Le mostre

Links

Altro ancora

DOV'E' LA NOSTRA GALLERIA

Home page

GALLERIA FOTOGRAFICA

ELENCO DIPINTI, IN VENDITA E NON IN VENDITA, A DISPOSIZIONE DEGLI STUDIOSI

 

Galleria d’Arte ed Antiquariato

 

Se avete una o più opere di Noè Bordignon che volete vendere

telefonate al 0423/723110 o contattate studiomondi@tiscalinet.it

 

Noè Bordignon:

un brutto caso d’incuria e degrado artistico

di Marco Mondi

  Nel catalogo della mostra su Noè Bordignon curato da Paolo Rizzi nel 1982, fu redatta un'interessantissima mappa del nostro entroterra dove furono evidenziate le chiese, le ville e gli edifici in genere per i quali l'artista lavorò. Si tratta di un territorio piuttosto vasto, che dalle cittadine gravitanti attorno alla natia Castelfranco si estende ad Ovest, passando per il bassanese, fino alle porte di Schio, a Nord, e poi ad Est, abbracciando una buona parte dell'asolano, fino a spingersi oltre Conegliano, mentre a Sud, nel veneziano, tocca paesi come Moniego, Robegano, Campocroce e, con i lavori realizzati nell'isola di San Lazzaro degli Armeni, entra in laguna. Tra questi lavori, molti sono affreschi e vale la pena sottolineare che gli affreschi eseguiti nel nostro territorio tra gli ultimi decenni del XIX ed i primi del XX secolo, rappresentano un "fenomeno" che andrebbe affrontato ed approfondito con uno studio a parte, soprattutto qualora si considerassero prevalentemente gli affreschi esterni. Essi, infatti, rappresentano una singolare e sintomatica fioritura di un gusto per la decorazione parietale che, dalla grande stagione prima medievale e poi rinascimentale, andò gradualmente scemando, per mantenere la tradizione viva solo in pochi casi, e piuttosto circoscritti nelle dimensioni, legati prevalentemente ad esigenze popolari di carattere votivo. Dalla seconda metà dell'Ottocento, non a caso dopo la liberazione dal dominio austriaco e l'annessione del nostro territorio al Regno d'Italia, quindi in un clima di generale euforia, di ripresa economica e di ricostruzione edilizia, che sentiva forte la necessità di riappropriarsi di una cultura strettamente autoctona riallacciandosi, nel nostro caso, ad una delle più floride tradizioni figurative venete, ci fu la tendenza a tornare ad affrescare, oltre che gli spazi interni, anche le facciate esterne di chiese e palazzi. In questo senso, Noè Bordignon fu sicuramente uno tra gli artisti veneti che più si prodigarono nell'attività di frescante. E la suddetta mappa ne è, come già detto, un'interessantissima testimonianza.

  Questo "fenomeno", non mancò di toccare la bella cittadina di Castello di Godego, centro antichissimo e particolarmente ricco di preziosi e prestigiosi edifici. Edifici, contro molti dei quali, purtroppo, negli ultimi decenni si sono perpetrate mutilazioni, demolizioni e vere proprie devastazioni di quello che un tempo era il loro naturale habitat architettonico-paesaggistico, al punto che, per taluni contesti urbanistici, la città ha assunto un volto del tutto diverso ed oramai quasi non più identificabile con quello che la caratterizzò e la impreziosì per molti secoli. Castello di Godego, in quel suo centro cittadino che oggi, almeno nella piazza principale, si fatica ad identificare col suo centro storico, conserva ancora la "struttura ossea" di un gioiellino dell'architettura veneta qual è l'antica chiesa abbaziale di Santa Maria, per la quale il Bordignon Favero cautamente ha suggerito il nome di Giorgio Massari, come architetto, per la sua ristrutturazione settecentesca. La chiesa è oggi abbandonata ad un lento ed inevitabile degrado, tanto più funesto quanto più "innaturale" è il suo attuale impiego; e può essere assunta ad esempio non tanto, o non solo, del poco valore ed amore con cui la città guarda ai suoi più preziosi tesori, quanto di una non efficace attività di soprintendenza esercitata per decenni e decenni dalle istituzioni statali preposte per legge a conservare, tutelare e valorizzare il nostro patrimonio storico-artistico. Se un ente pubblico la cui funzione istituzionale è di conservare, tutelare e valorizzare, consente determinati interventi architettonico-urbanistici o non interviene con tempestività, o non interviene affatto, evidentemente c'è qualcosa che non funziona e la causa, o la colpa, deve ricercarsi là, piuttosto che in una o in un'altra volontà ecclesiastica, là, piuttosto che in uno o in un altro architetto, là, piuttosto che in una o in un'altra amministrazione comunale, la quale ha anche altre esigenze e necessità, e la quale deve comunque attenersi alle decisioni e alle autorizzazioni delle competenti Soprintendenze.

  Quando, negli primi anni del XX secolo, Noè Bordignon ricevette l'incarico di affrescare il soffitto ed alcune pareti della parrocchiale di Santa Maria di Castello di Godego, si può quasi affermare che la chiesa così concludesse la lunga ristrutturazione iniziata circa due secoli prima e caldamente ripresa alla metà del XVIII secolo dall'arciprete Nuzio Querini, al quale spetta il merito di aver ottenuto per sé e per il suoi successori il titolo e la dignità di abbaziali (Giampaolo Bordignon Favero). Nei primi anni del Novecento la chiesa di Santa Maria dovette forse vivere i suoi "anni migliori". Ad un secolo di distanza, purtroppo, a causa di una disastroso “cambio d’uso” fatto negli anni del dopoguerra, ben altro è il suo destino! Così, anche per gli affreschi di Noè Bordignon.

  Noè Raimondo Bordignon nasce a Salvarosa di Castelfranco Veneto il 3 settembre 1841 da una famiglia di umile estrazione. Grazie a vari aiuti, può iscriversi alla Regia Accademia di Belle Arti di Venezia, dove frequenta i corsi di Michelangelo Grigoletti, Carlo De Blaas e Pompeo Molmenti. Suoi amici e compagni di studio sono alcuni tra i massimi esponenti della pittura veneta dell’Ottocento, come Guglielmo Ciardi, Luigi Nono, Giacomo Favretto. La sua prima formazione artistica, quindi, avviene subito dopo la metà del secolo, in un clima culturale ancora tutto farcito di un Romanticismo d’impostazione storica, mitologica e religiosa.

  In ambito scolastico, le sue capacità sono presto notate e nel 1865, alla conclusione degli studi, vince una borsa di studio governativa per il perfezionamento artistico a Roma, dove soggiorna fino al 1868 e ha modo di approfondire i propri interessi, specie per la pittura dei Puristi e dei Nazareni, ma anche per l'antichità classica, il Rinascimento (Michelangelo in particolar modo), il Barocco e il classicismo dei Carracci e di Poussin, e poi di David e di Ingres. Assiduo frequentatore del caffè "Greco", è fatto socio dell'Associazione Artistica Internazionale. Di ritorno da Roma, si ferma alcuni mesi a Firenze, dove entra in diretto contatto con i Macchiaioli e s’iscrive all'Associazione degli Artisti Italiani, nella quale il suo nome comparirà fino alla morte.

  Nel 1869, al suo rientro a Castelfranco e a Venezia, Bordignon è quindi un giovane artista con una propria personalità pittorica. Numerosi sono subito i lavori che gli sono affidati, commissionatigli principalmente nell'ambito della decorazione d'interni di chiese. Tra gli incarichi più importanti di questi anni, si ricordano il ciclo in affresco della Resurrezione della Carne, dipinto nel 1874 per la parrocchiale di Pagnano d'Asolo, quello della Gloria di S. Nicolò vescovo, del 1877, per la parrocchiale di Monfumo, e quello di Gesù Figlio di Dio, per la parrocchiale di Montaner, del 1877. Ma là dove ottiene forse il suo più alto raggiungimento in questo senso, è il ciclo affrescato per la chiesa di San Zenone degli Ezzelini (1869-1882): se nell'Assunta del soffitto, esplicito è il richiamo all'Assunta di Tiziano e, ad esempio, nel riquadro con il Beato Giordano Forzatè riaffiora l'impostazione storico-accademica, è nell’elaboratissimo Giudizio Universale dell'abside dove Bordignon dà sfogo a tutta la sua indole di drammatica rappresentazione romantica, inventata sul modello romano del Giudizio Universale di Michelangelo; limite oltre il quale il pittore non può che cambiare stilisticamente direzione per non cadere nella ripetizione manierata di se stesso. Non è casuale, infatti, se la sua attenzione si rivolge adesso principalmente al Realismo, con il quale si afferma a Venezia.

  Capolavoro della fine degli anni Settanta è La mosca cieca della Civica Raccolta Comunale di Castelfranco Veneto, splendido dipinto la cui composizione accademico-classiccheggiante ed il modo di delineare e colorare le figure dei bambini che giocano nella campagna romana, forse dipinta non solo sulla base di ricordi, tradi­scono un sapore partenopeo, ma anche fiorentino in talune minuziosità ed in taluni esiti cromatici, che andrà a perdersi negli anni succes­sivi. E sulla base delle qualità stilistiche di questa tela, viene da supporre che Bordignon, durante il suo soggiorno romano, si sia spinto anche sin giù nel napoletano.

  A partire dalla fine degli anni Settanta, ha inizio il suo cosiddetto "periodo veneziano", quando anch’egli, con grande respiro qualitativo, svolge un ruolo determinante nell’ambito del Realismo. Le opere realizzate a partire da questo momento, possono considerarsi quelle della sua piena maturità, e taluni saggi rappresentano alcuni tra i più alti raggiungimenti della pittura veneta allo scadere del secolo. Nascono, allora, lavori straordinari per l'ambientazione compositiva, per la resa dell'insieme e dei particolari, per le delicate e sapienti scelte luministico-cromatiche. Di questi anni sono dipinti come Cortile veneziano, Le pettegole o il Banco del lotto, i cui soggetti sono scorci di campielli o altre invenzioni nelle quali la vita quotidiana è ritratta nel suo svolgersi reale, colto attraverso la "lente" del pennello che ferma, come in un'istantanea (ed interessante sarebbe fare uno studio della pittura dell'artista in relazione alla fotografia), tanto il gesto dei personaggi e l'intimità del momento, quanto il panno disteso o l'oggetto minuto, apparentemente insignificante ma anch'esso vero, reale, come la scena stessa in tutto il suo insieme. Già a partire da questi anni, egli non si ferma alla sola ambientazione veneziana: i suoi soggiorni sempre più frequenti e lunghi nei luoghi natii dell'entroterra, dove verso la metà degli anni Novanta si ritirerà definitivamente a vivere, gli ispirano l'ambientazione della campagna veneta. Queste opere rappresentano forse la sua produzione di maggior rilievo artistico, e certo la più profondamente sentita, dove si riscontra sovente una riposante visione tra il pastorale e l'aneddotico, e dove la natura, la campagna ed il mondo rurale in genere sono sentiti come il luogo di una nuova e toccante armonia tra la presenza umana e l'ambiente circostante.

  Nella prima metà degli anni Novanta, Bordignon dà vita a tre veri capolavori: Gli emigranti, databile verso il 1890 circa, La cresima, del 1893 circa, e La pappa al fogo, di uno o due anni dopo. Sono tre opere diverse tra loro, eppure di una coerenza straordinaria nella rappresentazione della stessa realtà sociale: quasi tre brani di "letteratura figurativa" che ci raccontano tre momenti diversi della vita dell'epoca e che ci sono presentati nella più lucida, oggettiva testimonianza con cui il sensibile occhio dell'artista li ha saputi cogliere. Gli emigranti, è una straordinaria composizione ambientata nella campagna veneta con tutta la naturalezza di chi vuol rendere, senza enfasi, una drammatica realtà sociale di quegli anni; La cresima, che pare quasi un omaggio al futuro papa santo, dove in un ampio scorcio dell'interno dei Frari, a Venezia, il pennello dell'artista va a cogliere la gioiosa, frizzante ed emozionante sacralità di un momento importante della liturgia cristiano-cattolica; e La pappa al fogo, concepita per presentarla alla prima Biennale veneziana del 1895, vero monumento innalzato alla tradizione "liturgico-rurale" del nostro entroterra attraverso il quale l’artista, senza immaginazione fantastica o enfatica volontà di letteraria ostentazione, senza drammaticità, né rassegnazione, e nemmeno intento polemico, presenta una realtà che ha una sua precisa dimensione sociale e politica, nella direzione di quel cattolicesimo che trovava allora il suo punto di riferimento nella Rerum Novarum (1891) di Leone XIII, nell'ambito cioè di un pensiero cristiano-sociale attento alle condizioni di vita della classe contadina. E’, quest’ultima, una delle opere più importanti di tutta la pittura veneta di fine Ottocento.

  L’importanza svolta dalle riviste e, successivamente, dalle visite alla Biennale di Venezia, come per altri pittori suoi coetanei, lo inducono gradualmente ad assimilare stilemi Liberty, dalle connotazioni simboliste. Lo si nota in molte opere eseguite a cavallo del secolo, dove le tematiche affrontate sono sovente le medesime di quelle degli anni precedenti, ma in esse vi si riscontra un fare più svolazzante e ricercato, che fa traspirare un senso più raffinato di enfasi espressiva e simbolicamente allusiva.

  Il rientro in terraferma, gli comporta nuove commissioni di carattere pubblico, ancora una volta soprattutto in campo ecclesiastico. Numerosi sono gli affreschi che esegue perché molte sono le commissioni che gli sono affidate. In queste opere, che lo terranno impegnato fin negli ultimi anni di vita, egli esprime la sua vena decorativa in composizioni che adattano il soggetto di volta in volta richiestogli a soluzioni formali dalla vena religiosa storico-narrativa. Ed è proprio a questi anni, cioè attorno al 1908, che si può far risalire l'esecuzione del ciclo in affresco per l'antica chiesa abbaziale di Castello di Godego. In lavori come questi, infatti, analogamente a quanto faceva nelle pitture da cavalletto, Bordignon risolve le tematiche richiestegli su un impianto compositivo che rimane sotto più punti di vista fedele ai grandi cicli di affreschi degli anni Settanta; tuttavia, si mitigano alquanto le componenti di ascendenza purista a favore di composizioni ariose, maggiormente debitrici della gloriosa tradizione figurativista della pittura veneziana del Cinquecento (da Giorgione ai Bassano) e del Settecento, con un occhio di particolar riguardo sempre rivolto al Tiepolo, e anch'esse ormai immerse in una atmosfera pacatamente più simbolista.

  Il nuovo secolo riserva a Bordignon anni difficili e funesti: nel 1906 muore il figlio Lazzaro (soprannominato Rino), a cui egli era particolarmente legato, anche per la sua predisposizione alla pittura; nel maggio del 1913, dopo sei anni di infermità, anche la moglie Maria lo abbandona. Nell'agosto dello stesso anno si ritira definitivamente nella sua casa di San Zenone degli Ezzelini, dove continua ad avere rapporti con pochi amici, tra i quali Teodoro Wolf Ferrari, Alessandro Milesi, Luigi Nono e Andrea Favero.

  Nelle opere da cavalletto, uno tra i generi particolarmente preferiti adesso, è il ritratto. La sua pittura si fa pastosa e densa, con cromatismi meno accesi ma dalla grande forza espressiva. La sua arte lo mostra artista di grande qualità e talento, ma artista ancora profondamente legato al Realismo dell’Ottocento in anni nei quali l'arte moderna afferma con forza, e talvolta con clamore, il diritto ad una nuova libertà espressiva per lui (ma non è il solo) difficile da capire e difficile da condividere. Noè Bordignon, dopo una dolorosa caduta che gli procura la frattura del femore, si spegne il 7 dicembre 1920 nella sua casa di San Zenone degli Ezzelini, lasciando incompiuto un Autoritratto, il suo ultimo lavoro.

  Queste, in breve, le vicende artistiche del pittore che affrescò soffitto e lunotti della chiesa di Santa Maria di Castello di Godego; affreschi coronati, tra l'altro, da raffinatissime e bellissime decorazioni in stucco. Lavori, s'è detto, la cui esecuzione è da far risalire, ritenendo attendibile la data riportata su uno di essi, al 1908: una ricerca tra la documentazione conservata negli archivi parrocchiali, dovrebbe facilmente confermarne la datazione, svelando probabilmente anche altri interessanti particolari. L'affresco rettangolare del soffitto, in una composizione magistralmente colta dal sotto in su, come nella più fastosa tradizione settecentesca veneta, raffigura una bellissima Natività, pittoricamente fresca e vivace nel suo dispiegarsi di personaggi che spiccano con cromatismi timbrici sotto ad un intenso cielo blu dove stanno, con la stessa luminosità delle spumeggianti nuvole bianche, gli angeli in volo. Di grande effetto scenografico e di sapore tiepolesco, a scandire un ritmo ascensionale sinuosamente zigzagato e leggermente tortile, è la figura elegantissima dell'angelo con le ali spiegate, caratterizzato, come tutte le altre figure angeliche, da una bellezza idealizzata, divina, celestiale. Al contrario, la dolcissima figura della Madonna e quella virile di San Giuseppe, sono presentate con tutto il loro realismo di esseri umani chiamati a dar vita alla nuova era del Cristianesimo. La stessa bravura pittorica, doveva caratterizzare il tondo del soffitto col Santo in gloria, oggi pesantemente ridipinto da renderne assai difficile la lettura. Quasi del tutto compromessi, invece, sono i quattro evangelisti dipinti sui lunotti ora inglobati in due stanzette drasticamente inventate nello spazio interno della chiesa. A tal proposito, le loro immagini qui pubblicate sono certo il commento più esaustivo.

  Inutile dire che l'antica chiesa abbaziale dovrebbe essere recuperata nella sua integrità architettonica ed artistica (e, m'è stato detto, che il restauro dovrebbe essere imminente!), a meno che non ci sia la più "sensata" decisione di demolirla completamente per far spazio, ad esempio, ad un bel ed utile supermercato dalle grandi vetrine e dalle insegne ben luminose, completando così urbanisticamente l'oramai quasi totalmente "rinnovato" centro storico che, nella sua piazza principale, storico non è quasi più. I tesori della chiesetta però, e le sue decorazioni, potrebbero essere venduti a pezzi. Ci sarebbe un bel ritorno economico: in fondo, per parlare solo delle pitture, ci sono opere di Bordignon che nel mercato hanno raggiunto cifre, con le vecchie lire, ad otto zeri! Al contrario, se si pensa ad un restauro "come si deve", ai cittadini costerà non poco. E pensare che se ci fosse stata una continua, costante, normale manutenzione, probabilmente la chiesetta di Santa Maria non avrebbe bisogno di alcun restauro, quindi, ai cittadini non costerebbe nulla, o quasi. Infatti, come per ogni altro patrimonio storico-artistico, il miglio modo per conservarlo, tutelarlo, valorizzarlo, è viverlo, è usarlo, è goderlo, anche perché, comunque sia, esso è ciò che ci identifica, che ci identifica oggi per quello che siamo grazie, ed è bene non dimenticarlo, alla nostra cultura, al nostro passato, alla nostra storia, alla nostra arte.

 

Se avete una o più opere di Noè Bordignon che volete vendere

telefonate al 0423/723110 o contattate studiomondi@tiscalinet.it

 

Se avete una o più opere di Noè Bordignon che volete vendere telefonate al 0423/723110 o contattate studiomondi@tiscalinet.it

 

Vai alle pagine dei dipinti in vendita

 

Vai all'elenco delle opere che cerchiamo

 

Cerchiamo e compriamo dipinti veneti antichi, dell'Ottocento e contemporanei, con particolare attenzione per Noè Bordignon, Vittorio Tessari, Romolo Tessari, Luigi Cima, Giorgio Dario Paolucci, Luigi Serena, Bruno Gherri Moro, ecc.

Per la vendita contattare:

Studio Mondi Dipinti Antichi e Moderni

Corso XXIX Aprile, 7

31033 Castelfranco Veneto (TV) – Italy

Tel. e fax 0039 0423 723110

www.studiomondi.it, e-mail studiomondi@tiscalinet.it

 

We buy paintings of Noè Bordignon, Teodoro Wolf Ferrari, etc.

We try and buy antique Venetian paintings, nineteenth-century and contemporary paintings, with special attention to paintings of Noè Bordignon, Vittorio Tessari, Romolo Tessari, Luigi Cima, Giorgio Dario Paolucci, Luigi Serena, Bruno Gherri Moro, etc.

For sales contact:

Studio Mondi Dipinti Antichi e Moderni

Corso XXIX Aprile, 7

31033 Castelfranco Veneto (TV) – Italy

Tel. e fax 0039 0423 723110

www.studiomondi.it, e-mail studiomondi@tiscalinet.it

 

Nous achetons des peintures de Noé Bordignon, Teodoro Wolf Ferrari, etc.

Nous essayer et acheter des antiquités peintures vénitiennes, des peintures du XIXe siècle et contemporain, avec une attention particulière à la peinture de Noè Bordignon, Vittorio Tessari, Romolo Tessari, Luigi Cima, Giorgio Dario Paolucci, Luigi Serena, Bruno Gherri Moro, etc.

Pour obtenir de la vente :

Studio Mondi Dipinti Antichi e Moderni

Corso XXIX Aprile, 7

31033 Castelfranco Veneto (TV) – Italy

Tel. e fax 0039 0423 723110

www.studiomondi.it, e-mail studiomondi@tiscalinet.it

 

Nosotros compramos pinturas de Noé Bordignon, Teodoro Wolf Ferrari, etc.

Tratamos de comprar antigüedades pinturas venecianas, pinturas del siglo XIX y contemporánea, con especial atención a los cuadros de Noè Bordignon, Vittorio Tessari, Romolo Tessari, Luigi Cima, Giorgio Dario Paolucci, Luigi Serena, Bruno Gherri Moro, etc.

En caso de contacto de venta:

Studio Mondi Dipinti Antichi e Moderni

Corso XXIX Aprile, 7

31033 Castelfranco Veneto (TV) – Italy

Tel. e fax 0039 0423 723110

www.studiomondi.it, e-mail studiomondi@tiscalinet.it

 

Wir kaufen Gemälde von Noè Bordignon, Teodoro Wolf Ferrari, etc.

Wir probieren und kaufen antiken venezianischen Malerei, Gemälde des neunzehnten Jahrhunderts und der Gegenwart, mit besonderem Augenmerk auf den Gemälden von Noè Bordignon, Vittorio Tessari, Romolo Tessari, Luigi Cima, Giorgio Dario Paolucci, Luigi Serena, Bruno Gherri Moro, etc.

Zu verkaufen Kontakt:

Studio Mondi Dipinti Antichi e Moderni

Corso XXIX Aprile, 7

31033 Castelfranco Veneto (TV) – Italy

Tel. e fax 0039 0423 723110

www.studiomondi.it, e-mail studiomondi@tiscalinet.it

 

Wij kopen schilderijen van Noè Bordignon, Teodoro Wolf Ferrari, enz.

We proberen en kopen antieke Venetiaanse schilderijen, schilderijen van de negentiende eeuw en hedendaagse, met speciale aandacht voor de schilderijen van Noè Bordignon, Vittorio Tessari, Romolo Tessari, Luigi Cima, Giorgio Dario Paolucci, Luigi Serena, Bruno Gherri Moro, etc.

Te koop contact:

Studio Mondi Dipinti Antichi e Moderni

Corso XXIX Aprile, 7

31033 Castelfranco Veneto (TV) – Italy

Tel. e fax 0039 0423 723110

www.studiomondi.it, e-mail studiomondi@tiscalinet.it

 

Nós compramos pinturas de Noè Bordignon, Teodoro Wolf Ferrari, etc.

Nós tentamos e comprar antiguidades pinturas venezianas, pinturas do século XIX e contemporânea, com especial atenção para as pinturas de Noè Bordignon, Vittorio Tessari, Romolo Tessari, Luigi Cima, Giorgio Dario Paolucci, Luigi Serena, Bruno Gherri Moro, etc.

Para contato venda:

Studio Mondi Dipinti Antichi e Moderni

Corso XXIX Aprile, 7

31033 Castelfranco Veneto (TV) – Italy

Tel. e fax 0039 0423 723110

www.studiomondi.it, e-mail studiomondi@tiscalinet.it

 

Descrizione di un'opera di Noè Bordignon:

NOÈ BORDIGNON (Castelfranco Veneto, 1841 – San Zenone degli Ezzelini, 1920), Vita quotidiana a San Zenone, 1885 - 1890 circa (clicca qui per vedere il dipinto)

Sono opere come questa di Noè Bordignon che hanno fatto e fanno grande la pittura veneta dell’Ottocento. L’arte, da sempre, rivela figurativamente e qualitativamente la sintesi dell’epoca in cui si esprime, della sua cultura, della sua storia, della sua società. Quando l’Italia (e quindi i suoi stati) era al centro del mondo, la sua arte era universale; quando le capitali della contemporaneità dall’allora si sono spostate altrove, la nostra arte non ha potuto che esprimere la situazione culturale, storica e sociale di un’area che era stata costretta a divenire provincia. L’Unità d’Italia, nel suo intento di “omogeneizzare” un territorio da secoli unito culturalmente ma da secoli diviso politicamente in stati, generò la reazione opposta d’accentuare, artisticamente e non solo, le divisioni “regionali” della penisola. Si formarono ben presto le “scuole” veneta, lombarda, piemontese, toscana, napoletana e così via. Il dialogo e lo scambio d’influenze e di reciproche esperienze interregionali furono subito intensi, come intensi furono in passato i dialoghi, gli scambi d’influenze e di reciproche esperienze tra stato e stato della penisola; sempre, nell’Ottocento e nei secoli precedenti, tutto questo avvenne anche, sebbene in grado minore, con gli stati d’oltralpe. L’unica vera grande differenza tra quanto successe nel XIX secolo e quanto successe nei secoli precedenti, mutatis mutandis, fu il trasferimento delle capitali dall’Italia all’estero, causato proprio dall’illusione di dare una capitale a uno stato unitario ancora bel lungi da venire. Per Venezia e il suo territorio questo avvenne con uno sconvolgimento traumatico che portò, negli ultimi decenni dell’Ottocento, una situazione economico-sociale per i più disastrosa, costringendo enormi masse di persone a cercar fortuna emigrando addirittura in altri continenti. In questo ambiente culturale, e sociale, si colloca anche l’”avventura” artistica di Bordignon Noè il quale, di tutto ciò, ne era pienamente cosciente, vivendolo in prima persona molto più a fondo di tanti altri suoi colleghi pittori. L’entroterra veneto per Guglielmo Ciardi, Alessandro Milesi, Luigi Nono e tanti dei più bei nomi della nostra pittura della seconda metà del secolo, che l’hanno “ritratto” sotto mille angolature, alla fine, per loro, rimaneva un universo al quale in realtà, da pittori “di città”, non appartenevano. Il loro soggiornare nell’entroterra veneto, pur con l’esplicito intento di dipingerlo, era come se conservasse il sapore di una parte di quella villeggiatura che gli aristocratici e i signori di tempi più antichi usavano trascorrere in determinate stagioni con l’intento di svagarsi e al tempo stesso di curare i loro interessi di “Stato da terra”. Tutto quanto gli altri pittori venivano a scoprire nella campagna veneta per ispirare le loro composizioni, quasi fossero dei turisti di passaggio perché la loro vera vita era altrove, per N. Bordignon, invece, rappresentava un vissuto quotidiano profondamente amato perché era il suo, perché rappresentava il mondo a cui egli apparteneva e di cui egli era parte integrante. A tal proposito verrebbe anche da chiedersi se quelle diatribe e quegli scontri avuti a un certo momento con l’ambiente artistico lagunare che l’hanno fatto tanto soffrire al punto da scrivere, ad esempio, che la sua Pappa al fogo, capolavoro dipinto appositamente per essere esposto alla prima Biennale veneziana del 1895, fu «barbaramente respinta» e che lo porteranno gradualmente a ritirarsi da Venezia nella sua amata terraferma, lontano da polemiche, invidie e gelosie, non siano state, contrariamente a quel che si suol pensare, alla base della sua vera fortuna artistica. Ponendo fine, infatti, a una lunga formazione iniziata con gli studi all’Accademia di Venezia, i viaggi studio a Roma, Firenze, forse Napoli e in altre località italiane, e il rientro infine nella città lagunare, dove ebbe per tanti anni il suo studio principale, il ritorno ai luoghi natii fece di lui quello che è forse il più acuto e sensibile rappresentante della cultura artistica del nostro entroterra a cavallo dei due secoli. Bordignon N. non poté più sottrarsi dal contemplare con partecipato trasporto la quotidianità della vita della sua gente e della sua terra, al punto d’arrivare a trasferirne sulla tela l’animo più genuino e l’emozione più veritiera di quell’epoca, di quella società e del suo ambiente paesaggistico e umano, divenendo così quel cantore altissimo di una realtà che fu sentita, partecipata e amata da dentro, e che fu vissuta e, soprattutto, capita con una comprensione tale come forse solo Jacopo Bassano, prima di lui, da noi, seppe fare. Vita quotidiana a San Zenone, apparentemente, pare non avere alcun intento sociale perché descrive semplicemente (sembra) un felice momento di tranquilla quotidianità campagnola di fine secolo. È la stessa osservazione che si può fare di primo acchito anche per La pappa al fogo di Noè Bordignon: la tela raffigura, semplicemente, l'interno di una cucina, dove la giovane madre e i due figlioletti sono ritratti nell'intimità della loro umile vita quotidiana, tutto là. Eppure, ben presto ci si rende conto che essa ha un substrato di profonde valenze che emergono pian piano davanti ai nostri occhi; un substrato che ci parla di economia, di società, di religione e fin anche di politica; che ci parla di Rerum Novarum e del pensiero cristiano-cattolico verso le condizioni della classe contadina, che ci parla della famiglia, dei suoi valori fondamentali e dell’importanza del ruolo della donna, che ci parla del lavoro e dell’educazione dei figli; che ci parla perfino di un nuovo modo di recuperare la poesia di Giorgione e la spiritualità di Jacopo Bassano, di un nuovo modo di ridar vita alla pastosità del colore veneto e alla vibrazione luministica della materia sulla tela. Rispetto a La pappa al fogo, Vita quotidiana a San Zenone si muove in un’atmosfera ambientale totalmente diversa, tratta all’aria aperta, in una tiepida giornata d’inizio primavera; eppure, anche per quest’opera, si avverte presto che il suo vero intento va ben più al di là di una semplice, per quanto bella e suadente, “finestra” aperta sull’Ottocento. Se noi potessimo, infatti, immaginare d’alzarci a volo d’uccello da una sorta di visualizzazione a livello suolo dell’inquadratura raffigurata in Vita quotidiana a San Zenone di Noè Bordignon, grazie ad una specie di Google Earth ambientato nel passato, al tempo in cui l’opera è stata dipinta, alzandoci sempre più in alto sull’Italia fino a individuare Roma, la capitale, per poi zumare gradualmente sui palazzi del potere politico entrandoci dentro per sbirciare nelle accese discussioni dell’epoca sulla questione agraria e su quanto ad essa connesso, e poi potessimo ripetere a ritroso il percorso appena fatto fino a ritornare a inquadrare la nostra scena di Vita quotidiana a San Zenone, ci parrebbe forse allora quasi di poter udire le parole che Antonio Fogazzaro, nel suo Daniele Cortis, fa dire al conte Lao (Ladislao): «…ma non come gli altri che vi guardano come se tirassero il mondo, e se loro, le bestie, fossero più onorevoli di noi che ci lasciamo tirare. Adesso ti spolitichiamo… Ti invillaniamo, ti mettiamo a urtar avanti l’Italia qua, qua, con le mani e con i piedi, sui tuoi campi; altro che alla Camera con le parole!». Ci si renderebbe conto, allora, di come Vita quotidiana a San Zenone non sia semplicemente la raffigurazione, felicissima, di un sereno momento di vita quotidiana di fine secolo. Come ne’ La pappa al fogo, anche in questo dipinto si avverte ben presto che il soggetto raffigurato s’investe di significati profondi, grazie ai quali questa “finestra” aperta sull’Ottocento ci racconta di una vita quotidiana piena di un’umanità, di un vivere in armonia con e nella natura in un modo che oggi abbiamo perso o, per lo meno, che la gran parte di noi oggi ha perso. È chiaro che il confronto tra l’”aristocratico” Antonio Fogazzaro scrittore e il “campagnolo” Bordignon Noè pittore è al quanto labile, scaturendo le loro personalità da due contesti sociali profondamente diversi, che hanno reso il primo un cristiano democratico dalle idee arditamente innovative a vantaggio di una nazione «sciolta da qualunque legame con qualunque chiesa, ma profondamente rispettosa del sentimento religioso», il secondo un cristiano cattolico praticante fermamente convinto della grande funzione da sempre svolta dalla Chiesa in ambito socio-educativo. Tuttavia, la posizione che Fogazzaro fa prendere al conte Lao, che sotto certi aspetti rappresenta il passato legato alla storia e alla tradizione della Serenissima, pur cogliendo la situazione dall’angolatura privilegiata di un vecchio e nobile possidente, trova più punti di contatto con la visione “semplice” ma altrettanto radicata di Noè Bordignon, soprattutto quando la esprime in opere come Vita quotidiana a San Zenone. Il messaggio (o monito) che Noè Bordignon sembra infatti volerci dare, si manifesta in un’architettura pittorica che ritrae un universo che ha sedimentato l’armonia di vita tra uomo e natura grazie a un’evoluzione durata secoli; un universo “cristallino” fatto di un equilibrio bilanciato tra vita, lavoro, famiglia e natura, dove l’una non può esistere senza l’altra perché dell’altra ne è un tutt’uno inscindibile; un universo “estetico” dove si pratica un recupero della visione poetica settecentesca (e, prima ancora, verrebbe da dire cinquecentesca e, ancora una volta, paesaggisticamente giorgionesca) di un’arcadia pastorale e idilliaca caricata, però, di una serietà di vita che il secolo precedente non conosceva, perché investita di un significato sociale che nel XVIII secolo troppo spesso si farciva di frivolo brio rococò; un universo “sociale” che non necessità di un Deus ex machina per migliorare la sua condiziona di vita poiché questa, pur nella dura e difficile esistenza quotidiana, ha raggiunto un tale grado di maturità umana, morale e perfino culturale, per il quale un intervento dall’alto, politico, non farebbe che sgretolarlo, com’è difatti poi successo; un universo di “civiltà” che davvero avrebbe potuto dare il suo grande contributo a «urtar avanti l’Italia qua, qua», con un lavoro fatto «con le mani e con i piedi, sui… campi», come ebbe a dire il conte Lao (ed è su questo piano che avviene il punto di contatto tra lo scrittore Fogazzaro e il pittore Bordignon). Noè Bordignon, in opere come Vita quotidiana a San Zenone, ha saputo rappresentare quella dignità del lavoro generato, appunto, «con le mani e con i piedi, sui… campi»; quella dignità del lavoro che si è fatta parte integrante della vita umana, perché a essa non solo è legata ma da essa ne è inscindibile; quella dignità del lavoro che ha fatto sì che un secolo dopo da noi potesse rinascere il germe che ha portato il nostro territorio, pur con non poche degenerazioni e contraddizioni, a quello che è stato definito il boom del Nord-Est (che oggi hanno voluto distruggere) o, meglio, la “mentalità” del boom del Nord-Est, per cui la vita coincideva col lavoro e viceversa, senza che uno togliesse all’altra la gioia di essere persone positive, moralmente sensibili, religiosamente rispettose, umanamente civili ed economicamente produttive. E ciò ha portato un notevole cambiamento della prospettiva con cui si è guardata la realtà del nostro entroterra fino a pochi anni fa, o di come l’ha guardata e l’ha proposta Bordignon Noè un secolo fa, poiché così la si è potuta, e la si poteva, riscattare dalla costrizione provinciale per farla tornare ad avere valenza universale (motivo per cui il cosiddetto boom del Nord-Est è diventato un modello imprenditoriale per tutta l’Italia e un modello imprenditoriale anche per l’estero, se si pensa che persino i Giapponesi e gli Americani venivano a studiarlo). È come se Bordignon N, avesse voluto rispondere alla nascente civiltà dell’industria e della politica centralista del neonato Stato italiano parlando volutamente uno schietto idioma che da dialetto è ritornato a essere lingua, letteratura, poesia. Vita quotidiana a San Zenone, allora, ci porta a considerare il significato della sua rappresentazione spingendoci ad andare ben più in là di quanto di primo acchito si presenta come una bella e suadente “finestra” aperta sull’Ottocento veneto. Ma N. Bordignon non sarebbe stato l’artista alto e sensibile che fu, se non fosse stato in grado di esprimersi figurativamente con un ductus pittorico di altissima qualità, capace di fondere il contenuto con la forma, i valori della sua epoca con il linguaggio espressivo dei suoi tempi, condizioni tutte indispensabile affinché possa nascere il capolavoro in arte: per questo, Vita quotidiana a San Zenone è un capolavoro della pittura veneta dell’Ottocento. Che Noè Bordignon fosse emotivamente sensibile e profondamente coinvolto dal soggetto di una raffigurazione come questa, lo prova il fatto stesso che la quotidianità e i luoghi ritratti erano quelli che ogni giorno lui aveva davanti ai suoi occhi: lo scorcio di San Zenone rappresentato, infatti, è quello che egli poteva vedere, un po’ più in lontananza, da casa sua. Il punto esatto dove ha posato il cavalletto è a poche decine di metri dalla sua abitazione e si può dire che oggi, tutto sommato, questo scorcio, topograficamente non è cambiato molto: davanti agli edifici passa una strada e solo il casone a sinistra è adesso nascosto da un’abitazione di recente costruzione. Andando nel luogo, ci si accorge subito, però, che quel che è più cambiato è proprio quel senso di armonia tra uomo, natura, lavoro e quotidianità che trapela forte da Vita quotidiana a San Zenone. In questo dipinto, la composizione è piuttosto semplice e riprende in modo abbastanza tradizionale una veduta paesaggistica veneta di fine secolo. Un’ampia distesa di prato apre la profondità prospettica scandendola dal ritmo delle diagonali tracciate dal falcio dell’erba e s’incunea verso destra fino al primo casolare, trovando i suoi limiti in prossimità del filare di viti e dei panni bianchi stesi al sole. A misurare le distanze, vi è prima la bambina seduta in basso e poi l’uomo seduto in alto, il quale coincide quasi esattamente con il centro del dipinto in modo tale da far sì che, dopo l’accesa nota cromatica della bambina, alla quale spetta la funzione di un “la” introduttivo, questi divenga l’elemento che ci conduce, tracciando un’altra direttiva visiva (bambina, uomo al centro, gli altri personaggi), al gruppo di figure posto giusto all’incrocio di tutte le diagonali della metà inferiore del dipinto; da questo punto, allora, si aprono le due linee prospettiche di profondità che portano alle lontananze del secondo piano, dove, quella che segue perpendicolare i casolari di destra, assieme a quella breve del casolare a sinistra, sposta il nuovo punto di fuga prospettico nell’orizzonte lontano della vegetazione e delle collinette. Al di sopra di tutto, un cielo azzurro solcato da soffici e bianche nuvole conclude la composizione, marcando la solarità della luce che accende tutta la raffigurazione sottostante, nella quale la proiezione delle ombre permette di stabilire con una certa precisione l’ora del giorno, oramai prossima al mezzogiorno. Così come, più ancora degli alberi e della vegetazione non ancora fiorita o delle viti ancora lungi dal dare il loro frutto, è sempre la luce a indicarci la stagione dell’anno in un inizio di primavera che porta nell’aria ancora un po’ di frizzante frescura invernale ma dove il sole già scalda e ristora, inondando il verde del prato di pallide tonalità di vita che ben presto si caricheranno di cromatismi ben più rigogliosi. E questa luce, è una luce tipicamente veneta; una luce che riscopriamo negli stessi anni anche in opere di altri pittori, come Giacomo Favretto, Luigi Nono o, soprattutto, Guglielmo Ciardi. Una luce che non è quella dei Macchiaioli, fatta di giustapposte e pure campiture cromatiche, e neppure quella solare e calda dei Napoletani, bensì quella della materia che si fa “magma vulcanico” in Tiziano e in Jacopo o che è tratta in accese e incandescenti sciabolate in Tintoretto: si osservi, a tal proposito, come il cielo terso esalti i fasci d’onde verdi-giallastri dell’erba del prato, vibrati tutti di una luminosità che si percepisce, con un fare quasi impressionistico, in tutto il suo valore solo a una cera distanza, o il magma della materia cromatica fatta di tocchi pastosi e di getto che accende di bagliori le vesti della bambina in primo piano, il suo cesto e il panno bianco che vi sta dentro, o, ancora, quella magistrali pennellatine di “sole” che delineano alcuni dei contorni dell’uomo seduto al centro e che danno vita credibile al filare di viti poco dietro. Con quella che sembra una sorprendente facilità di dipingere grazie a un pennello che si muove con sicurezza sulla tela e che tradisce un profondo amore per quello che sta ritraendo, Noè Bordignon dà prova di saper rappresentare un istante reale della quotidianità del suo mondo senza mai tradirsi alzando la voce verso un linguaggio figurativo retorico o di messa in scena teatrale che vuol rappresentare il vero fingendo la realtà. La sincerità della pittura di Noè Bordignon, ci parla con un idioma autentico e schietto, ponendo davanti ai nostri occhi il sentimento, l’emozione e la moralità di una “civiltà contadina” che aveva ancora molto da insegnare a una società proto-industriale, quella di fine inizio secolo, che, prediligendo i grandi agglomerati cittadini, rischiava di sradicare il nostro entroterra dal suo habitat di sempre per condurlo, come poi in parte ha fatto, verso un’alienazione e uno stato di disagio dove pareva quasi si volesse estraniare la coscienza di tutto un territorio da se stessa. Bordignon Noè, con la qualità silenziosa della sua pittura, ci presenta un mondo, il suo, ancora ricco di dignità morale e di etica sociale, che sono tra le peculiarità più preziose del nostro entroterra. La stessa scenetta di lavoro domestico e agricolo che ci propone nel secondo piano in prossimità dei primi casolari, si svolge all’ombra di una serenità generalizzata di cui essa stessa è parte unitaria, allo stesso modo per cui il realismo con cui sono delineati gli edifici nella loro semplice ma comoda e funzionale essenzialità abitativa, si fonde armoniosamente col paesaggio naturale che li circonda. Si fonde con il paesaggio naturale ma anche, verrebbe da dire, con il “paesaggio storico” del luogo: si noti solo, a tal riguardo, come si può intuire che l’architettura del primo caseggiato di destra risalga verosimilmente al tardo Cinquecento, o come, nella parete del terzo edificio, sopravvivano lacerti di un affresco antico (che tuttora esiste e che dovrebbe raffigurare una Madonna e un santo, forse san Giuseppe o san Cristoforo col Bambino Gesù sulle spalle) tratti con pochi tocchi materia cromatica. La minuziosità descrittiva dei più minuti particolari, infatti, si risolve in un tratto compendiario che, come s’è già detto per il prato, trova talvolta assonanze con spunti impressionistici, quando in realtà, però, non è altro che il modo di dipingere con pennellate di colore-luce, che è la caratteristica prima della pittura veneta da Giorgione in poi. Stilisticamente, Vita quotidiana a San Zenone di Noè Bordignon può sensatamente essere databile all’ultimo decennio del XIX secolo, o forse anche a qualche anno prima, e i timbri con la scritta “Made in Italy” posti sul verso della tela assieme alla scritta a matita in inglese sul telaio (“Landscape by Bordignon”) e alla presenza di un’etichetta col numero “24”, ci porta a supporre che il pittore, a un certo momento, l’abbia inviata a una mostra all’estero, come spesso ha fatto anche con altre sue opere. La tela di Noè Bordignon è tornata in Italia dopo essere stata acquistata negli Stati Uniti, in una città nei pressi di Filadelfia, e anche questo fa supporre l’invio dell’opera in America per una mostra, come, ad esempio, aveva fatto per la Cresima, già premiata a Berlino nel 1894 e inviata all’Esposizione Universale di Saint Louis il 18 febbraio 1904. Vita quotidiana a San Zenone di Noè Bordignon, se così fu, dovette essere considerata dall’artista stesso come un’opera degna di rappresentarlo all’estero, cosciente di esporre non un semplice dipinto, ma una tela in grado di testimoniare i valori della sua terra, presentati in una sintesi figurativa che fosse capace di elevarsi fin quasi a una sacralità spirituale di un Realismo veneto interpretato davvero con il cuore e dove le figure sedute della bambina e dell’uomo paiono riallacciarsi alla una tradizione genuinamente nostrana delle cosiddette “figure accoudée”, con le quali, per taluni critici, Jacopo Bassano combinava forma e contenuto in una rappresentazione espressiva che vorrebbe significare forse sofferenza ma forse anche contemplazione, ammirazione, rispetto per un mondo che noi oggi possiamo solo guardare con meraviglia perché forse non ci appartiene più.

 

 DOV'È LA NOSTRA GALLERIA

 

GALLERIA FOTOGRAFICA

 

Consulenze

 

Altro ancora

 

Specializzazione: lo Studio Mondi Dipinti Antichi e Moderni espone in permanenza dipinti antichi e moderni. Effettua compravendite, consulenze, ricerche, stime e perizie. Esegue testi storico critici, organizza e cura mostre e catalogazioni per conto di privati, Pubbliche Istituzioni, Associazioni Culturali ed Enti Pubblici e Privati.

Per ricerche in corso, si invitano i possessori di opere e documenti di artisti di Castelfranco Veneto ed attivi in città a contattare lo Studio.

STUDIO MONDI DIPINTI ANTICHI E MODERNI, dott. FABIO MONDI (dipinti antichi), dott. MARCO MONDI (dipinti moderni), Galleria d'arte, antichità ed antiquariato, Corso XXIX Aprile, 7, 31033 Castelfranco Veneto (TV)   Italia, tel. 0423/723110, 347/8158124, fax 0423/723110, P.I. 03338920261 – R.I. TV 26460/1998 – R.E.A. 264519, ore: 10.00 - 12.30, 16.00 - 19.30, chiuso domenica e lunedì mattina, www.studiomondi.it - e-mail: studiomondi@tiscalinet.it - E' iscritto all'Associazione Trevigiana Antiquari.

Copyright © 2000 Studio Mondi Dipinti Antichi e Moderni - Italy - All Rights Reserved - Site design and html  by Studio Mondi - If you want to use anything from this site, please email to the Studio beforehand to ask for permission. - Domain name studiomondi.it created on: 10-Sep-2000 - Registrant studiomondi@tiscalinet.it - google-sitemaps

Lo Studio Mondi Dipinti Antichi e Moderni, galleria d’arte ed antiquariato di Castelfranco Veneto, propone in vendita dipinti antichi (del Quattrocento, del Cinquecento, del Seicento, del Settecento – del XV secolo, del XVI secolo, del XVII, secolo, del XVIII secolo – del ‘400, del ‘500, del ‘600, del ‘700) e dipinti moderni (dell’Ottocento – del XIX secolo - dell’800 – fino ai primi decenni del Novecento – del XX secolo - del ‘900) con particolare attenzione per i pittori veneti e, soprattutto, per i pittori veneti legati al territorio di Castelfranco Veneto. Tra questi, artisti come Noè Bordignon, Vittorio Tessari, Romolo Tessari, Bruno Gherri Moro, Luigi Serena, Luigi Cima, Teodoro Wolf Ferrari, Francesco Sartorelli, Giuseppe Vizzotto Alberti, Enrico Vizzotto Alberti, Zaccaria Dal Bò, sono quelli di cui lo Studio Mondi Dipinti Antichi e Moderni principalmente s’interessa. Pur non trattando prevalentemente arte contemporanea, lo Studio Mondi Dipinti Antichi e Moderni acquista e vende anche quadri di pittori contemporanei legati al territorio di Castelfranco Veneto, come, ad esempio, Giorgio Dario Paolucci. Pertanto, cerca e compra opere di Noè Bordignon, Vittorio Tessari, Romolo Tessari, Bruno Gherri Moro, Luigi Serena, Luigi Cima, Teodoro Wolf Ferrari, Francesco Sartorelli, Giuseppe Vizzotto Alberti, Enrico Vizzotto Alberti, Zaccaria Dal Bò, Giorgio Dario Paolucci, oltre, ovviamente a quadri di pittori antichi (del Quattrocento, del Cinquecento, del Seicento, del Settecento – del XV secolo, del XVI secolo, del XVII, secolo, del XVIII secolo – del ‘400, del ‘500, del ‘600, del ‘700) e di pittori moderni (dell’Ottocento – del XIX secolo - dell’800 – fino ai primi decenni del Novecento – del XX secolo - del ‘900).

 

ELENCO DIPINTI, IN VENDITA E NON, A DISPOSIZIONE DEGLI STUDIOSI

 

Dipinti in vendita 1

 

Dipinti in vendita 2

 

Dipinti in vendita 3

 

Dipinti in vendita 4

 

Dipinti in vendita 4 parte 1

 

Dipinti in vendita 4 parte 2

 

Dipinti in vendita 4 parte 3

 

Dipinti in vendita 4 parte 4

 

Dipinti in vendita 5

 

Dipinti in vendita 5 parte 1

 

Dipinti in vendita 5 parte 2

 

Dipinti in vendita 5 parte 3

 

Dipinti anonimi

 

Notizie su Castelfranco

 

Pittori di Castelfranco

 

Le mostre

 

Ricerca pittori 1

 

Ricerca pittori 2

 

Ricerca pittori 3

 

Ricerca pittori 4

 

Ricerca pittori 5

 

Ricerca pittori 6

 

Ricerca pittori 7

 

Ricerca pittori 8

 

Ricerca pittori 9

 

Ricerca pittori 10

 

Ricerca pittori 11

 

Ricerca pittori 12

 

Ricerca pittori 13

 

Ricerca pittori 14

 

Ricerca pittori 15

 

Ricerca pittori 16

 

Ricerca pittori 17

 

Ricerca pittori 18

 

Ricerca pittori 19

 

Ricerca pittori 20

 

Ricerca pittori 21

 

Ricerca pittori 22

 

Ricerca pittori 23

 

Ricerca pittori 24

 

Ricerca pittori 25

 

Ricerca pittori 26

 

Ricerca pittori 27

 

Ricerca pittori 28

 

Ricerca pittori 29

 

Ricerca pittori 30

 

Ricerca pittori 31

 

Ricerca pittori 32

 

Ricerca pittori 33

 

STUDIO MONDI DIPINTI ANTICHI E MODERNI, dott. FABIO MONDI (dipinti antichi), dott. MARCO MONDI (dipinti moderni), Galleria d'arte, antichità ed antiquariato, Corso XXIX Aprile, 7, 31033 Castelfranco Veneto (TV)   Italia, tel. 0423/723110, 347/8158124, fax 0423/723110, P.I. 03338920261 – R.I. TV 26460/1998 – R.E.A. 264519, ore: 10.00 - 12.30, 16.00 - 19.30, chiuso domenica e lunedì mattina, www.studiomondi.it - e-mail: studiomondi@tiscalinet.it - E' iscritto all'Associazione Trevigiana Antiquari.

Copyright © 2000 Studio Mondi Dipinti Antichi e Moderni - Italy - All Rights Reserved - Site design and html  by Studio Mondi - If you want to use anything from this site, please email to the Studio beforehand to ask for permission. - Domain name studiomondi.it created on: 10-Sep-2000 - Registrant studiomondi@tiscalinet.it - google-sitemaps

N. Bordignon - Per avere informazioni su altre opere di Noè Bordignon, contattare la Galleria- Bordignon N. Si acquistano opere di Bordignon Noè dopo averne esaminato preventivamente le foto (Noè Bordignon).

 

ELENCO DIPINTI, IN VENDITA E NON IN VENDITA, A DISPOSIZIONE DEGLI STUDIOSI

Le mostre

Links

Altro ancora

DOV'E' LA NOSTRA GALLERIA

Home page

GALLERIA FOTOGRAFICA

STUDIO MONDI DIPINTI ANTICHI E MODERNI, dott. FABIO MONDI (dipinti antichi), dott. MARCO MONDI (dipinti moderni), Galleria d'arte, antichità ed antiquariato, Corso XXIX Aprile, 7, 31033 Castelfranco Veneto (TV)   Italia, tel. 0423/723110, 0347/8158124, 0368/7311457, fax 0423/723110, ore: 10.00 - 12.30, 16.00 - 19.30, chiuso domenica e lunedì mattina, www.studiomondi.it - e-mail: studiomondi@tiscalinet.it - E' iscritto all'Associazione Trevigiana Antiquari.

Copyright © 2000 Studio Mondi Dipinti Antichi e Moderni - Italy - All Rights Reserved - Site design and html  by Studio Mondi - If you want to use anything from this site, please email to the Studio beforehand to ask for permission. - Domain name studiomondi.it created on: 10-Sep-2000 - Registrant studiomondi@tiscalinet.it

Specializzazione: lo Studio espone in permanenza qu ri antichi e moderni (soprattutto di artisti veneti), arte, antichità ed antiquariato. Effettua compravendite di qu ri, consulenze d'arte, ricerche artistiche, stime e perizie d'arte. Esegue testi storico critici, organizza e cura mostre e catalogazioni per conto di privati, Pubbliche Istituzioni, Associazioni Culturali ed Enti Pubblici e Privati. Per ricerche in corso, si invitano i possessori di opere e documenti di artisti di Castelfranco Veneto ed attivi in città a contattare lo Studio. Per avere informazioni su altre opere di pittori di Castelfranco Veneto, contattare la Galleria. Si acquistano opere di pittori di Castelfranco Veneto dopo averne esaminato preventivamente le foto (pittori di Castelfranco Veneto).

Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO, Noè Bordignon, CASTELFRANCO VENETO, Dipinti ANTICHI, Castello Godego, Restauro, REALISMO