tempi di Canova, Pieghevole della Galleria Nuova Arcadia di Luciano Franchi, Padova, s.d., pp. 1-2: n. 105-107.

Associazione Trevigiana Antiquari, via Venier n. 55 – 31100 TREVISO, tel. e fax 0422-1740255, cell. 345/4065428

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